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Il ricordo di Maradona e la storia di un braccialetto portafortuna arrivato ai mondiali del Messico

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Ogni tanto guardo quella foto del mondiale in Messico e rivedo il braccialetto, il mio braccialetto. Quello che gli mandai da giovane tifosa… E adesso non sembra vero che dalla sua morte sono già trascorsi trenta giorni. So bene che Diego appartiene alla terra che lo ha visto nascere, l’Argentina, a Napoli che lo ha accolto come un figlio e non ho ha lasciato mai, e a tutti i tifosi che nel mondo lo hanno acclamato, apprezzato e amato. Ma nel mio piccolo, anch’io come tante persone, ho mille ricordi legati a lui, che ho custodito gelosamente nella mia anima da 36 anni a questa parte e oggi – a 30 giorni esatti dalla sua scomparsa – ho sentito il desiderio di riaprire quello scatolone per riviverlo appieno. Uno scrigno denso di emozioni  ma anche di poster, giornali, articoli, riviste, foto, libri a lui dedicati che ho portato con me anche dopo un trasloco. La mia ‘copertina’ di Linus. Un romanzo costruito giorno per giorno.

Diego non morirà mai, dicono in tanti, ed è vero: abita nelle strade e nei vicoli di Napoli, fa parte della nostra storia, ora lo stadio è ‘suo’ e così sarà per sempre. Eppure negli ultimi 30 giorni ognuno ha detto la sua, anche impropriamente. Solo chi l’ha vissuto o l’ha conosciuto può capire e può raccontare chi era Diego e chi è veramente per noi. Negli anni ha sempre speso una parola per Napoli e per i napoletani anche se lontano, sofferente, perseguitato o felice. Un legame prezioso. Lui esempio di riscatto sociale, di libertà politica, fedele alle sue idee, mai al palazzo. Modello per chi – partendo da origini molto umili – è riuscito a far valere il proprio talento all’apice del mondo. Mai banale nelle risposte, negli sguardi, anche semplici, è riuscito nel modo più semplice possibile a comunicare cose importanti. Maradona è colui che ha fatto la differenza, sempre. Chi lo conosce bene non può non amarlo incondizionatamente. Perché può aver fatto del male a sé stesso: mito vivente ma al tempo stesso ragazzo fragile. Per questo ognuno di noi può avere un piccolo senso di colpa per non essere riuscito a preservarlo… lui ha dato solo gioia immensa a tutti.

Era il 23 settembre del 1984: la prima partita di campionato di Diego Armando Maradona al San Paolo. Si giocava Napoli-Sampdoria. I miei zii paterni avevano comprato gli abbonamenti di tribuna laterale al San Paolo per ammirare il pibe de oro. Ero solo una ragazzina ed ero con mio padre. Dopo aver preso un bus per piazza Dante e la cumana a Montesanto, arrivammo a piazzale Tecchio. Mi bastò entrare allo stadio per essere folgorata da 80.000 pallini colorati, festanti, di qualunque estrazione sociale, tutti uniti in un unico abbraccio, per una partita di calcio e tutti lì per il Napoli di Maradona. Ritornai in quel luogo magico per sette anni meravigliosi.

Diego Maradona col figlio Diego Junior

Se oggi sono giornalista lo devo a lui. Mi ha trasmesso la grande passione per il calcio. Ma non gli attribuisco solo questo merito. Grazie a lui e alla magia del pallone ho consolidato in quegli anni il rapporto con mio padre, che fino ad allora non era mai stato così profondo. Ci ha unito il calcio e tanto di più fino alla sua scomparsa, nel maggio del 2013. Perché il calcio è una grande forma di condivisione, l’ho imparato allora. Quando ero al Liceo entravo allo stadio con la Divina Commedia, noi giungevamo sugli spalti alle 12:00, così avevo un paio d’ore (allora si giocava di domenica alle 14:00) per ripassare la lezione per il giorno dopo. Poi dal fischio d’inizio passavo dal poema allegorico di Dante alla poesia della ‘pelota’ accarezzata da Diego. E ancora, gli allenamenti il giovedì al San Paolo e a Centro Paradiso di Soccavo… sono riuscita spesso a intrufolarmi sul campo o anche una volta addirittura negli spogliatoi, non so neanche io né come e né perché. Emozioni inenarrabili, la felicità pura. La voglia di vivere quel Napoli al 100%. Di scambiare con Diego anche una sola parola o avere da lui un sorriso. Perché nel mio cuore Diego sarà sempre quello, un ragazzo giovane dai riccioli neri, gli occhi ermetici, il sorriso accattivante ed empatico, un genio sul terreno di gioco.

