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Intesa Belgrado-Pristina, ma l’attuazione resta un rebus

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Un’intesa senza svolta. E’ finita così la lunga maratona negoziale che sabato ha visto impegnato il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, alla ricerca di un accordo sulla normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo con i leader dei due paesi, Aleksandar Vucic e Albin Kurti. Una prima intesa era stata raggiunta a fine febbraio sulla base di una proposta avanzata dall’Ue. A Ohrid, le parti hanno cercato di fare un passo più, quello più complesso: concordare i termini di attuazione dell’accordo. L’intesa è stata annunciata a tarda notte da Borrell e, dopo alcune ore, ha incassato il plauso del presidente del Consiglio Ue Charles Michel e della Nato. Ma la sua applicazione resta avvolta nella nebbia. Borrell ha ammesso che Belgrado e Pristina “non sono riuscite a raggiungere un accordo” sulla proposta iniziale dell’Ue “più dettagliata e ambiziosa” di cui alcuni punti restano in piedi. Quello principale riguarda l’introduzione di un regime speciale per la minoranza serba in Kosovo. Il testo contiene l’obbligo per Pristina di avviare “immediatamente dei negoziati nell’ambito del dialogo mediato dall’Ue per stabilire disposizioni e garanzie specifiche al fine di garantire un livello adeguato di autogestione per la comunità serba in Kosovo”.

Le parti, inoltre, hanno concordato di “approvare con urgenza la dichiarazione sulle persone scomparse”. Come sottolineato dai due leader balcanici al termine dell’incontro, l’allegato attuativo non è stato firmato per il rifiuto opposto da Belgrado a sigillare l’accordo. “Sono pronto ad attuarlo, ma niente che sia collegato con l’ammissione del Kosovo alle Nazioni Unite, o con il suo riconoscimento de facto o de jure”, ha avvertito Vucic. La mancata firma di Ohrid ha sollevato un ginepraio di polemiche sull’obbligatorietà degli impegni. Scettico anche il premier albanese, Edi Rama: “Speriamo – ha scritto – che quest’intesa concordata ma non firmata non sia un altro inganno balcanico”, ma “un traguardo storico”.

Nell’allegato, tuttavia, vi sono una serie di disposizioni che mirano a blindare l’intesa. La più significativa è il fatto che la proposta di normalizzazione delle relazioni diventi “parte integrante dei processi di adesione all’Ue” dei due Stati: in altre parole, niente accordo, niente Ue. Il testo prevede l’organizzazione di una conferenza dei donatori da parte dell’Ue “entro 150 giorni per istituire un pacchetto di investimenti e aiuti finanziari per il Kosovo e la Serbia”, ma nessun esborso avverrà prima della piena attuazione dell’accordo. Entro 30 giorni, verrà istituito inoltre “un comitato di controllo congiunto presieduto dall’Ue” per garantire che quanto concordato venga tradotto in realtà. Borrell, dopo le dodici ore di negoziato è stato chiaro: il mancato rispetto degli obblighi derivanti dall’accordo “potrebbe avere conseguenze negative dirette sui rispettivi processi di adesione all’Ue e sull’aiuto finanziario che ricevono dall’Ue”. “Spetta all’Ue trovare un meccanismo per rendere lo status di quest’accordo legalmente vincolante”, è stata la replica di Kurti.

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Veto russo a bozza Usa contro armi nucleari nello spazio

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La Russia ha bloccato con il veto la risoluzione elaborata da Usa e Giappone sulla prevenzione delle armi nucleari nello spazio. La bozza intendeva “rafforzare e sostenere il regime globale di non proliferazione, anche nello spazio extra-atmosferico, e riaffermare l’obiettivo condiviso del suo mantenimento per scopi pacifici”. Il testo ha ottenuto 13 voti a favore, il veto della Russia e l’astensione della Cina.

Oltre a ribadire gli obblighi ai 115 Stati parte del Trattato sullo spazio extra-atmosferico – compresi tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – “di non posizionare in orbita attorno alla Terra alcun oggetto che trasporti armi nucleari o altre armi di distruzione di massa”. Mosca e Pechino volevano un emendamento che riecheggiava una proposta del 2008 delle due potenze, e aggiungeva un paragrafo che vietava “qualsiasi arma nello spazio”, ma e’ stato bocciato avendo ottenuto solo 7 voti a favore.

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Indagini sulla moglie, Sanchez valuta le dimissioni

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E’ un leader abituato alla resilienza, rimasto al timone nelle condizioni più avverse. Ma per Pedro Sanchez ha avuto l’effetto di una bomba di profondità la notizia, anticipata da El Confidencial, di un’indagine aperta dal Tribunale di Madrid nei confronti di sua moglie, Begona Gomez, sulla base di un esposto presentato dal sindacato di estrema destra Manos Limpias, che ipotizza presunti reati di abuso di informazione privilegiata e corruzione. Tanto che il premier, pur confidando nella giustizia, sta valutando l’ipotesi di dimettersi: una decisione sarà presa lunedì.

