“L’arricchimento quotidiano” dell’uranio in Iran è oggi “superiore” a quanto avveniva prima dell’accordo nucleare del 2015. Alla vigilia dell’atteso sermone della Guida suprema Ali Khamenei, che terra’ per la prima volta dopo 8 anni la predica durante la preghiera islamica del venerdi’ a Teheran, il presidente Hassan Rohani lancia un messaggio che mette ulteriore pressione su un’intesa gia’ abbandonata dagli Usa e ancora piu’ in bilico dopo la contestazione formale alla Repubblica islamica di violazioni avviata dai partner europei. “Oggi non abbiamo piu’ alcuna restrizione nel campo dell’energia nucleare”, ha detto il capo del governo iraniano, senza precisare se sia aumentato l’ammontare di uranio arricchito prodotto giornalmente o il livello di arricchimento. Parole che inviano un messaggio di fermezza sul fronte interno in vista delle elezioni parlamentari, in programma tra poco piu’ di un mese, di fronte alla crescente aggressivita’ degli ultraconservatori. Un clima rappresentato anche dai violenti attacchi contro l’ambasciatore britannico Rob Macaire, fermato sabato a Teheran durante una manifestazione per il Boeing ucraino abbattuto, pubblicamente minacciato da Ahmad Alamolhoda, ayatollah di Mashhad nel nord-est del Paese, secondo cui “va fatto a pezzi”. “Il governo lavora quotidianamente per impedire un confronto militare o la guerra” con gli Stati Uniti e i loro alleati, ha comunque assicurato Rohani. Con i raid sulle basi Usa in Iraq, ha aggiunto, il suo Paese ha ottenuto la “compensazione” militare che cercava e quindi un dialogo con l’Occidente e’ ancora “possibile”. Ma negli ultimi giorni le tensioni sono cresciute anche con l’Europa. Francia, Germania e Gran Bretagna “hanno venduto i resti del Jcpoa per evitare i nuovi dazi di Trump”, ha accusato il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, citando la notizia del Washington Post secondo cui una settimana prima che i tre Paesi lanciassero il meccanismo di risoluzione delle dispute sull’accordo, l’amministrazione Usa aveva minacciato l’imposizione di dazi del 25% sulle auto europee se non avessero puntato il dito contro Teheran. Una ricostruzione confermata oggi dalla ministra della Difesa tedesca, Annegret Kramp-Karrenbauer. Ma Parigi insiste nel difendere una mossa che serve “non a uscire dall’accordo, bensi’ a creare uno spazio di dialogo politico con l’Iran”, ricordando che gli europei l’avevano avvertito sin da novembre di essere pronti a formalizzare le contestazioni. “L’interesse dell’Ue e’ salvaguardare l’intesa, che ora e’ piu’ importante che mai”, ha assicurato anche l’Alto rappresentante dell’Ue Josep Borrell, incontrando Zarif in India. Teheran resta comunque sotto pressione anche per le “bugie” sull’aereo abbattuto. I Paesi stranieri coinvolti – Ucraina, Canada, Regno Unito, Svezia e Afghanistan – si sono riuniti oggi a Londra per discutere dell’inchiesta e delle richieste di compensazioni. “Il mondo vuole risposte – ha detto il ministro degli Esteri di Ottawa, Francois-Philippe Champagne – e non ci fermeremo finche’ non le avremo ottenute”.