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Cronache

Infermiera uccisa a Roma a coltellate, fermato l’ex

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È uscito di casa con il coltello con l’intenzione di ucciderla. Un agghiacciante piano di morte che ha messo fine alla vita dell’ex compagna, Rossella Nappini, 52 anni, infermiera a Roma: È stata uccisa con almeno venti coltellate nell’androne del palazzo dove viveva assieme ai due figli e all’anziana madre. Per il femminicidio è stato fermato l’ex della donna, un 45enne di nazionalità marocchina, operaio che in passato aveva effettuato dei lavori nello stabile teatro del delitto, bloccato alle quattro di martedì mattina dagli uomini della Squadra Mobile di Roma: Per lui l’accusa è di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. A lui gli inquirenti, coordinati dalla Procura, sono arrivati al termine di una indagine lampo, grazie all’ascolto di una serie di testimoni e all’analisi delle telecamere presenti in zona.

Determinante per individuare l’uomo il racconto fornito dalla madre della vittima. Agli investigatori la donna ha riferito che prima dell’aggressione mortale, l’uomo ha aspettato che Rossella rincasasse proprio nell’appartamento in cui viveva nel quartiere Primavalle-Trionfale. L’infermiera, intorno alle 17 di lunedì, è stata aggredita mentre si stava recando al bancomat, come raccontato da uno dei perenti. Un diverbio, una breve colluttazione e poi le coltellate, in sequenza, in varie parti del corpo. Una vera e propria mattanza in pieno giorno, tanto che molti condomini e vicini hanno sentito le urla. Il 45enne si è allontanato portando con se il coltello. Gli inquirenti hanno ascoltato una serie di sospettati negli uffici della Questura di via San Vitale. Tutti i tasselli però portavano al cittadino nordafricano. L’uomo è stato bloccato nella sua abitazione, in linea d’aria a circa tre chilometri dal luogo dell’omicidio, dove era tornato dopo avere ucciso la donna. Nei suoi confronti è scattato un provvedimento di fermo di indiziato di delitto e il pm titolare del fascicolo chiederà la convalida dell’arresto all’ufficio del gip. L’interrogatorio si svolgerà nel carcere di Regina Coeli dove l’indagato è stato trasferito subito dopo il fermo.

L’arma del delitto al momento non è stata ancora trovata e per tutta la giornata la polizia l’ha cercata anche nei cassonetti dell’immondizia. La morte di Rossella ha, di fatto, distrutto una intera famiglia. La sorella Monica via social ha espresso la sua rabbia e frustrazione per una tragedia che forse poteva essere evitata. “Purtroppo questa volta non sono riuscita a salvarti”, ha scritto lasciando intendere che anche in passato la vittima ha dovuto affrontare vicende sentimentali complicate così come avrebbero confermato anche alcune colleghe di Rossella. Sgomento per quanto avvenuto anche all’ospedale San Filippo Neri, uno dei nosocomi storici della Capitale, dove la 52enne lavorava ed era apprezzata. “E’ stata uccisa una donna, ancora una volta. Questa donna era una nostra infermiera, era parte integrante della nostra comunità ed è doveroso che tutta la Asl Roma 1 si unisca simbolicamente nel cordoglio e nella espressione di ferma condanna della violenza, in ogni sua forma”, scrive sul suo profilo Facebook l’ospedale aggiungendo che “un femminicidio non è mai solo un episodio di cronaca.

Per questo non dobbiamo mai cedere alla banalizzazione di un simile dramma ma restare vicini a questa famiglia e a quella di tutte le vittime. Non esistono motivazioni reali per simili gesti, si tratta di una barbarie che dovrebbe farci riflettere e vergognare tutti”. Rossella in passato aveva lanciato appelli per fermare la tragedia dei femminicidi e delle aggressioni alle donne. Nel 2018 per il suo compleanno aveva chiesto per regalo “donazioni per la casa delle donne per non subire violenza” come emerge dal suo profilo Facebook oggi inondato di messaggi di cordoglio anche di semplici cittadini.

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Stupri Caivano, l’avvocato Pisani: domiciliari giustizia a intermittenza

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“Non c’è giustizia, noi ci battiamo per tutelare la vittima da crimini atroci e uno dei responsabili delle violenze sessuali e diffusione video pedopornografici va ai domiciliari a Venezia”. Non riesce a trattenere il suo disappunto l’avvocato Angelo Pisani, legale di una mamma delle due cuginette di Caivano stuprate dal branco la scorsa estate. Nei giorni scorsi il tribunale di Napoli Nord ha concesso gli arresti domiciliari a uno dei due maggiorenni ritenuti coinvolti nelle violenze. “Altro che decreto Caivano, altro che rispetto e tutela per le donne e le vittime”, aggiunge Angelo Pisani per il quale con queste decisioni “si veicola un messaggio sbagliato, quello della giustizia a intermittenza”. Intanto, continua, “lui è ai domiciliari mentre le bambine e i fratelli sono chiusi nelle case famiglia senza neanche poter veder e sentire genitori e familiari”.

