Era il 2020 quando l’allora maggiore dei Carabinieri Maurizio Pappalardo, in servizio a Pavia, scriveva a un amico un invito conviviale che oggi è finito agli atti dell’inchiesta “Clean 2”: «Caro Alberto, il mio ristorante ha il tartufo d’Alba, che ne dici se gli diamo una mano a finirlo?». Erano mesi di restrizioni Covid e spostamenti limitati, ma Pappalardo, stando alle intercettazioni, lo rassicurava: «Ti metto auto con scorta, noi siamo il potere».

Quel tono confidenziale è uno dei tanti elementi raccolti nell’inchiesta che ha portato l’ex comandante del Nucleo Informativo del Reparto Operativo di Pavia — oggi in pensione — davanti ai giudici, con accuse di corruzione e stalking.
Va però ricordato che si tratta di accuse ancora da provare in sede giudiziaria: Pappalardo non è stato condannato e gode della presunzione di innocenza, come previsto dalla legge.

Le accuse e la relazione con la giovane donna

Secondo l’accusa, Pappalardo avrebbe perseguitato per anni una donna con la quale aveva avuto una relazione iniziata quando lei era minorenne. Oggi trentenne, la giovane avrebbe subito — sempre secondo le ipotesi investigative — una lunga serie di vessazioni dopo aver interrotto il rapporto: gomme tagliate, lettere anonime, ritorsioni familiari.

Il nome “Alberto”, citato nelle chat, sarebbe quello di un dirigente bancario, non indagato, che compare nell’indagine come conoscente di Pappalardo. Nella stessa banca lavoravano anche la ex fidanzata dell’ufficiale e Andrea Guazzi, ex responsabile dell’area Wealth Management, coinvolto indirettamente nella vicenda.

Il “sistema Pavia” e le lettere anonime

Guazzi, che secondo gli atti avrebbe intrapreso una relazione con l’ex compagna di Pappalardo, sarebbe stato vittima di una campagna anonima di lettere diffamatorie inviate alla moglie e al datore di lavoro. La moglie lo avrebbe poi lasciato e la banca lo avrebbe allontanato.

A scrivere le lettere — sostiene l’accusa — sarebbe stato il maresciallo Antonio Scoppetta, collaboratore di Pappalardo, già condannato a 4 anni e 6 mesi con rito abbreviato. In un’intercettazione, l’ex ufficiale commentava: «Si accorgerà che ha fatto la stronza con la persona sbagliata. Non sarò soddisfatto finché non completerò l’opera».

Guazzi, difeso dall’avvocato Fabrizio Ventimiglia, si è costituito parte civile nel processo a carico di Pappalardo, dopo aver già ottenuto un risarcimento nel procedimento contro Scoppetta.

Le indagini e gli strumenti usati

Dalle carte emergono episodi che, se confermati, mostrerebbero un uso improprio di strumenti investigativi. In un passaggio si legge che un dispositivo GPS sarebbe stato utilizzato per seguire l’auto della donna, “prestatogli da un conoscente della Esitel srl”, società che collaborava con la Procura.

In un’altra conversazione, Pappalardo avrebbe ordinato a Scoppetta di “sgonfiare le gomme dell’auto” della ex fidanzata. Il sottoposto avrebbe risposto: «Domani la sistemo, ho il punteruolo in tasca».

La difesa e il processo in corso

La giovane donna non si è costituita parte civile, una scelta su cui punta la difesa di Pappalardo, che sostiene la fragilità del quadro accusatorio e il carattere unilaterale delle prove raccolte.
Il processo, ancora in corso, dovrà stabilire se le accuse troveranno o meno riscontro.

Fino a quella data, per l’ex ufficiale e per tutti gli altri coinvolti, resta fermo il principio costituzionale della presunzione di innocenza.