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Intesa in extremis contro lo shutdown. Trump, un successo

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Lo spettro della paralisi di governo torna ad allontanarsi. I repubblicani alla Camera hanno trovato in extremis un accordo su un proveddimento per evitare lo shutdown. Un piano che ha incassato il via libera di Donald Trump. Parlando di un “successo”, il presidente-eletto ha invitato tutti ad approvare l’intesa che, fra l’altro, fa slittare di due anni la scadenza del tetto del debito, un elemento “molto importante per l’agenda dell’America First”.

La promozione di Trump arriva dopo che il presidente-eletto e il suo first buddy Elon Musk hanno spazzato via il primo accordo bipartisan per evitare la paralisi parziale del governo a partire da sabato, faticosamente negoziato dallo speaker della Camera Mike Johnson. In qualità di neo segretario al dipartimento per l’efficienza governativa, Musk ha iniziato ad attaccare la legge e fare pressioni sui repubblicani a Capitol Hill minacciandoli perfino di essere esclusi dalle prossime elezioni di midterm nel 2026.

“Non deve essere approvata, è piena di sprechi”, ha esordito su X dando il via a una cinquantina di post martellanti. Una linea sposata anche da The Donald, che lo ha aveva definito “un tradimento del nostro Paese”. In una dichiarazione congiunta con il suo vice J.D. Vance aveva quindi esortato i repubblicani a “diventare intelligenti e duri. Se i democratici minacciano di chiudere il governo a meno che non diamo loro tutto ciò che vogliono, allora bisogna scoprire il loro bluff”.

“L’unico modo per farlo – ha dettato – è con una legge di finanziamento temporanea senza regali ai democratici, combinata con un aumento del tetto del debito”. La cronologia delle pressioni – prima Musk, solo in seguito il presidente eletto – ha offerto la sponda agli attacchi dei dem, che hanno definito l’uomo più ricco del mondo il vero “presidente ombra” e hanno accusato Trump di aver adottato lo stile del patron di Tesla, che “prende rischi e fa esplodere le cose”.

A questo punto spettava a Johnson trovare una soluzione nelle prossime ore. Lo speaker ha tenuto per tutto il giorno una serie di consultazioni frenetiche con i repubblicani del Congresso alla ricerca di un piano B. Intanto, il presidente eletto ha incassato un’altra vittoria giudiziaria con la rimozione della procuratrice Fani Willis dal procedimento per il tentativo di sovvertire il risultato delle elezioni 2020 in Georgia, un decisione che probabilmente porterà alla chiusura del caso.

Dopo un processo sotto i riflettori per un presunto conflitto d’interessi dovuto alla relazione segreta con Nathan Wade, l’uomo che lei stessa aveva nominato procuratore speciale nel procedimento contro il tycoon, Willis era stata salvata da una sentenza in suo favore ma la Corte d’appello ha ribaltato la decisione.

Quello in Georgia è l’ultimo processo contro Trump ancora in piedi dopo che il procuratore speciale Jack Smith ha archiviato quello per le carte segrete a Mar-a-Lago e l’insurrezione del 6 gennaio 2021, mentre la sentenza per il caso dei pagamenti alla pornostar Stormy Daniels è stata rinviata indefinitamente a New York, nonostante una giuria abbia riconosciuto il presidente eletto colpevole.

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Tunnel di Rafah, cento miliziani di Hamas rifiutano la resa: pressioni Usa e timori israeliani

A Rafah un centinaio di miliziani di Hamas rifiutano la resa e restano barricati nei tunnel. Pressioni Usa su Israele per una soluzione negoziale. Preoccupazioni di Tel Aviv per intese dirette tra Washington e Hamas.

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Una fonte palestinese della Striscia di Gaza, citata dall’emittente israeliana Kan News, ha riferito che circa un centinaio di appartenenti all’ala militare di Hamas restano trincerati in un tunnel a Rafah e hanno fatto sapere di non essere pronti ad arrendersi. Secondo la testimonianza, gli uomini non accetteranno alcun piano che li costringa ad abbandonare la rete sotterranea se non tramite un percorso scelto autonomamente e che, nelle loro intenzioni, consenta un’uscita “con dignità”.

La composizione del gruppo e il comando

Il gruppo sarebbe formato sia da operativi con esperienza di combattimento sia da militanti reclutati più di recente. A guidarli ci sarebbe un comandante di Hamas con grado equivalente a quello di un capo battaglione o brigadiere, indicato come la figura più autorevole presente nel tunnel.

Le pressioni degli Stati Uniti

Gli Stati Uniti avrebbero intensificato le pressioni su Israele per trovare una soluzione alla situazione dei miliziani assediati. Jared Kushner, genero del presidente Donald Trump, ha inviato un messaggio a Tel Aviv sostenendo che Israele dovrebbe consentire il rilascio dei miliziani nelle aree ancora sotto controllo di Hamas, affermando che verrebbero fatti uscire disarmati e che tale misura potrebbe essere considerata parte del processo di smilitarizzazione della Striscia.

