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Cronache

In carcere come al Grand Hotel, ora per i permessi premio allungato a 15 giorni il termine per fare reclamo

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A colpi di sentenze di Tribunali italiani e Corte Europea dei diritti dell’Uomo l’ordinamento penitenziario italiano sta cambiando pelle. Il 41 bis che nell’immaginario collettivo italico sarebbe il carcere duro per i boss, altro non è che una norma vuota. I boss anche più pericolosi in carcere oramai sono padroni nelle loro celle. Ora arriva anche una sentenza sui permessi premio. Un termine di sole 24 ore per presentare reclamo contro il provvedimento sui permessi premio lede il diritto di difesa del detenuto e rappresenta un indebito ostacolo alla funzione rieducativa della pena, alla quale i permessi premio sono funzionali. Questo è quanto ha affermato la Corte costituzionale con la sentenza n.113, depositata oggi (relatore Francesco Viganò), accogliendo la questione sollevata dalla Cassazione su una norma dell’Ordinamento penitenziario che “irragionevolmente” prevede un identico termine per il reclamo sia contro i provvedimenti sui permessi di necessità – legati a situazioni di imminente pericolo di vita di familiari o altri gravi eventi eccezionali – sia contro quelli riguardanti i permessi premio, sebbene siano diversi presupposti e finalità. La Consulta ha allungato il termine previsto per i reclami sui permessi premi a 15 giorni, ferma restando la possibilità per il legislatore di individuare una soluzione diversa nel rispetto dei principi costituzionali. L’eccessiva brevita’ del termine era gia’ stata portata all’esame della Consulta che, con la sentenza n. 235 del 1996, aveva rilevato l’irragionevolezza dell’identico termine per il reclamo contro due diversi tipi di permesso e tuttavia aveva ritenuto di fermarsi all’inammissibilita’ delle questioni prospettate, non riuscendo a rintracciare nell’ordinamento una soluzione costituzionalmente obbligata che potesse porre direttamente rimedio alla, pur riscontrata, eccessiva brevita’ del termine in esame. In quell’occasione la Corte aveva pero’ invitato il legislatore a “provvedere, quanto piu’ rapidamente, alla fissazione di un nuovo termine che contemperi la tutela del diritto di difesa con le esigenze di speditezza della procedura”. Esaminando nuovamente la questione a distanza di ventiquattro anni da quel monito, rimasto inascoltato, la Corte ha ribadito la contrarieta’ alla Costituzione di un termine cosi’ breve, che rende assai difficile al detenuto far valere efficacemente le proprie ragioni, anche per l’oggettiva difficolta’ di ottenere in cosi’ poco tempo l’assistenza tecnica di un difensore; e ha individuato nella disciplina generale del reclamo contro le decisioni del magistrato di sorveglianza, introdotta dal legislatore nel 2013, un preciso punto di riferimento per eliminare il vulnus riscontrato. Questa disciplina prevede oggi un termine di quindici giorni per il reclamo al Tribunale di sorveglianza, che la Corte ha pertanto esteso anche al reclamo contro i provvedimenti concernenti i permessi premio proposti da parte del detenuto o del pubblico ministero. Resta comunque ferma, ha precisato la Corte, la possibilita’ per il legislatore di individuare – nel rispetto dei principi costituzionali sopra richiamati – un altro termine, se ritenuto piu’ congruo, per lo specifico reclamo in esame.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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