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Cronache

Il processo a Daniela Santanchè per truffa all’Inps viene sospeso: udienza rinviata in attesa della Consulta

Il giudice di Milano sospende il processo per truffa aggravata a carico della ministra Daniela Santanchè e di altri imputati. Si attende la decisione della Consulta sul conflitto di attribuzione sollevato dal Senato.

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Il processo per truffa aggravata ai danni dell’Inps che vede imputata la ministra del Turismo Daniela Santanchè, assieme ad altri quattro coimputati e due società del gruppo Visibilia, è stato sospeso.
La decisione è arrivata dalla giudice per l’udienza preliminare Tiziana Gueli del Tribunale di Milano, che ha accolto la richiesta dei legali della senatrice di Fratelli d’Italia, Salvatore Pino e Nicolò Pelanda, disponendo il rinvio dell’udienza al 20 febbraio 2026.

Il procedimento è stato “congelato” in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzionesollevato dal Senato nei confronti della Procura di Milano.
Il ricorso riguarda l’utilizzabilità di alcune prove — conversazioni, mail e chat — acquisite durante le indagini e ritenute dalla difesa coperte dall’autorizzazione a procedere parlamentare.

Le motivazioni della sospensione

La decisione della Gup è legata al voto espresso da Palazzo Madama il 24 settembre, con cui è stata approvata la richiesta di portare il caso davanti alla Consulta.
La giudice ha quindi accolto la richiesta di sospendere l’udienza, almeno fino a quando la Corte non si sarà pronunciata sul merito del conflitto tra poteri dello Stato.

Secondo la Procura di Milano, rappresentata dai pm Marina Gravina e Luigi Luzi, non vi erano però i presupposti per la sospensione: il ricorso del Senato non sarebbe ancora “pendente”, essendo stata approvata solo la delibera parlamentare e non ancora depositato formalmente l’atto alla Consulta.

Le accuse e il nodo delle prove

L’inchiesta riguarda presunte irregolarità nella gestione della cassa integrazione Covid da parte delle società Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria.
Secondo l’accusa, tra il maggio 2020 e il febbraio 2022 sarebbero stati ottenuti indebitamente circa 126 mila euro di fondi Inps, dichiarando in Cig 13 dipendenti che in realtà avrebbero continuato a lavorare.

La Procura ritiene che le prove — documenti, mail e testimonianze — siano pienamente utilizzabili e che dimostrino come i lavoratori risultassero in cassa integrazione pur proseguendo le attività aziendali.
La difesa, invece, contesta la legittimità dell’acquisizione di alcune conversazioni e comunicazioni della senatrice, sostenendo che si tratti di materiale coperto da immunità parlamentare.

I tempi della decisione

La prossima udienza del 20 febbraio sarà soltanto interlocutoria, utile a verificare se il ricorso del Senato sarà stato formalmente presentato e se la Corte Costituzionale avrà avviato l’esame.
Ma i tempi della Consulta, che variano da sette a dodici mesi, rendono probabile un congelamento del processo per quasi un anno.

Nel frattempo, la ministra Santanchè resta in attesa di capire se la vicenda giudiziaria avrà ripercussioni anche sul piano politico, in vista di un eventuale rinvio a giudizio che, per la titolare del Turismo, rappresenterebbe il passaggio più delicato della sua carriera.

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Cronache

Italia tra i Paesi più longevi d’Europa ma c’è anche un rischio di povertà

Secondo il rapporto Bes 2024 dell’Istat, l’Italia è tra i Paesi più longevi d’Europa ma con alti livelli di povertà, disuguaglianze economiche e scarsa occupazione femminile.

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L’Italia si conferma un Paese di contrasti. Secondo il Rapporto Bes 2024 dell’Istat, gli italiani (la foto Imagoeconomica è stata generata con sistemi di Ia) vivono più a lungo della media europea, ma affrontano condizioni economiche più difficili. L’aspettativa di vita alla nascita si attesta a 84,1 anni, contro gli 81,7 dell’Unione europea, collocando il Paese ai vertici della longevità nel continente.

Gli esperti spiegano il primato con fattori come la dieta mediterranea, le reti familiari, il clima temperato e l’accesso diffuso alle cure primarie. Ma la qualità della vita non va di pari passo con quella economica.


Povertà e disuguaglianze ancora superiori alla media europea

Nel 2024 il rischio di povertà in Italia ha toccato il 18,9% della popolazione, contro il 16,2% della media Ue, e la disuguaglianza del reddito netto si conferma più alta (5,5% rispetto al 4,7% europeo).

C’è però un lieve miglioramento nel lungo periodo: il divario tra il 20% più ricco e il 20% più povero si è ridotto da 5,8 nel 2014 a 5,5 nel 2023.


Lavoro e formazione: i punti deboli del Paese

Il rapporto Istat evidenzia “significativi svantaggi” nel mercato del lavoro: il tasso di occupazione in Italia è del 67,1%, 8,7 punti sotto la media Ue. Tra le donne, la distanza cresce: 57,4% contro il 70,8% europeo.

Anche l’istruzione resta un tallone d’Achille. Solo il 31,6% dei giovani tra 25 e 34 anni è laureato (contro il 44,1% nell’Ue27), e il 66,7% degli adulti ha un diploma di scuola secondaria di secondo grado (contro l’80,5% Ue).

Nelle professioni scientifico-tecnologiche, la quota di laureati è del 26,7%, 7,4 punti in meno della media europea.