L’attività professionale della primera dama all’African Center dell’Istituto di Impresa privato IE University e all’Università Complutense, e sui presunti rapporti con alcune imprese destinatarie di appalti e fondi pubblici, da settimane era al centro di una campagna mediatica, cavalcata dal Partito Popolare e dall’ultradestra Vox, che hanno minacciato di citare Begogna Gomez anche nella commissione parlamentare d’inchiesta sulle presunte tangenti sulle forniture di materiale sanitario durante la pandemia, che scuote l’esecutivo socialista.

“In un giorno come oggi, e dopo le notizie che ho conosciuto, nonostante tutto, continuo a credere nella giustizia del mio paese”, aveva affermato, scuro in volto e in tono grave Pedro Sanchez stamattina durante il question time alla Camera, senza fare riferimento diretto all’inchiesta. Poi, in serata, ha rotto il silenzio, in una lettera di 4 pagine alla cittadinanza su X, in cui ha annunciato di aver “cancellato l’agenda” per un “periodo di riflessione” in cui rifletterà “se valga la pena” restare alla guida del governo, davanti “alla campagna di intimidazione e demolizione” mossa dal Partito Popolare e dall’ultradestra Vox nei confronti della moglie, che sta soffrendo assieme alla sua famiglia. Si tratta, scrive il premier, che cita di nuovo “la macchina del fango”, “di attacchi senza precedenti” per “tentare di abbattermi politicamente e personalmente attaccando mia moglie”.

“Arrivati a questo punto, la domanda che mi pongo legittimamente è: vale la pena tutto questo?”, si chiede il capo dell’esecutivo. L’esposto di Manos Limpias – che si autodefinisce un sindacato, fondato nel 1995 da Miguel Bernard, ex responsabile del gruppo di estrema destra Forza Nuova – è l’ultimo di una lunga serie di denunce presentate contro il governo e la sinistra e spesso finite nel nulla. L’ultima si basa su una serie di articoli pubblicati da quella che Sanchez chiama “una costellazione di testate dell’ultradestra” ed è relativo a presunte riunioni avute nel 2020 da Begona Gomez con i responsabili di Globalia, proprietaria della compagnia aerea Air Europa.

Poi destinataria di un finanziamento 475 milioni da parte dell’esecutivo spagnolo mediante il fondo creato durante la pandemia per il salvataggio di imprese strategiche. Gli inquirenti stanno anche esaminando due lettere di raccomandazioni che Gomez avrebbe fornito per una joint venture per un appalto pubblico, secondo El Confidencial. Il principale azionista della joint venture era il consulente Carlos Barrabes, che ha legami con il dipartimento gestito da Gomez all’Università Complutense di Madrid ed ha vinto il contatto, battendo altri 20 rivali, per 10,2 milioni di euro. L’indagine preliminare, aperta il 16 aprile dal tribunale madrileno, è stata secretata dal giudice che ha citato a dichiarare vari testimoni, fra i quali due giornalisti. Non è stata citata per ora la moglie del premier, ma lo sarà.

“Abbiamo smentito queste falsità mentre Begogna ha intrapreso azioni legali”, spiega il premier nella missiva. “Begogna collaborerà con la giustizia e difenderà la sua onorabilità”, assicura. Ma “sono state superate tutte le linee rosse” ed è necessaria “una riflessione”. Il partito popolare per bocca della vicesegretaria nazionale Ester Munuz, ha chiesto a Sanchez di dare spiegazioni. E la segretaria del partito ha accusato il premier di “vittimismo e di sparire per 5 giorni invece di dare conto”. In difesa del premier e della moglie è invece intervenuta la sua vice, Maria Jesus Montero: “Non permetteremo che queste pratiche trumpiane per coprire la corruzione nel Pp minino la democrazia spagnola”. I quotidiani della costellazione dell’estrema destra da settimane danno Pedro Sanchez in partenza per Bruxelles in vista di un ruolo di primo piano nelle nuove istituzioni comunitarie dopo il voto di giugno.

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Blinken: Usa-Cina gestiscano relazioni responsabilmente

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha invitato gli Stati Uniti e la Cina a gestire le loro differenze “responsabilmente”, iniziando oggi la sua visita nel Paese asiatico. “Abbiamo l’obbligo nei confronti del nostro popolo, e anzi nei confronti del mondo, di gestire le relazioni tra i nostri due paesi in modo responsabile”, ha detto Blinken a Shanghai incontrando il leader del Partito comunista locale.

Il segretario di Stato americano ha affermato che il presidente Joe Biden è impegnato nel dialogo “diretto e duraturo” tra le due maggiori economie del mondo, dopo anni di crescente tensione. “Penso che sia importante sottolineare il valore e anzi la necessità dell’impegno diretto, del parlarsi l’un l’altro; mettere in evidenza le nostre differenze, che sono reali, cercando di superarle”, ha detto Blinken. Il segretario del Partito comunista cinese per Shanghai, Chen Jining, ha dato il benvenuto a Blinken e ha parlato dell’importanza delle imprese americane per la città. “Sia che scegliamo la cooperazione o il confronto, influisce sul benessere di entrambi i popoli, di entrambi i paesi e sul futuro dell’umanità”, ha detto Chen.

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