Il mio ricordo più significativo risale al 1986. Da adolescente tifosa scrivevo talvolta al mio campione delle lettere e gli spedivo dei regali, preparavo poi dei pacchetti che mia madre con tanta pazienza portava alla posta affinché fossero spediti alla sede che allora il Napoli aveva in Piazza dei Martiri. Sapevo che a Diego piacevano i braccialetti di cuoio colorati, erano artigianali, unici, fatti a mano. Li portava come portafortuna. Poco prima della fine del campionato del 1986 gliene spedii uno, ma prima lo disegnai – per tenerlo come ricordo – nella forma e nei colori. A giugno scoprii attraverso un poster che Maradona lo aveva indossato nel corso dei Mondiali vinti in Argentina (insomma io c’ero, che soddisfazione!). Riuscii poi a dirglielo, a settembre in un post allenamento al campo di Soccavo prima che lui salisse a bordo di una decappottabile nera. Mi ringraziò e mi donò quel sorriso tanto desiderato. A scuola, nella mia classe (sezione E al X Liceo Scientifico), seppero della storia singolare del braccialetto fortunato (sia per me che per Diego): il professore di italiano e latino, padre Luigi Dini, uomo di grande cultura (cugino del professor Vittorio Dini che con altri intellettuali, Claudio Botti e Oreste Nicolaus fondò poi il “Te Diegum, genio, sregolatezza e bacchettoni”, un tributo al più grande calciatore di tutti i tempi ma anche una condanna a chi voleva demonizzarlo) mi prendeva in giro bonariamente ma nella realtà gioiva con me visto che anche lui era un gran tifoso del Napoli e di Maradona. Il resto è storia – mai vista Napoli più felice di allora – con l’apoteosi dei due scudetti, e le vittorie in coppa Italia e coppa Uefa.
Con gli anni studiavo e mi appassionavo, allo sport, alla scrittura. E iniziarono le mie prime esperienze giornalistiche. Seguivo Diego ai suoi eventi benefici per l’Unicef e a qualche trasmissione sportiva. Mi ricordo che vinsi un piccolo concorso e il premio consisteva in posto in prima fila al programma di allora con Diego protagonista su Canale 10, presentato da Mariano Piscopo e Serena Albano, era gennaio 1989. Diego, con la sua storia, mi spronava a rincorrere i miei sogni. Venne dopo poco la Rotopress, agenzia di stampa sportiva grazie a Valter De Maggio (una scuola formativa per molti ragazzi che oggi, professionisti, lavorano come giornalisti). Con lui e con Gianluca Gifuni ci conosciamo da ragazzi. Insieme in quegli anni anche a Radio Marte.

Valeria Grasso, 1989

Poi Diego non l’ho mai perso di vista. Il 10 giugno del 2005 ero all’Hotel Majestic. Era l’hotel che ospitava Diego e la sua famiglia giunti a Napoli per la partita di addio al calcio di Ciro Ferrara. Ricordo che ero giù al garage con altri colleghi, scambiai due chiacchiere con Ciccio Marolda. Allora non conoscevo ancora Ciro, ho parlato per la prima volta con Ciro a maggio 2008 ad un galà organizzato dalla Fondazione alla Reggia di Caserta, né suo fratello Vincenzo, Direttore della Fondazione Cannavaro Ferrara. Il tempo narra che poi mi sono riavvicinata in questi ultimi 10 anni al Calcio Napoli grazie alla società AV Kronos che mi ha permesso di collaborare con il dott. Alfonso De Nicola, responsabile medico della squadra azzurra dal 2005 al 2019.  In quegli anni su Maradona ho ascoltato tanti aneddoti, tante storie, belle o brutte, da colleghi giornalisti che lo conoscevano vene e dai suoi compagni di squadra dell’epoca.

E poi ne ho parlato l’estate scorsa con Diego Armando Jr, ragazzo di carattere, che assomiglia al padre nelle espressioni, nel viso, nell’ironia (come lui ha sempre la battuta pronta). Quanto amore per quel papà purtroppo vissuto per troppi pochi anni. Maradona vive e vivrà nei racconti che i papà napoletani hanno fatto e continueranno a fare ai loro figli (e non solo quelli napoletani) e nelle attività socialmente utili che sono già nate in suo onore.

