La piazza Shahid Alikhani è una parte anonima della storica città iraniana di Isfahan, che ha come unica pretesa di rilievo quella di ospitare il grande ingresso di una delle principali stazioni della metropolitana. Ma adesso quel luogo è diventato una zona di morte dopo che le autorità hanno allestito una pedana per le esecuzioni capitali e dove, secondo le testimonianze raccolte dal gruppo di attivisti 1500Tasvir, e verificate dalla Cnn, si teme che vi possa essere impiccato a breve l’ex calciatore Amir Nasr Azadani di 26 anni.
Familiari e sostenitori del giocatore – condannato con l’accusa di coinvolgimento nell’uccisione di tre agenti di sicurezza, tra cui due membri volontari della milizia Basij, durante le proteste a Isfahan il 16 novembre scorso – si sono radunati in questa piazza trasformandola in un luogo di pellegrinaggio e sostegno di Amir. A inizio mese il capo del tribunale di Isfahan, Asadollah Jafari, aveva dichiarato che l’ex calciatore delle squadre Sepahan e Tractor è “uno dei nove imputati nel caso in cui tre agenti di sicurezza sono stati martirizzati durante i disordini del 25 novembre”.
Arrestato il 27 novembre, è accusato di “tradimento” per essere un membro di un “gruppo armato e organizzato che opera con l’intenzione di colpire la Repubblica islamica dell’Iran”. Tra le altre accuse, il tribunale di Isfahan contesta al giovane atleta “l’appartenenza a bande illegali che operano con l’intento di colpire la sicurezza del paese e della società e crimini contro la sicurezza”.
La scorsa settimana il tribunale ha affermato di aver ottenuto “video e documentazione sufficiente che dimostrano che Azadani fa parte di un gruppo armato” e che il calciatore ha confessato i suoi crimini. Ciò che terrorizza le famiglie iraniane è che il mondo occidentale possa restare sordo durante le celebrazioni natalizie sulle imminenti esecuzioni, chiaro segnale di risposta del regime teocratico alle recenti proteste che hanno travolto il Paese dopo la morte a settembre di Mahsa Amini, una giovane donna detenuta dalla famigerata polizia morale iraniana per essere stata accusata di indossare impropriamente il suo hijab. Manifestazioni con centinaia di morti e arresti. L
e autorità hanno recentemente già giustiziato almeno due persone in relazione alle proteste, una delle quali è stata impiccata pubblicamente. Ad aggiungere orrore su orrore la notizia diffusa dall’Organizzazione Hengaw per i diritti umani che ha riferito del ricovero in ospedale di Ziba Omidifar, una giornalista della città di Qorveh, nella provincia iraniana del Kurdistan, dopo le torture fisiche e psicologiche subite durante la sua detenzione nel centro dell’intelligence a Sanandaj.