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Economia

Imprese guardano al voto: ora politica vera non balletti

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“Siamo pronti a dare fiducia a chi e’ disposto a risolvere i problemi. Siamo stufi tanto dei populismi quanto delle burocrazie”. E’ con “una palese richiesta di mantenere le promesse” che i Giovani imprenditori di Confindustria alzano il pressing sui leader della politica guardando al voto del prossimo anno. “A noi manca la politica vera”; “c’e’ bisogno della politica con la P maiuscola” chiede il leader degli industriali under-40, Riccardo Di Stefano, dal tradizionale convegno di Rapallo. Alla politica chiede di “confrontarsi su quanto detto, lo scorso anno, su questo stesso palco” e da’ appuntamento al prossimo: “Quando torneremo qui ci saranno state le elezioni politiche. Sara’ ancora piu’ interessante ricordare quello che ci siamo detti”. Nel primo giorno tra gli ospiti arrivano Giorgia Meloni e Antonio Tajani. Per il secondo sono in programma gli interventi di Enrico Letta, Matteo Salvini, Matteo Renzi. Strappano applausi, la presidente di FdI ed il coordinatore nazionale di Forza Italia quando toccano le corde piu’ sensibili degli industriali. Il reddito di cittadinanza? “Un messaggio devastante”, “una idiozia”, dice Giorgia Meloni, che bolla come “specchietto per le allodole” il dibattito sul salario minimo. Anche Antonio Tajani punta il dito contro queste due misure e propone di riformare il reddito di cittadinanza anche per recuperare risorse da destinare al taglio del cuneo fiscale-contributivo, la battaglia per eccellenza di Confindustria. Il confronto scivola anche sulla riforma elettorale con i Giovani che invocano una soluzione che possa essere “duratura per i prossimi trent’anni”, e che garantisca governabilita’: “L’unico modello in Italia che si e’ dimostrato stabile e’ quello dell’elezione dei sindaci. Al momento, non ne vediamo altri”. L’attacco alla politica “distratta” e’ netto: oggi c’e’ bisogno – avverte Di Stefano – di “un governo non solo stabile ma in grado di convincere gli investitori internazionali e le agenzie di rating della sua effettiva stabilita’. Un governo che, fino al giorno delle elezioni, sia capace di garantire l’assenza di balletti, di do ut des e di concessioni strategiche a questo o a quel partito”. Servono “risposte nette e puntuali”. Servono riforme, “un vero un riformismo competitivo”. Gli imprenditori sono poi “perplessi di fronte alle scelte di Christine Lagarde alla guida della Bce. Alzare i tassi e poi correre ai ripari con il cosiddetto scudo anti-spread sembra una direzione non chiara, puo’ creare turbolenze nei mercati”. E’ il commissario europeo Paolo Gentiloni, in collegamento, a cercare di portare chiarezza: tra alta inflazione e rialzo dei tassi c’e’ “una condizione che non dobbiamo leggere in una chiave certamente negativa o addirittura catastrofica”; una inflazione che tende ad essere piu’ persistente del previsto “giustifica anche una normalizzazione della politica monetaria che passera’ nei prossimi mesi per un sia pur graduale aumento dei tassi di interesse”. Da Gentiloni parole chiare anche sul Pnrr: se dall’Italia arrivasse il messaggio che dobbiamo rifare da capo il Pnrr o rinviarlo “sarebbe sbagliato per l’economia italiana, perche’ abbiamo bisogno ora di questi investimenti, e sarebbe un messaggio politicamente molto difficile da gestire per il nostro Paese”. E “per rendere possibile riproporre questo metodo nei prossimi anni questo piano “deve innanzitutto funzionare in Italia “, principale beneficiaria delle risorse di Next Generation Ue.

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Dipendente pubblico: ecco quanti sono e quanto guadagnano

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Quasi 3,24 milioni di dipendenti pubblici per una spesa che supera i 172 miliardi: nel 2021 i dipendenti pubblici – secondo la fotografia scattata dalla Ragioneria con il Conto annuale hanno raggiunto un’età media di 49,8 anni, in lieve calo sul 2020 grazie all’utilizzo massiccio nel comparto dell’ultimo anno di uscita con Quota 100 (almeno 62 anni di età e 38 di contributi) ma in crescita di quasi sei anni e mezzo sul 2001.

Ma se il lavoro pubblico resta un porto sicuro dal punto di vista della protezione rispetto ai licenziamenti appare meno interessante sotto il profilo della retribuzione a causa del blocco degli aumenti negli anni della crisi. Le retribuzioni lorde medie dei lavoratori pubblici nell’anno considerato sono state di 37.364 euro, comprensive di tredicesima e straordinari, con un incremento sul 2012 del 7,9%, inferiore a quello dei prezzi nello stesso periodo (+9,2%). Sul 2020 l’aumento è stato di appena lo 0,6% ma il dato non tiene conto del rinnovo contrattuale per il 2019-2021 che è scattato nel 2022. In pratica in dieci anni si è perso circa 1,3 punti di potere d’acquisto senza considerare il boom dell’inflazione che si è registrato nel 2022. Nel 2021 i dipendenti pubblici hanno raggiunto quota 3.238.968 unità in calo dello 0,1% (meno di 5mila unità) rispetto al 2020 con una sostanziale stabilità rispetto al 2012 (-1,1% a parità di enti considerati).

Rispetto al 2012 si è registrato un calo del 23,5% per il personale delle funzioni centrali (ministeri, Inps, Inail, Agenzie fiscali ecc), da un calo del 15,7% per le Funzioni locali e un aumento del 15,3% per l’istruzione e la ricerca con oltre 167mila lavoratori in più. Nel 2021 le unità di personale a tempo determinato considerando i mesi lavorati da coloro che prestano attività lavorativa a termine e dividendo il totale di ciascuna categoria per i 12 mesi sono state 107.696 con un aumento del 18,6% sul 2020.