*Valeria Grasso, giornalista, collaboratrice di Juorno.it, è anche una tifosa di Maradona della prima ora: il suo ricordo degli anni napoletani del Pibe de Oro

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Tennis: Sinner eguaglia Alcaraz, 36 settimane da n.1 al mondo

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Jannik Sinner eguaglia le 36 settimane da numero 1 dell’amico e rivale spagnolo Carlos Alcaraz, laureatosi ieri campione nel torneo olandese di Rotterdam. Ma quella appena conclusa è stata la settimana di Mattia Bellucci e di Andrea Vavassori. Il 23enne lombardo non aveva mai battuto un Top 20 prima della scorsa settimana. A Rotterdam ne ha infilate due consecutive: agli ottavi contro Daniil Medvedev, la sua prima vittoria contro un Top 10, ai quarti contro Stefanos Tsitsipas.

La semifinale nell’Atp 500 olandese, persa contro Alex De Minaur, gli ha permesso di salire dalla posizione numero 92, il suo precedente best ranking, alla numero 68. E di entrare così per la prima volta in Top 70. Riguardo a Vavassori, fermatosi agli ottavi proprio contro Alcaraz in singolare a Rotterdam, si tratta del giocatore che ha guadagnato più posizioni, tra i primi 20 italiani, nel ranking ATP (240, +77).

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Il Napoli frena in casa, l’Inter puo’ accorciare

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Il Napoli frena, l’Inter è pronta ad approfittarne. E’ il secondo 1-1 di fila della capolista (dopo la Roma all’Olimpico, l’Udinese al Maradona) a riaprire i conti della testa della classifica, in attesa del posticipo che domani da’ alla squadra nerazzurra l’occasione per la rivincita sulla Fiorentina, dopo il brutto ko di giovedi’, e soprattuto per accorciare le distanze sulla prima della classe, ora a +4. Con una prestazione scoppiettante, condita da cinque gol, la Lazio travolge il Monza, torna a vincere all’Olimpico dopo oltre tre mesi, scavalca la Juventus e si riporta al quarto posto. La resa dei lombardi e’ cosi’ netta che potrebbe costare il licenziamento a Bocchetti.

Per la lotta scudetto l’Atalanta, trascinata dal poker di Retegui al Verona, e’ a +5 e vuole contendere all’Inter il ruolo di agguerrita inseguitrice del Napoli capolista. Si allontana dalla zona Champions il Bologna che si fa imporre il pari da un ottimo Lecce. Dopo il netto ko col Milan in Coppa Italia la Roma porta a otto gare la sua striscia positiva in campionato. Un rigore di Dybala castiga il Venezia ed è il secondo successo di fila in trasferta dopo un lungo digiuno . Nella corsa salvezza basilare successo del Cagliari sul Parma con gol decisivo del nuovo arrivato, il romeno Coman. Al Maradona, il Napoli apre le marcature con McTominay, al sesto gol in campionato, ma viene subito raggiunta da un gran gol di Ekkelenkamp. Succede tutto nel primo tempo, ma la partita e’ vivissima soprattutto per merito dell’Udinese, che ha ritrovato smalto e va forse piu’ vicina alla vittoria di quanto non sia successo al Napoli.

Non servono neanche i cambi nei 20′ finali, Okafor compreso, a sbloccare un attacco stasera farraginoso. Ora Inter-Fiorentina cresce di fascino, per le ambizioni viola e soprattutto per l’occasione che Inzaghi ha di ridurre a un solo punto il distacco dalla vetta. Conte, da parte sua, deve fare i conti col fiato corto della sua squadra Una pura formalità e’ quella della Lazio che assalta il Monza fin dall’inizio, lo lavora ai fianchi ma, dopo il primo gol di Marusic la difesa dei brianzoli si sfalda e nella ripresa è un festival del gol. Mattatore l’eterno Pedro, autore di una doppietta da rapinatore d’area, ma sempre più importante il ruolo che si ritaglia Castellanos, che regala due assist ai compagni e un gol a se stesso, l’ottavo in campionato.

