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Esteri

Il vertice Brics punta a una svolta, sfida al colosso G7

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I leader di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – i Paesi che insieme formano i Brics – si incontrano da martedì a giovedì a Johannesburg, in Sudafrica, con un obiettivo: far crescere il peso geopolitico ed economico della loro unione, che attualmente vale poco meno di un quarto della ricchezza mondiale (il 23%), conta il 42% della popolazione del globo e rappresenta oltre il 16% del commercio mondiale. Il padrone di casa, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, accoglierà a partire da domani il presidente cinese Xi Jinping, il primo ministro indiano Narendra Modi e il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva per il XV vertice annuale. Il presidente russo Vladimir Putin parteciperà invece da remoto: ha deciso di non presenziare poiché è oggetto di un mandato di arresto della Corte penale internazionale che il Sudafrica in teoria sarebbe tenuto a far rispettare se mette piede nel paese. Il suo ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, sarà invece a Johannesburg.

I Paesi Brics sono molto diversi tra di loro – politicamente ed economicamente – ma hanno una visione che li accomuna: quella di un mondo in cui l’egemonia dei Paesi occidentali più potenti si sta rapidamente erodendo, tra guerra (in Ucraina e non solo) e continui scossoni economici, lasciando spazio alla loro forza emergente. Un contesto in cui sperano di fare il salto di qualità, arrivando a contare molto di più, sfidando il colosso del G7 – particolarmente inviso a Russia e Cina – con l’aiuto dei tanti paesi del sud del Mondo che si sentono perennemente esclusi dalla stanza dei bottoni.

“Il tradizionale sistema di governo globale è diventato disfunzionale, carente e frammentato”, ha detto nei giorni scorsi Chen Xiaodong, ambasciatore cinese a Pretoria, in un briefing, aggiungendo che i Brics stanno “diventando sempre più una forza affidabile nella difesa della giustizia internazionale”. E che il credito dell’unione che tenne il suo primo vertice nel 2009 stia crescendo lo testimonia il fatto che almeno 40 paesi hanno espresso interesse ad aderire e 23 di questi hanno formalmente presentato domanda ufficiale per diventarne membri. Il Sudafrica ha puntato a organizzare un evento di peso globale, in questa prospettiva: “Sono stati invitati più di 60 Paesi discussioni al vertice, questi sono sia paesi africani, sia paesi che hanno fatto domanda per per entrar a far parte dei Brics”, ha detto una fonte di Pretoria.

“Sono in programma sostanziali discussioni sul dialogo con gli stati del Sud del mondo”. E il tema dell’allargamento dell’organizzazione sarà in primo piano, ha aggiunto. Per la prima volta, a ulteriore testimonianza dell’interesse per i Brics, ci sarà anche Cuba, nella persona del presidente Miguel Diaz-Canel. Il Sud del mondo è dunque una vasta platea di alleati politici, ma anche un enorme mercato che in particolare Pechino – alle prese con una pericolosa crisi economica – vuole portare saldamente dalla sua parte. E l’Africa, area centrale del Sud Globale, fa gola anche all’India: parlando alla vigilia del vertice a un forum economico in Sudafrica, presenti imprenditori africani e sudamericani, Dammu Ravi, direttore per i rapporti economici presso il ministero degli Esteri di New Delhi ha spiegato che “qualsiasi nazione che voglia sopravvivere nel 21esimo secolo ha bisogno di avere l’Africa al suo fianco”. L’India fa già molto in Africa ma – ha osservato – “dobbiamo capire come fare molti più progetti usando concetti di finanziamento innovativi”. E ha quindi menzionato la fornitura di medicinali generici e vaccini prodotti in India nei Paesi africani, l’assistenza alla sicurezza alimentare e gli interventi per migliorare l’agricoltura.

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Esteri

Cittadini stanchi di pagare il pizzo uccidono 11 uomini della gang di narcos nel campo da calcio

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Nel paese di Texcaltitlan, nel centro del Messico, dei cittadini stanchi di pagare il pizzo al cartello locale hanno ucciso a colpi di machete un gruppo di otto narcotrafficanti nel campo da calcio del municipio. L’esito dello scontro ha lasciato 11 morti, otto dei quali vincolati al cartello Familia Michoacana. Secondo quanto riportato dalla stampa messicana, gli abitanti del paese erano stati convocati nel campo sportivo per pagare la quota settimanale alla criminalità del posto. Dopo esser scesi dai loro pick-up i narcos sono stati attaccati dalla folla con pietre, colpi di machete e pugni. La polizia è arrivata poco dopo sulla scena del massacro e sta ricostruendo l’accaduto attraverso dei video postati sui social.

 

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Guatemala, Arévalo denuncia “un colpo di stato assurdo”

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Il presidente eletto guatemalteco Bernardo Arévalo ha denunciato che le indagini svolte dall’Ufficio del Pubblico ministero della Procura, secondo cui le elezioni generali tenute quest’anno, e da lui vinte, dovrebbero essere annullate, non sono altro che un “colpo di stato assurdo, ridicolo e perverso”.