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Torna libero Max Leitner, il re delle evasioni

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Max Leitner, il re delle evasioni, dopo una vita in fuga e in carcere, ora potrà rimanere libero a tutti gli effetti. A 65 anni, dei quali 27 passati da recluso, il Vallanzasca dell’Alto Adige, per adesso ha chiuso il suo conto con la giustizia anche in riferimento ad una misura di sicurezza, di libertà vigilata, che era stata emessa dal magistrato di sorveglianza di Bologna nel 2015. All’epoca Leitner aveva aggredito alcune guardie carcerarie ma quella specifica misura di sicurezza, legata alla pericolosità sociale di Leitner, non è mai stata applicata. Ora, come riferisce il quotidiano Tageszeitung, il tribunale di sorveglianza di Bolzano, nel riesaminare la pericolosità sociale di Leitner, ha stabilito che essa sia nel frattempo venuta meno, come sostenuto dagli avvocati difensori Angelo Polo e Nicola Nettis, ed ha quindi revocato di conseguenza la misura di sicurezza del 2015 che era rimasta formalmente in piedi. Leitner, che vive a Merano, resta quindi libero, anche se i guai giudiziari per lui non sono ancora completamente finiti: la prossima settimana è in programma l’udienza preliminare per i fatti del settembre 2021 quando Leitner ed un complice spararono dei colpi di pistola, a scopo intimidatorio, contro l’auto di una prostituta in zona industriale a Bolzano.

Con ogni probabilità l’udienza verrà rinviata in quanto Leitner non sarebbe attualmente nelle condizioni di seguirla. Durante la sua lunga carriera da ‘bandito’ non si è mai macchiato di fatti di sangue, accumulando comunque complessivamente pene per quasi tre decenni di carcere. Non era finito nelle cronache nazionali per le sue rapine, ma in quanto negli anni era riuscito ad evadere cinque volte da cinque carceri diversi. Tutto ebbe inizio con una serie di rapine negli anni Ottanta. Seguirono arresti, condanne ed evasioni, come per esempio, quando nell’agosto ’90 fu arrestato dalla polizia austriaca durante un assalto ad un furgone portavalori e successivamente evase dapprima dal carcere austriaco e poi da altre prigioni in Italia. Risale a due anni va il suo ultimo arresto. Leitner aveva giurato che in carcere non sarebbe mai più tornato, anche perché seriamente malato, ma una notte di settembre le porte della casa circondariale di Bolzano si sono riaperte.

Max, anche quando era in libertà vigilata, non riusciva stare lontano dai guai. Come nel settembre 2021. Verso mezzanotte e mezza, una prostituta chiama il 112 perché, mentre lei si era appartata con un cliente, due colpi di arma da fuoco sono stati esplosi contro la sua macchina, che in quel momento fortunatamente era vuota. La donna descrive l’auto grigia che si è poi allontanata a grande velocità nella zona industriale del capoluogo altoatesino. Verso le due di notte una pattuglia di polizia intercetta la vettura, proprio nelle immediate vicinanze del primo fatto. A bordo si trovano Max Leitner e un cittadino austriaco senza fissa dimora di 59 anni. L’altoatesino finge un attacco cardiaco per distrarre i poliziotti e si oppone con forza all’arresto. Nella macchina gli agenti trovano una pistola P38, considerata arma da guerra, un fucile calibro 22 con silenziatore, un teaser, una maschera da carnevale un un finto berretto di polizia. Leitner e la prostituta si conoscevano. Ultimamente Leitner vive a Merano. Chi lo incontra descrive un uomo segnato dalla vita. Si racconta addirittura che non gli faccia piacere non essere più considerato pericoloso, ma forse è solo una delle bizzarrie autoironiche del re delle evasioni.

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Maltratta la moglie, arrestato tre volte in tre anni

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Da tre anni entra ed esce dal carcere il reato di maltrattamenti in famiglia. Quando la violenza supera i limiti, lei lo denuncia e il marito viene arrestato, ma quando esce dal carcere lo riaccoglie in casa e lui riprende a picchiarla. Un copione che accomuna tante vicende di violenza di genere. Ieri sera, i carabinieri di Rimini hanno notificato all’uomo, un cittadino moldavo di 64 anni, un aggravamento di misura disposto dal gip del Tribunale di Rimini, Raffaella Ceccarelli, su richiesta del sostituto procuratore Davide Ercolani. Per l’uomo, denunciato l’ennesima volta lo scorso 27 novembre dalla moglie, una connazionale di 54 anni, madre di due figli, è scattata la detenzione in carcere per la terza volta dal 2020.

La donna ha raccontato ai carabinieri gli ultimi anni di sofferenze e vessazioni da cui non riusciva a liberarsi neanche quando il marito era in carcere perché la minacciava di assoldare dei killer per farla uccidere. La 54enne ha descritto i suoi 30 anni di matrimonio, le botte e gli insulti diventati quotidiani dal 2018, da quando l’uomo con il quale ha avuto due figli, è entrato nel tunnel della dipendenza da alcol. In diverse occasioni, la donna è dovuta ricorrere alle cure dei sanitari. La prima denuncia l’aveva presentata nel 2020, ma poi l’aveva ritirata nella speranza che il marito una volta scarcerato avesse cambiato abitudini. Il primo procedimento del 2020 era stato archiviato ma neanche a dirlo nel 2022, la moglie era tornata in Pronto soccorso con evidenti segni di percosse. Colpi ricevuti anche in pieno petto, particolarmente pericolosi per la vittima cardiopatica e portatrice di pacemaker. Arrestato nell’estate del 2022, lo scorso settembre, il 64enne era tornato a casa con l’obbligo quotidiano di firma alla polizia giudiziaria. Misura che non gli avrebbe impedito di aggredire fisicamente la moglie tanto che tre giorni fa l’ha denunciarlo nuovamente. La donna, infine, avrebbe più volte rifiutato il collocamento in una casa protetta per sé e i figli dicendo di voler rimanere nella propria abitazione per cui ha lavorato tanto negli anni.

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