Ha registrato un aumento di queste soprattutto la Sanità che anche a causa del Covid ha segnato 54.203 unità in più e un aumento del 39,2% sul 2020. La Ragioneria sottolinea che anche grazie alla politica di contenimento della spesa per il lavoro pubblico (blocco dei contratti tra il 2010 e il 2015) l’Italia registra nel 2021 una spesa più bassa rispetto a Francia (-76%), Germania (-66,1%) e Regno Unito (- 52%), ma più elevata rispetto alla Spagna (+16,4%). Se si guarda all’aumento della spesa nel 2021 il dato italiano è il più basso con appena un +2% a fronte del 4% medio dell’Ue a 27, del 2,7% della Francia, del 3,6% della Germania e del 10,6% in Uk.

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La nave rigassificatrice è in banchina a Piombino

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La nave rigassificatrice Golar Tundra di Snam è finalmente arrivata nel porto di Piombino (Livorno) dopo 26 giorni di navigazione da Singapore (via Suez) e ha fatto il suo ingresso intorno alle 23 venendo posizionata alla banchina di attracco della darsena nord. Quattro rimorchiatori l’hanno trainata all’ormeggio con una manovra lenta e precisa dopo una sosta di attesa di circa quattro ore alla fonda nel golfo di Follonica.

E’ entrata di prua poi, a centro rada è stata fatta ruotare per portarla al punto di arrivo definitivo. La nave è lunga quasi 300 metri e alta 55 quindi per gestirne l’ingombro è servita un’operazione notturna cioè si è agito quando il traffico dei traghetti si ferma fino all’alba dopo l’ultima corsa. L’arrivo della nave rigassificatrice a Piombino – e così l’altra simile prevista su Ravenna – affrancherà l’Italia da una significativa quota di dipendenza di importazione di metano dai gasdotti transazionali di terra, dalla Russia e anche dall’Azerbaigian.

I gestori potranno rivolgersi al mercato di altri Continenti (Africa, Americhe, pure Asia Oceania) e ovviare alle turbolenze geopolitiche che possono gravare sul trasporto di gas solo via terra. La nave Fsru di Piombino è accreditata di una capacità potenziale di trasformazione di gas liquido in 5 miliardi di metri cubi l’anno. Tuttavia, insieme alla Fsru che ci sarà a Ravenna si parla di ben 13 miliardi di metri cubi annui, un segnale forte nell’approvvigionamento e nella distribuzione di gas per l’Italia. La Golar Tundra non entra subito in funzione. Bisogna aspettare maggio, dicono le previsioni tecniche quando al cantiere di Snam visibile in lontananza, dalla parte opposta del porto commerciale saranno terminati gli allacci con il nuovo metanodotto di terra. La presenza della Golar Tundra ha già un forte valore simbolico.

Il presidente della Toscana, Eugenio Giani, è intervenuto già domenica sera sul porto sottolineando l’importanza di questa tappa nell’ambito delle politiche energetiche nazionali e rilanciando il tema delle compensazioni per Piombino, secondo polo siderurgico italiano, città che ha manifestato dissenso per esser stata scelta. Sulle divergenze col Comune di Piombino e il sindaco Francesco Ferrari, oltre ai comitati degli abitanti, Giani ha detto che siccome “ora c’è la nave ci si renderà conto che si deve lavorare finalmente ai vantaggi per la popolazione”. Giani ha “invitato soprattutto le autorità di Piombino a sedersi con me, con il ministro e le autorità del governo per poter indicare le opere complementari” compensative per Piombino, ma su quando vedrà il sindaco ha detto: “Mi cercherà lui”.

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Credit Suisse-Ubs, nasce una delle banche big d’Europa

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Un’operazione da tre miliardi di franchi svizzeri per creare una delle banche maggiori d’Europa. Le nozze fra Credit Suisse e Ubs sono le prime fra due banche importanti a livello di sistema dalla crisi del 2008. E sono state architettate nel giro di pochi giorni con l’aiuto delle autorità svizzere, che hanno organizzato nel dettaglio la complessa operazione.

– I TERMINI DELL’ACCORDO: L’intesa valuta Credit Suisse tre miliardi di franchi, meno della metà dei 7,4 miliardi alla chiusura di venerdì e una frazione rispetto ai 100 miliardi del suo picco nel 2007. L’accordo con Ubs sarà chiuso entro l’anno. Il presidente di Ubs Colm Keller e l’amministratore delegato Ralph Hamers manterranno i ruoli all’interno della banca che nascerà dalle nozze, anche se il management di Credit Suisse resterà al suo posto fino alla chiusura dell’intesa.

– LA BANCA DI INVESTIMENTO DI CREDIT SUISSE: La nuova banca avrà attivi investiti per 5.000 miliardi di dollari. Ubs intende ridimensionare la banca di investimento di Credit Suisse: “vogliamo ridimensionarla e allinearla alla nostra culturadel rischio più conservatrice”, ha detto Keller.

– TAGLI AI POSTI DI LAVORO: Pur precisando che è ancora troppo presto per quantificarli, Ubs ha detto che sarà un numero significativo, secondo indiscrezioni dell’ordine di 10.000 tagli.

– AIUTI DALLE AUTORITA’ SVIZZERE: Ubs si è assicurata un linea di liquidità per 100 miliardi di franchi dalla banca centrale svizzera. E il governo ha offerto 9 miliardi di garanzie su eventuali perdite di Credit Suisse. Garanzie che sono come una “polizza assicurativa” che scatterà se le perdite supereranno una determinata soglia.

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