Nel corso di una conferenza stampa ieri sera Arévalo, che dovrebbe insediarsi nella massima carica dello Stato il 14 gennaio 2024 succedendo a Alejandro Giammattei, ha assicurato che le accuse formulate contro il Tribunale supremo elettorale (Tse) e contro lui stesso, sono infondate, aggiungendo che per quanto lo riguarda, ha prove che dissipano anche il presunto riciclaggio di denaro. Alludendo infine ai settori della magistratura che stanno cercando di bloccare il processo di transizione democratica presidenziale, ha sostenuto che “i golpisti fanno i gesti disperati di chi sta per affogare, e provano a portare a termine un improbabile colpo di stato”.

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Putin si ricandida alla guida della Russia fino al 2030

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La simbologia non poteva essere più potente e significativa. Rispondendo alla domanda di un pluridecorato combattente filorusso del Donbass, padre di un caduto, nella giornata degli Eroi della Madrepatria, Vladimir Putin ha annunciato che il prossimo 17 marzo correrà per un quinto mandato da presidente della Russia, deciso a rimanere almeno fino al 2030 al comando del Paese in quella che vede come una sfida esistenziale con l’Occidente, sicuramente la più grave dalla crisi dei missili a Cuba nel 1962. Il tutto è avvenuto, all’improvviso, nella sontuosa cornice della sala Georgievsky del Cremlino, dove Putin aveva appena consegnato alcune onorificenze.

Artyom Zhoga, già a capo di una milizia della Repubblica di Donetsk, che nel 2022 ha perso un figlio nella guerra e quest’anno è diventato capo del Parlamento della regione annessa alla Russia in seguito alle elezioni dello scorso settembre, si è rivolto al presidente sotto gli occhi delle telecamere. “Grazie alle sue azioni abbiamo ottenuto la libertà e il diritto di scegliere, ma c’è ancora molto lavoro da fare, dobbiamo procedere con l’integrazione, e vorremmo farlo sotto la sua guida”, ha affermato Zhoga. Per poi concludere: “Abbiamo bisogno di lei, la Russia ha bisogno di lei”.

Al che Putin ha ringraziato e ha risposto: “Ho avuto diversi pensieri su questo argomento, ma oggi capisco che non c’è altra scelta. Ecco perché mi candiderò a presidente della Russia”. Una candidatura che equivale alla certezza della rielezione, non solo per la repressione del dissenso, accentuatasi dall’inizio dell’intervento militare in Ucraina, ma pure per il vasto sostegno di cui, anche secondo sondaggi indipendenti, il comandante in capo continua a godere oltre 21 mesi dopo l’inizio del conflitto. La narrazione che vuole la Russia impegnata in una guerra per la sopravvivenza contro un Occidente intento a smembrarla funziona. E’ vero che da una recente ricerca effettuata dal Centro statistico Levada emerge che oltre il 50% dei russi vorrebbe una soluzione negoziata al conflitto, ma senza concessioni umilianti.

Molti osservatori si aspettano inoltre che a sfidare Putin saranno ammessi, pro forma, soltanto candidati di movimenti politici considerati di sistema, come il Partito liberaldemocratico e quello comunista. Ma il team di Alexei Navalny, il più noto oppositore, in carcere da quasi tre anni, non si è dato per vinto e ha indetto una campagna denominata ‘Una Russia senza Putin’ in cui si invita ogni cittadino a votare per i candidati avversari del presidente e a convincere almeno altre dieci persone a fare altrettanto. Sebbene la data ufficiale delle presidenziali sia il 17 marzo, la responsabile della Commissione elettorale centrale Ella Pamfilova ha detto che le votazioni cominceranno in realtà fin da venerdì 15 e dureranno tre giorni. Un’usanza introdotta con la pandemia da Covid e diventata ormai comune, ma che secondo gli oppositori del Cremlino rende più difficili i controlli su eventuali brogli.

Se tutto sembra ormai deciso, qualche dubbio resta sulle modalità dell’annuncio odierno. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha assicurato che il tutto si è svolto in modo spontaneo e non programmato. Ma anche il sito dell’opposizione Meduza afferma di aver saputo da proprie fonti che Putin avrebbe dovuto comunicare la notizia in occasione della conferenza di fine anno e della linea diretta con i cittadini in programma il 14 dicembre. Secondo il sito, dunque, il presidente sarebbe stato colto alla sprovvista e avrebbe risposto senza pensarci troppo, cosa che sarebbe confermata dalla voce sommessa che gli è uscita. La cosa che conta, comunque, è che Putin diventerà con solo un anno di svantaggio rispetto a Stalin il secondo leader più longevo della Russia moderna: 30 anni, contro i 31 del predecessore sovietico, e ben di più dei 18 anni di Leonid Brezhnev.

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