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Cronache

Il racconto choc del bimbo portato in Siria tra i macellai dell’Isis: “Mamma fu uccisa in un bombardamento”

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È  sotto choc. Piange. Però ha raccontato l’orrore vissuto in Siria, la morte della madre che l’aveva strappato ai suoi affetti per farlo crescere nella follia dell’Isis. “Mia mamma è morta in un bombardamento, io ero vicino a lei”: sono state queste, in sostanza, le parole di quel bambino di 11 anni che una settimana fa è stato riportato in Italia dopo 5 anni in Siria. Il bimbo ora è col papà le sue due sorelle. È stato ascoltato in un’audizione protetta dagli investigatori del Ros dei carabinieri. Audizione protetta significa che non è un interrogatorio ma c’è uno psicologo che trova la forma per porre domande difficili nel modo giusto ad un bimbo. Sono indagini delegate ai carabinieri del Ros dal capo del pool antiterrorismo milanese Alberto Nobili e dal pm Alessandro Gobbis. Il bambini rientrato dalla Siria non sta ancora bene, i traimi psicologici sono forti, dunque si è deciso di porre pochissime domande. Sarà riascoltato, sempre con le stesse modalità, tra un mese, dopo che uscirà dall’ospedale dove sarà ricoverato  la prossima settimana. Ha una grave lesione alla gamba subita a seguito di quell’esplosione che ha ucciso la madre. Per ora ha confermato di aver visto la mamma morire e che lui in quel momento era a fianco a lei  ma si è salvato. Ha spiegato che il bombardamento è avvenuto quando erano in un altro campo profughi, sempre in Siria, non in quello di Al Hol da cui il piccolo, grazie ad un’operazione delicata di magistrati, forze dell’ordine, Croce Rossa e 007, è stato portato via e poi fatto rientrare in Italia. Il bimbo non riesce a ricordare, però, quando è avvenuto quell’attacco, sa soltanto che faceva “molto caldo”. Ora forse i medici, proprio curando la sua ferita, potranno dire a quando risale quella lesione. La donna di origine albanese l’aveva portato via dall’Italia il 17 dicembre 2014 e il bambino quando era già in Siria, come si legge negli atti dell’indagine, di lei diceva: “È vestita che sembra un ninja”. Lo avrebbe anche costretto a frequentare un campo di addestramento dello ‘Stato islamico’ per imparare ad usare le armi. Dopo la caduta dell’Isis e la morte della madre, il bimbo viveva nell’area ‘orfani’ di Al Hol, campo profughi nel nord est della Siria sotto il controllo dei curdi e che ospita oltre 70 mila persone, in gran parte compagne e figli di combattenti jihadisti morti o in prigione. Là è stato trovato anche per la tenacia del padre che non aveva mai smesso di cercarlo. Probabilmente solo più avanti inquirenti e investigatori, sempre affiancati da uno psicologo, potranno sapere da lui cosa ha passato in quei lunghi anni in Siria. In un’udienza, fissata per il 27 novembre davanti al gup Guido Salvini, nel procedimento che vedeva la donna accusata di terrorismo internazionale, sequestro di persona e sottrazione di minori, si darà atto che è morta.

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Ucraina: Polonia, favoriremo rimpatrio uomini in età militare

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Varsavia aiuterà Kiev a riportare in Ucraina i suoi uomini in età militare, in seguito alle nuove modifiche alle leggi sui passaporti e sul servizio consolare per gli uomini ucraini che vivono all’estero: lo ha detto il ministro della Difesa polacco Wladyslaw Kosiniak-Kamysz. “Penso che molti polacchi siano indignati vedendo giovani ucraini negli alberghi e nei caffè, sentendo quanti sforzi dobbiamo fare per aiutare” Kiev, ha detto ieri Kosiniak-Kamysz ai media di polacchi. Il ministro ha sottolineato anche che Varsavia si era già offerta di aiutare l’Ucraina a identificare i rifugiati che vivono in Polonia e che sono sotto obbligo militare. La Polonia ospita circa un milione di ucraini fuggiti dalla guerra totale della Russia. Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha dichiarato che le nuove misure di Kiev intendono “ripristinare atteggiamenti equi nei confronti degli uomini in età di leva in Ucraina e all’estero”.

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Cronache

Ticket Venezia: 80mila prenotati oggi, uno su 10 non paga

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Nel primo giorno di sperimentazione del ticket d’ingresso a Venezia sono oltre 80mila le persone che hanno registrato la loro presenza in città oggi, 25 aprile. Solo 7mila però, uno su dieci, secondo i dati aggiornati a ieri pomeriggio’, hanno pagato il voucher di 5 euro per accedere al centro storico. Tutti gli altri accessi sono di persone esenti alla tassa (cittadini veneti, i lavoratori, gli studenti e altre categorie), tenuti a registrarsi sulla piattaforma on line ma non a pagare. Tra questi, 30.300 sono gli ospiti delle strutture ricettive, 9.450 sono i veneti, potenziali vacanzieri ‘di giornata’.

 

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Cronache

Choc a Nola: marito violento, giovane ‘liberata’ dai carabinieri grazie all’intervento della suocera

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Dopo anni di soprusi e maltrattamenti, la storia di terrore vissuta da una giovane donna di Nola ha finalmente trovato un epilogo in tribunale. Un giovane di 21 anni, con un passato turbolento segnato da dipendenza da droga e violenze, è stato arrestato e accusato di sequestro di persona, maltrattamenti e lesioni personali aggravate. Le aggressioni brutali, compresa una tentata strangolazione e attacchi pericolosi anche ai passanti nel centro antico di Nola, finiranno con il suo arresto.

La Procura di Nola, con l’ausilio dei carabinieri, ha condotto un’indagine lampo che ha portato alla luce gli abusi subiti dalla donna per anni. La vittima, che aveva sopportato in silenzio gli attacchi del compagno, ha trovato la forza di parlare solo dopo l’intervento della madre dell’aggressore, che l’ha convinta a cercare aiuto e cure mediche.

Durante l’ultima aggressione, la donna ha subito gravi danni all’orecchio e all’occhio, oltre a numerose altre ferite. In ospedale, il personale ha allertato le autorità, innescando una serie di eventi che hanno portato all’arresto del giovane. Nonostante il profondo legame affettivo che la legava al suo aguzzino, il quale chiudeva la porta di casa a chiave per impedirle di scappare, la donna ha finalmente deciso di rompere il silenzio.

Il Gip del Tribunale di Nola, Teresa Valentino, ha accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere presentata dalla Procura, segnando un decisivo punto di svolta nel caso. La giovane donna ha espresso il desiderio di vedere giustizia fatta: «Chiedo che venga punito per quello che mi ha fatto», ha dichiarato, evidenziando il lungo calvario e la paura che ha vissuto, temendo anche per la sicurezza della sua famiglia.

Questa vicenda sottolinea la tragica realtà della violenza domestica e l’importanza di supportare le vittime nel trovare la forza di parlare e denunciare i loro aggressori. L’arresto del giovane non solo mette fine a un ciclo di violenza, ma serve anche come monito sulle conseguenze legali che attendono coloro che sceglieranno di perpetrare tali crimini.

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