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Innocent Oseghale condannato all’ergastolo per l’omicidio di Pamela Mastropietro, la mamma: ora tocca agli altri

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Ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi per Innocent Oseghale, 30enne pusher nigeriano condannato per omicidio, occultamento di cadavere – mentre la violenza sessuale è stata assorbita dalle aggravanti – per la morte di Pamela Mastropietro, 18 anni, romana, il cui cadavere fatto a pezzi fu trovato in due trolley sul ciglio della strada a Pollenza il 31 gennaio 2018. È la sentenza emessa dai giudici della Corte d’Assise di Macerata dopo oltre cinque ore di camera di consiglio. Prima di leggere la sentenza il presidente della Corte d’assise Roberto Evangelisti aveva raccomandato silenzio. Ma quando ha pronunciato la parola “ergastolo” ci sono state grida di giubilo e applausi, che si sono subito smorzati ad un’occhiata di Evangelisti.

“Daje, fuori uno, adesso tocca agli altri”. Così subito dopo la lettura della sentenza ha detto la madre di Pamela Mastropietro, Alessandra Verni, convinta che la morte della figlia non sia opera del solo Oseghale. La madre di Pamela e il padre, Stefano Mastropietro, si sono abbracciati, piangendo. Lacrime e abbracci anche tra parenti e amici che indossano magliette con il volto di Pamela.

“Giustizia è fatta, credo nella giustizia. Per le mia speranza e preghiere ci hanno ascoltato da lassù” ha detto la madre di Pamela. “Il primo pensiero? É stata Pamela. Ora le direi ti amo, ti amerò per sempre e non vedo l’ora di riabbracciarla”. Alessandra Verni ha raccontato di avere sognato varie volte la figlia, anche in occasione dei suoi 40 anni. “Nel sogno ci siamo abbracciate forte forte, mi ha detto di non pensare al corpo perchè lei è viva”. Ma non è finita qui. Dopo l’udienza la madre di Pamela ha detto “daje fuori uno, tocca agli altri. C’era qualcun altro là dentro? Certo, per me c’era anche qualcun altro”.

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Ragazza di 22 anni muore investita da un’auto a Genova

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Una ragazza di 22 anni, originaria di Reggio Emilia, è morta la notte scorsa dopo essere stata investita da una macchina in via Buozzi, nel quartiere Dinegro a Genova, mentre attraversava la strada. La ragazza era con una amica, rimasta ferita in modo lieve e trasportata in codice giallo all’ospedale Villa Scassi. Sul posto sono intervenuti il personale del 118 e i vigili del fuoco insieme ai carabinieri. I rilievi per chiarire le cause dell’incidente sono stati affidati agli agenti della sezione infortunistica della polizia locale. L’investitore è un uomo di 51 anni risultato negativo ai test. Le due amiche, secondo le prime informazioni, stavano attraversando fuori dalle strisce pedonali quando è arrivata l’auto che le ha travolte. La vittima è andata a sbattere contro il semaforo. Inutili i tentativi di rianimazione da parte dei medici.

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Referendum 8-9 giugno: quorum lontano, partecipazione in bilico e una campagna che non decolla

Cinque quesiti su lavoro e cittadinanza, ma l’astensione minaccia la validità della consultazione. E il centrodestra spinge per il non voto.

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A poco meno di un mese dal voto, il referendum dell’8 e 9 giugno rischia di naufragare nell’indifferenza. Dei sei quesiti inizialmente promossi, ne sono sopravvissuti cinque, dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile quello sull’Autonomia differenziata, considerato da molti il più mobilitante. I referendum rimasti riguardano quattro quesiti sul lavoro e uno sulla cittadinanza italiana: in particolare, spicca l’abrogazione del contratto a tutele crescenti del Jobs Act, voluto dal governo Renzi nel 2016, e la riduzione del periodo necessario per ottenere la cittadinanza italiana da 10 a 5 anni.

Quorum a rischio: l’incognita della partecipazione

Il nodo, come spesso accade, è il quorum del 50% più uno degli aventi diritto. Un obiettivo che, guardando ai dati storici, appare quasi proibitivo: negli ultimi 30 anni, solo due referendum su dieci hanno raggiunto il quorum (nel 1995 e nel 2011). Le prime rilevazioni confermano lo scenario critico: solo il 28% degli italiani è certo di votare, mentre un ulteriore 15% lo considera “molto probabile”. Il totale dei potenziali votanti si attesta tra il 32% e il 38%, ben al di sotto della soglia minima necessaria.