Ricerca e innovazione in ritardo

Sul fronte dell’innovazione, l’Italia investe appena l’1,37% del Pil in ricerca e sviluppo, molto meno della media europea, che si attesta al 2,22%.

Un ritardo strutturale che penalizza la crescita e limita la competitività del sistema produttivo, nonostante il Paese continui a eccellere in alcuni settori manifatturieri e culturali.


Indicatori positivi: sicurezza e costo della casa

Non tutto è negativo. Il tasso di omicidi in Italia è tra i più bassi d’Europa — 0,6 ogni 100.000 abitanti contro lo 0,9 dell’Ue27 — e il sovraccarico del costo dell’abitazione risulta inferiore di 3,1 punti percentuali rispetto alla media europea (8,2% contro 11,3%).

In generale, su 39 indicatori europei analizzati, l’Italia presenta valori migliori in 11 casi e peggiori in 18, confermandosi un Paese povero ma longevo, dove la qualità della vita resta diseguale e ancora troppo legata al territorio, al genere e al livello di istruzione.

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Tragedia a Muggia: madre ucraina uccide il figlio di nove anni, il bambino era stato affidato al padre

A Muggia, in provincia di Trieste, una madre ucraina ha ucciso il figlio di nove anni tagliandogli la gola. Il bambino, affidato al padre dopo la separazione, era in visita alla donna.

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Una tragedia sconvolgente ha scosso la comunità di Muggia, alle porte di Trieste. Una donna di nazionalità ucraina ha ucciso il figlio di nove anni, tagliandogli la gola con un coltello all’interno della loro abitazione in via Marconi, nel centro cittadino.

L’allarme è stato lanciato nella serata di ieri dal padre del bambino, che vive fuori dal Friuli Venezia Giulia e non riusciva a mettersi in contatto con l’ex compagna. Quando la Squadra Mobile di Trieste è arrivata nell’appartamento, il piccolo era già morto.


Una famiglia seguita dal tribunale e dai servizi sociali

La vicenda familiare era nota ai servizi sociali ed era seguita anche dal tribunale minorile. Dopo la separazione, la custodia del bambino era stata affidata al padre, ma la madre aveva mantenuto il diritto di incontrare il figlio, secondo quanto stabilito dalle disposizioni del giudice.

I rapporti tra i due genitori erano difficili, come hanno riferito persone vicine alla famiglia. Ieri sera, l’incontro si è trasformato in tragedia.


Il corpo trovato in bagno, la madre in stato di choc

Quando i Vigili del Fuoco e gli agenti di polizia sono entrati nell’abitazione, il corpo del bambino era già senza vita da diverse ore e si trovava nel bagno di casa.

La donna è stata trovata in stato di choc e soccorsa sul posto. Gli inquirenti stanno ricostruendo la dinamica dei fatti e le eventuali motivazioni del gesto, mentre la Procura di Trieste ha aperto un’inchiesta per omicidio volontario aggravato.

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Inchiesta sui cellulari in carcere: perquisizioni ad Avellino, 18 indagati tra detenuti ed ex detenuti

I Carabinieri di Avellino e la Polizia Penitenziaria hanno eseguito perquisizioni nel carcere “Antimo Graziano” e in altre sedi: 18 indagati per uso illecito di cellulari in carcere, uno anche per stalking.

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I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Avellino, insieme alla Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale e al Nucleo Investigativo Regionale per la Campania, hanno eseguito un decreto di perquisizione locale e personale a carico di 18 indagati, tutti detenuti o ex detenuti dell’istituto penitenziario “Antimo Graziano” di Avellino.

Gli indagati sono gravemente sospettati del reato di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti (articolo 391 ter del codice penale). In un caso si procede anche per atti persecutori (articolo 612 bis).


L’operazione nel carcere “Antimo Graziano”

Le perquisizioni, disposte dalla Procura della Repubblica di Avellino, hanno interessato le celle ancora occupate dagli indagati con l’obiettivo di rintracciare e sequestrare dispositivi elettronici e schede SIM detenuti illegalmente.

Il provvedimento nasce da un’indagine condotta dai Carabinieri di Avellino a partire da febbraio 2025, mirata a contrastare il fenomeno dell’uso di smartphone e cellulari all’interno delle carceri, spesso utilizzati per comunicazioni non autorizzate o per accedere ai social network.


La rete dei contatti e i profili social

Le investigazioni hanno rivelato una vera e propria rete di telefoni connessi, una “connected cell” che consentiva ai detenuti di mantenere rapporti continui con l’esterno. Attraverso l’analisi di tabulati telefonici e telematici, spesso riferiti a utenze intestate a soggetti fittizi, gli investigatori hanno ricostruito il circuito relazionale dei detenuti, identificando familiari e amici contattati illegalmente.

Su alcuni profili social riconducibili agli indagati sono stati trovati messaggi e immagini di rilievo investigativo, che confermano l’uso illecito dei dispositivi per comunicazioni e attività potenzialmente criminali.


Un caso di stalking tra i reati scoperti

Le indagini hanno inoltre evidenziato che i telefoni venivano utilizzati anche per commettere altri reati. In particolare, un detenuto è risultato gravemente indiziato di atti persecutori ai danni della vedova dell’uomo da lui ucciso, utilizzando lo smartphone per continuare a molestarla anche dal carcere.

L’inchiesta resta aperta, mentre la Procura di Avellino valuta ulteriori sviluppi per accertare eventuali responsabilità all’interno dell’istituto penitenziario.

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