La Lazio fila come un treno e Baroni indovina tutti le sostituzioni: il 5-1 lo sigla Dele- Bashiru su assist di Noslin. Il Monza sembra ormai rassegnato, a -8 dalla zona salvezza. Se verrà esonerato Bocchetti potrebbe toccare ad Alessandro Nesta tentare un arduo recupero, a partire dai vari scontri diretti che attendono i brianzoli. Dopo la brillante vittoria in Coppa Italia, con l’eliminazione dell’Atalanta, il Bologna paga la fatica e stenta contro un buon Lecce. La gara è equilibrata, ma all’inizio si deve superare Skorupski per salvare su Pierotti e Helgason. Nella ripresa gli emiliani cercano di forzare i tempi ma senza creare grosse difficoltà a Falcone. Un gol di Dallinga nel finale viene annullato dalla Var per fuorigioco.

La squadra di Italiano mantiene comunque la sua imbattibilità che dura dal 30 dicembre. Nella seconda delle quattro trasferte consecutive in dieci giorni la Roma resta a galla nella pioggia di Venezia, si stacca dalle inseguitrici di centroclassifica, comincia la difficile ascesa verso la zona Europa. Di Francesco da ex continua a non fare punti. Solito Venezia volenteroso e propositivo, ma spuntato anche per la partenza di Pohjanpalo, sorretto dalla qualità di Nicolussi Caviglia e di Oristanio, ma non basta per risalire la classifica. Per Ranieri missione compiuta: pensa al Porto, ruota i titolari, fa esordire Gourna-Douath e Nelsson, ma i tre punti li porta a casa Dybala col solito rigore perfetto (100 per cento in giallorosso), poi ci sono occasioni per Dovbyk e Pisilli. Ancora panchina per capitan Pellegrini, ormai non più centrale per Ranieri.

Tre punti fondamentali per il Cagliari in zona salvezza. I sardi dominano la gara con un Parma in fase negativa, colpiscono il palo con Mina, ma passano per uno sfortunato autogol di Vogliacco. Reazione degli emiliani, ma Nicola fa entrare il nuovo acquisto Coman che trova uno splendida conclusione vincente. Leali prova a riaprirla, ma il Parma incassa l’ennesimo ko che mette a rischio la panchina di Pecchia, che domenica riceverà la Roma.

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Turchia: ‘arbitro corrotto’, squadra lascia campo dopo un rigore

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I giocatori dell’Adana Demirspor sono usciti dal campo durante il primo tempo della partita del campionato turco che stavano giocando contro il Galatasaray dopo che l’arbitro aveva assegnato un rigore contro di loro. E’ successo al 30′ dopo che il Galatasaray si era portato in vantaggio per 1-0 con Alvaro Morata che aveva segnato dal dischetto. Dopo l’uscita dal campo dell’Adana, la terna arbitrale e il ‘quarto uomo’ sono andati a parlare con i giocatori negli spogliatoi, ma c’è stato poco da fare, così poco dopo c’è stato l’annuncio della sospensione definitiva della partita allo stadio Rams Park. I media turchi hanno riferito che l’Adana Demirspor, che si trova in fondo alla classifica, ha abbandonato la partita in segno di protesta per quella che hanno definito “la corruzione dell’arbitro”.

Tutto è cominciato quando, all’11’, l’arbitro ha fischiato un rigore, apparso subito dubbio, dopo un contatto tra un difensore dell’Adana e Dries Mertens, ex Napoli e ora al ‘Gala’. Il penalty è stato confermato anche dopo l’esame dell’azione da parte del Var e Morata aveva segnato dal dischetto. Poi l’Adana ha continuato a giocare per un’altra ventina di minuti, poi ha deciso di abbandonare il campo in segno di protesta per quello che ha considerato essere l’ennesimo episodio a favore del Galatasaray.

Successivamente, il presidente dell’Adana, Murat Sancak (dal quale sarebbe partito l’ordine di abbandonare il campo) ha tenuto a dire che “questa operazione è stata condotta contro la federazione: avrei fatto la stessa cosa anche se si fosse trattato del Besiktas o del Fenerbahce”.

A ciò il Galatasaray ha risposto tramite il proprio account sul social X: “L’avversario Adana Demirspor (in fondo alla classifica con 5 punti e -31 di differenza reti) ha preferito ritirarsi dalla partita”, si legge. Nella polemica sui favoritismi arbitrali si è inserito anche José Mourinho, che su Instagram ha pubblicato una foto di se stesso che applaude, e poi un breve video del presunto fallo su Mertens che oggi ha portato alla concessione del penalty a favore del Galatasaray.

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