Con oltre 25 milioni e mezzo di contagi e 187.850 decessi, per contare solo quelli registrati, l’Italia ricorda i 3 anni di pandemia da Covid-19. Il 20 febbraio, data in cui si celebra la Giornata nazionale degli operatori sanitari, ricorre il terzo anno dalla scoperta del primo caso di Sars-Cov-2 all’ospedale Civico di Codogno. “Fu il momento della paura – ricorda il ministro della Salute Orazio Schillaci – l’inizio della pandemia che vide in prima linea i professionisti della sanità”, ovvero “donne e uomini che hanno dimostrato professionalità e dedizione fino al sacrificio”. Cinquecento di loro hanno perso la vita a causa del virus e circa 474.000 sono stati contagiati. Ma proprio da chi ha messo al primo posto la cura degli altri arriva la richiesta di “un cambio di passo” e di andare oltre le celebrazioni, investendo di più sul personale sanitario. Era il 20 febbraio il giorno in cui arrivò il risultato positivo del tampone di Mattia, presentatosi al pronto soccorso con una polmonite che non rispondeva a cure. Venti giorni prima, l’Oms aveva dichiarato lo stato di emergenza globale per le polmoniti anomale che avevano iniziato a verificarsi nella regione di Wuhan, in Cina. Il problema sembrava lontano anni luce dall’Italia, ma presto si capì che Mattia non era il primo paziente, in Italia, e che il virus trasmesso all’uomo dal pipistrello circolava già da molte settimane nel nord Italia. Seguì la prima Zona Rossa creata intorno a Codogno e altri dieci Comuni limitrofi il 23 febbraio, i militari a presidiare i confini, le strade deserte solcate solo dalle ambulanze, la chiusura delle scuole.
Quindi, il 9 marzo, l’annuncio del lockdown da parte del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, All’insegna dello slogan #iorestoacasa, l’Italia si risveglia in emergenza, tra carenza di mascherine e di bombole di ossigeno, terapie intensive allo stremo, bollettini quotidiani dei contagi in diretta tv e isolamento sociale. L’estate porta un timido ottimismo ma è seguita da una nuova ondata in autunno, che viaggia verso le regioni del Centro Sud, portando oltre 50.000 decessi e un picco, il 3 dicembre, di ben 993 vittime in sole 24 ore. Numeri da guerra, come certifica l’Istat e che non tengono conto del sommerso. Da allora, ha ricordato Filippo Anelli, presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), “sono stati 379 i medici deceduti.
Nei primi mesi di pandemia, circa 60-80 medici morivano ogni mese. Metà dei decessi sono state sul territorio, dove erano soli senza dispositivi di protezione e con mille difficoltà”. L’arrivo dei primi vaccini a mRna a gennaio 2021 segna, come lo definì l’allora ministro della salute Roberto Speranza, il vero “game-changer”, che ha salvato la vita di almeno 150.000 italiani secondo l’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Tra infondemia, no vax e cure poi rivelatisi inutili, piano piano la scienza affina le armi e arrivano le prime terapie specifiche: gli anticorpi monoclonali e gli antivirali poi, ma sempre alla rincorsa delle nuove varianti.
“La pandemia – precisa Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità (Css) e coordinatore dell’ormai sciolto Comitato Tecnico Scientifico (Cts) – ci ha fatto pagare un prezzo altissimo di morti anche indirette: basti pensare all’incremento di decessi per infarto nella primavera 2020, senza contare gli screening oncologici saltati e i malati cronici e anziani che rinunciavano a visite previste”. Ricordare è necessario ma non basta, chiedono però gli oltre un milione e mezzo di iscritti agli albi delle professioni sanitarie, tra cui medici, infermieri, biologi, ostetriche, fisioterapisti, tecnici della riabilitazione, fisici e chimici, psicologi, veterinari e farmacisti. “Chiediamo al governo – afferma Anelli – di fare un cambio di passo. Non serve finanziare più beni e servizi ma serve finanziare le professioni sanitarie”, strette tra carenza di personale, stipendi bassi e turni massacranti. “Questa giornata – ribadisce il segretario del sindacato Nursind, Andrea Bottega – non può ridursi a mera ricorrenza da calendario. Deve essere stimolo per investire sulle professioni del settore. Mai come adesso è in gioco l’universalità delle cure. Occorrono subito azioni concrete”.
Un invito raccolto dal ministro della Salute che chiosa: “il capitale umano è la leva principale dei servizi sanitari” ed è essenziale “per la piena tutela del diritto alla salute, sancito dalla Costituzione”. “Insieme” è lo slogan scelto per la terza edizione della Giornata nazionale, conclude la presidente della Federazione degli Ordini degli Infermieri (Fnopi) Barbara Mangiacavalli, a nome di tutte le federazioni, “perché sostenere il nostro Sistema salute è possibile solo con un impegno costante e sinergico”.