Elettori informati a metà

Un ulteriore ostacolo è la scarsa consapevolezza dell’appuntamento elettorale. Solo il 62% degli italiani sa che si voterà, mentre il 32% non ne è a conoscenza e un 6% è convinto che non ci sarà alcun referendum. Una campagna informativa finora flebile che lascia presagire una partecipazione ristretta ai soli elettori più politicizzati.

Il fronte del sì e il peso dei partiti

I dati raccolti mostrano una maggioranza di “sì” su tutti i quesiti, in particolare quelli relativi al lavoro (tra il 79% e l’87% dei voti validi). Più sfumato il consenso sulla cittadinanza, dove il 66% voterebbe sì, ma con forti differenze tra elettori di centrosinistra (favorevoli) e centrodestra (contrari). In effetti, mentre il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle si mostrano coinvolti, anche se non compattissimi sul Jobs Act, i partiti di governo – Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia – sembrano orientati a sostenere l’astensione.

La bizzarria istituzionale: la seconda carica dello Stato contro il voto

A rendere ancora più surreale il quadro c’è il comportamento del presidente del Senato Ignazio La Russa, che ha dichiarato pubblicamente di voler fare propaganda per l’astensione. Una bizzarria istituzionale senza precedenti, che ha suscitato le reazioni indignate delle opposizioni, che parlano apertamente di «gesto eversivo» e «sfregio alla democrazia».

Un quorum (quasi) impossibile

Se si calcolasse il quorum non sull’intero corpo elettorale ma solo su chi ha votato alle politiche del 2022 – come qualcuno propone – bisognerebbe comunque mobilitare almeno il 79% di quei votanti. Uno scenario decisamente in salita, che fotografa l’enorme distanza tra l’importanza dei temi referendari e la capacità di coinvolgere i cittadini.

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Neonata muore subito dopo il parto all’ospedale ‘Umberto I’ di Nocera Inferiore, aperta un’inchiesta

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E’ morta subito dopo il parto, nell’ospedale di Nocera Inferiore: sul fatto, avvenuto ieri mattina, la magistratura ha aperto un’inchiesta, dopo la denuncia presentata dai familiari della piccola, e la deputata di FdI Imma Vietri ha annunciato un’interrogazione al ministro della Salute. “Esprimo la mia vicinanza ai familiari della piccola Beatrice, la neonata venuta alla luce ieri mattina all’ospedale ‘Umberto I’ di Nocera Inferiore (Salerno) e poi deceduta davanti agli occhi della sua mamma, una giovane dottoressa di Pagani”, dichiara Vietri, aggiungendo che “sembra che la madre avesse chiesto più volte di partorire con un cesareo, ma l’equipe medica avrebbe deciso di sottoporla ad un parto naturale come da protocollo ospedaliero. Per la famiglia, che ha sporto formale denuncia ai carabinieri, invece le condizioni psicofisiche della donna non lo permettevano.

La giovane mamma, quindi, ha partorito ma dopo poco la piccola Beatrice è deceduta”. “Al di là del lavoro che porterà avanti la Procura – sottolinea Vietri – fondamentale è tenere in considerazione l’organizzazione di un percorso nascita, il numero degli operatori strutturati presenti in servizio al momento del parto, le attrezzature di cui essi dispongono, la presenza di servizi funzionanti (laboratori, centro trasfusionale, terapia intensiva adulti e neonatale)”. “Fatto sta che questa tragedia – aggiunge Vietri – è l’ennesima prova che la Sanità campana non funziona. Nonostante il grande impegno dei medici e paramedici, la carenza di personale e di fondi necessari aumenta i rischi per gli operatori sanitari e ancor più per i pazienti. Per questo chiederò, con un’interrogazione al ministero della Sanità, di valutare i disastri organizzativi della Regione del Pd che non consente un funzionamento sicuro del nosocomio di Nocera Inferiore nonostante la grande professionalità degli operatori”.

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