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Il sindaco Bill De Blasio sfida il presidente Donald Trump: sanità per tutti a New York con il “NY Care”

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“Tutti hanno il diritto alla sanita’, tutti”. Con queste parole il sindaco di New York, Bill de Blasio, annuncia la svolta della Grande Mela e lancia il piano ‘sanita’ per tutti’, anche per gli immigrati illegali. La mossa all’avanguardia pone de Blasio in scontro diretto con Donald Trump e le sue politiche, sia in tema di salute sia in tema di immigrazione. Il piano ‘NYC Care’ prevede lo stanziamento di 100 milioni di dollari per offrire servizi sanitari a prezzi abbordabili a circa 600.000 persone, inclusi gli immigrati illegali, coloro che hanno redditi bassi e i giovani con piani sanitari troppo costosi.

L’obiettivo e’ ridurre il numero dei pazienti che usano il pronto soccorso e aumentare le cure preventive cosi’ da ridurre la necessita’ dei ricoveri. “Vogliamo una soluzione per tutti” spiega de Blasio, secondo il quale il piano va incontro alle esigenze dei disagiati ma allevia anche il peso sopportato dagli ospedali della citta’, in rosso da anni. Con NYC Care chi non ha l’assicurazione sanitaria potra’ chiamare un numero verde e ottenere una tessera assicurativa e un medico, tramite il quale accedere a servizi di base ma anche visite specialistiche. L’iniziativa ha un importante valore politico, con de Blasio che proponendola sfida apertamente Washington. “I repubblicani a Washington hanno cercato di abolire la sanita’. Noi facciamo l’opposto. Non aspetteremo che Washington risolva i problemi, noi ci risolveremo i nostri da soli” spiega il sindaco di New York, in rotta di collisione con l’amministrazione Trump anche sull’immigrazione. “Rifiuto l’idea che” gli immigrati illegali “non meritino la sanita’. Questa e’ l’unica scelta morale da fare” aggiunge il sindaco che, con il piano, rende New York la seconda citta’ d’America dopo San Francisco a tentare di offrire un piano di assistenza sanitaria per tutti. L’iniziativa coincide con i primi passi della campagna elettorale per il 2020, con molti aspiranti candidati democratici che stanno cavalcando e spingendo l’idea di una sanita’ per tutti. Il tema e’ stato chiave nelle elezioni di meta’ mandato del 2018, che hanno riconsegnato ai democratici il controllo della Camera.

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Khamenei, le nazioni musulmane hanno un nemico comune

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Le nazioni musulmane hanno un “nemico comune” e devono “cingere una cintura di difesa” dall’Afghanistan allo Yemen e dall’Iran a Gaza e al Libano. Lo afferma il leader supremo iraniano Ali Khamenei mentre presiede le preghiere del venerdì in Iran per la prima volta in cinque anni. Lo riporta Sky News. La Guida Suprema ha aggiunto che l’attacco del 7 ottobre di Hamas contro Israele, “è stato un atto legittimo, così come l’attacco dell’Iran al Paese questa settimana”. Il raid missilistico è la “punizione minima” per i crimini di Israele, ha affermato Khamenei.

“Il brillante attacco dell’Iran – ha affermato la Guida Suprema citato dalla TV di Stato – è stata la minima punizione per i crimini senza precedenti del regime lupesco e assetato di sangue che è il cane rabbioso degli Stati Uniti nella regione. L’Iran continuerà ad adempiere al suo dovere né con fretta né con ritardo. I nostri responsabili politici e militari agiranno con logica e saggezza”.

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Colombia: Mancuso si scusa con le sue vittime davanti a Petro

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Salvatore Mancuso, l’ex leader delle Autodifese unite della Colombia (Auc), il più sanguinario gruppo paramilitare mai esistito nel Paese sudamericano nominato ‘gestore della pace’ da Gustavo Petro, ha chiesto oggi “perdono” alle sue vittime in un atto pubblico a Montería, la capitale del dipartimento di Cordoba, a cui ha partecipato il presidente colombiano.

“Non sapevo allora quello che so adesso: che in guerra non ci sono vincitori, siamo tutti perdenti e siamo qui nonostante le differenze ideologiche e politiche”, ha dichiarato Mancuso. Davanti a centinaia di contadini e vittime, l’ex leader paramilitare ha aggiunto di assumersi “la responsabilità di tanto dolore, sofferenza e lacrime; dell’esproprio di terre, dell’umiliazione a cui siete stati sottoposti a causa degli ordini che ho dato agli uomini e alle donne che erano sotto il mio comando nelle Auc”. Mancuso ha chiuso l’atto pubblico, in cui sono stati consegnati 11.700 ettari di terre alle sue vittime, dichiarando: “Dal profondo del mio cuore vi chiedo perdono”.

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Kim Jong Un avverte: armi nucleari se Corea Nord venisse attaccata

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La Corea del Nord utilizzerà le armi atomiche “senza esitazione” in caso di attacco da parte della Corea del Sud o dei suoi alleati americani. E’ l’avvertimento lanciato da Kim Jong Un, come riferito dall’agenzia ufficiale Kcna. Pyongyang “utilizza senza esitazione tutti i mezzi offensivi a sua disposizione, comprese le armi nucleari” se “il nemico” ci attacca, ha sottolineato durante un’ispezione ad una base delle forze speciali. All’inizio della settimana Seul ha organizzato una parata militare ed il presidente Yoon Suk Yeol ha minacciato “la fine del regime nordcoreano” se Pyongyang avesse usato armi nucleari.

Alcune settimane fa il Nord aveva divulgato per la prima volta le immagini di un impianto di arricchimento dell’uranio, che mostravano il leader Kim in visita al sito mentre chiedeva più centrifughe per potenziare l’arsenale nucleare del paese. La Corea del Nord, che ha condotto il suo primo test nucleare nel 2006 ed è sotto una serie di sanzioni Onu per i suoi programmi di armi vietate, non aveva mai divulgato pubblicamente i dettagli del suo impianto di arricchimento dell’uranio prima.

Le relazioni con il Sud sono ai livelli punti più bassi da anni, con il Nord che ha recentemente annunciato lo spiegamento di 250 lanciamissili balistici al suo confine meridionale. Pyongyang ha designato Seul come suo “principale nemico” e si è dichiarata una potenza nucleare “irreversibile”. Kim, replicando alle affermazioni del presidente Yoon, lo ha definito un “burattino”. Le dichiarazioni di Kim hanno anche fatto riferimento all’alleanza del Sud con gli Stati Uniti, che sono il suo principale partner militare, con decine di migliaia di soldati statunitensi di stanza nel Paese.

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