Il ruolo dell’inviato Steve Witkoff

È previsto che l’inviato del presidente Trump, Steve Witkoff, incontri l’alto funzionario di Hamas Khalil al-Hayya. Secondo le valutazioni israeliane, durante il colloquio verranno affrontate anche le possibili soluzioni per la crisi dei miliziani intrappolati.

Le preoccupazioni di Israele

Fonti israeliane, citate dai media, riferiscono che il governo di Tel Aviv è stato informato dell’incontro in anticipo, ma teme che Stati Uniti e Hamas possano raggiungere un’intesa senza un pieno coinvolgimento delle autorità israeliane. Una dinamica che, secondo tali fonti, solleva preoccupazioni politiche e di sicurezza.


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Macron e Zelensky firmano l’accordo per 100 caccia Rafale e nuova difesa aerea

Francia e Ucraina firmano una lettera di intenti per l’acquisto fino a 100 caccia Rafale e sistemi di difesa avanzati. Accordo decennale che rafforza la cooperazione militare tra Parigi e Kiev.

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Il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky hanno firmato una lettera di intenti che apre alla possibile acquisizione di nuovi sistemi militari francesi da parte di Kiev nei prossimi dieci anni. Una scelta che l’Eliseo considera strutturale per rafforzare la sicurezza dell’Ucraina.

Fino a 100 Rafale per l’aeronautica ucraina

Il cuore dell’intesa riguarda la potenziale fornitura di circa 100 caccia Rafale, completi dei relativi armamenti. L’accordo renderebbe Kiev uno dei principali utilizzatori europei del jet francese, aumentando la capacità di risposta dell’Ucraina nel conflitto in corso.

Samp-T, radar e droni nella futura cooperazione

La lettera di intenti include anche la possibilità di acquisire sistemi di difesa Samp-T di nuova generazione, radar e droni. Strumenti considerati cruciali per proteggere infrastrutture e centri urbani dagli attacchi russi, sempre più mirati alle reti energetiche e logistiche.

Il messaggio politico di Parigi a sostegno di Kiev

Con questa mossa, la Francia intende riaffermare il proprio sostegno a Kiev in un momento in cui il fronte occidentale appare meno compatto. Per Macron si tratta di un gesto politico e strategico che rafforza la cooperazione bilaterale e offre nuove garanzie di sicurezza all’Ucraina.


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Presidenziali in Cile: la comunista Jeannette Jara e il conservatore José Kast volano al ballottaggio

La candidata comunista Jeannette Jara e l’ultraconservatore José Kast si sfideranno al ballottaggio del 14 dicembre. Fuori la destra tradizionale, exploit del populista Franco Parisi.

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La corsa alla presidenza del Cile si restringe a due nomi: Jeannette Jara, candidata del Partito Comunista, e José Kast, rappresentante del Partito Repubblicano e figura di riferimento dell’ultradestra. Con il 40% dei voti scrutinati, gli analisti considerano irreversibile il vantaggio dei due candidati, destinati a sfidarsi nel ballottaggio del 14 dicembre.

Jara in testa, Kast subito dietro

Secondo i dati del Servizio Elettorale (Servel), Jara guida il primo turno con il 26,45% delle preferenze, seguita da Kast con il 24,46%. Una sfida polarizzata tra programmi opposti, a cui si aggiunge un inaspettato terzo posto: il populista Franco Parisi, che conquista il 18,62% superando sia la destra tradizionale di Evelyn Matthei che l’ultradestra di Johannes Kaiser.

Il Paese diviso in tre aree

Dai primi risultati emerge un Cile spaccato territorialmente:

  • Sud: forte presenza per Kast, che domina nelle regioni meridionali.

  • Area metropolitana: prevale Jara.

  • Nord: exploit di Parisi, capace di intercettare il voto scontento e antisistema.

La destra promette di ricompattarsi

Nonostante la divisione al primo turno tra Kast, Kaiser e Matthei, i commentatori osservano una schiacciante affermazione complessiva delle destre. Per il ballottaggio è già stata annunciata la convergenza: un sostegno reciproco che potrebbe favorire Kast nella corsa verso La Moneda.

Kast: terzo tentativo per il “duro” della politica cilena

Kast, dichiaratamente simpatizzante di Augusto Pinochet, tenta per la terza volta l’ingresso al palazzo presidenziale. Il suo programma punta sulla repressione della criminalità e sul contrasto all’immigrazione clandestina, temi centrali per l’elettorato cileno.

Matthei riconosce la sconfitta e appoggia Kast

Evelyn Matthei ha ammesso subito la propria uscita di scena, congratulandosi con Kast. Con il 27% dei seggi scrutinati, la leader della destra tradizionale è ferma al 13,07%. “Andrò personalmente al comitato elettorale di José Kast per congratularmi”, ha dichiarato.

Il Cile si prepara ora a un ballottaggio che riflette una polarizzazione profonda: tra la sinistra comunista e un’ultradestra determinata a riunificare il proprio fronte.

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