Il Patto Sporco tra Stato e mafia che nessuno racconta ovvero il delinearsi dei rapporti tra alcuni protagonisti della nostra democrazia oggi e i boss della mafia
Siamo un Paese strano. Ci abituiamo a tutto e a tutti. Abbiamo memoria cortissima. Ci dimentichiamo spesso chi siamo. Siamo un Paese senza memoria. Questo siamo. Scommetto che pochi, pochissimi di quelli che leggeranno queste poche righe e avranno voglia poi di ascoltare quello che ci dice il Pm Nino Di Matteo, ricordano la sentenza del 20 aprile di quest’anno (motivazioni depositate poi il 19 luglio) al processo detto della Trattativa tra lo Stato e la mafia. In quella sentenza che nessuno ha letto, pochi giornali hanno riportato (pochissimi) e molti telegiornali hanno raccontato, premurandosi di nascondere le notizie (si fa carriera, si diventa direttori e direttori generali con gli omissis e le omissioni ), ci sono brutture, tradimenti, aberrazioni, sangue di vittime innocenti sacrificate sull’altare della ragione di Stato. In quella sentenza c’è la peggio Italia che tutti quanti noi dovremmo conoscere per combatterla. Abbiamo paura della verità. Perchè sì, perchè è vero che in quella sentenza ci sono gravi condanne inflitte dalla Corte d’Assise di Palermo agli assassini mafiosi, agli uomini delle istituzioni che indossavano l’uniforme dell’Arma.
Ma non è quella, o meglio non è solo quella la notizia. No, quella è la parte processuale, penale della notizia. Quella che dovremmo conoscere noi, è la storia che c’è dietro quella sentenza. Il Patto Sporco. Il processo Stato-mafia raccontato da un protagonista inquirente che ha faticato, ha rischiato e rischia di essere ucciso per aver voluto indagare la verità, portarla davanti ad un Tribunale, far decidere ai giudici se l’Italia è stato un Paese che invece di sradicarla la mafia, distruggerla, talvolta ci ha fatto affari, talaltra ci ha fatto patti di non belligeranza.
Nino Di Matteo, dopo “Collusi” scrive “il Patto Sporco”. Lui è il pubblico ministero più seguito, perseguitato, vilipeso, scortato, insultato, rispettato, silenziato, lodato e lordato d’Italia. Ora è sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia. E che fatica c’è voluta per farla arrivare a Roma. E chissà se è un bene il fatto che sia stato mandato a Roma. Pure Giovanni Falcone fu promosso a Roma. Il principale guaio dei detrattori di Di Matteo è che lui non si sente un eroe. Perchè quello che ha fatto da magistrato, lui dice che l’ha fatto nel nome dello Stato di diritto. Certo, con grandi sacrifici. Ma chi è che non fa sacrifici in questo Stato? Purtroppo, i sacrifici li ha fatti non solo lui, ma anche quelli della sua famiglia. Eh sì, oggi Di Matteo ha “il primo livello di protezione eccezionale”. Che vuol dire? Che pure se va nel cesso, prima deve entrarci la scorta. E, udite udite, come tutti i profeti di sventura, certamente non è amato dalla mafia, ma non pare essere né ammirato nè ascoltato da chi avrebbe dovuto difenderlo: Associazione nazionale magistrati e Consiglio superiore della magistratura. Nella sua vita di pm scomodo, Nino Di Matteo non è mai stato insultato dai mafiosi. No, loro gli hanno “solo” promesso che lo uccideranno. Non sanno dove, non sanno come, non sanno quando, sanno però che lo faranno. I mafiosi a Di Matteo non l’hanno mai nè lordato con insulti, nè sparso veleni intorno per avvelenargli l’esistenza. Ad insultare Di Matteo ci sono un sacco di belle persone: accademici, opinionisti, giornalisti, magistrati. Perchè? E chi lo sa! Di Matteo quando indagava sul presunto patto tra Mafia e Stato raccoglieva prove. Sono quelle prove che fondano con chiarezza, nelle 5.252 pagine, le motivazioni della sentenza della Corte d’assise di Palermo presieduta da Alfredo Montalto e depositata il 18 luglio scorso. Potete leggere quella sentenza o potete leggervi l’ultimo libro di Nino Di Matteo, scritto con Saverio lodato, per Chiarelettere. È più o meno lo stesso schifo.
Nino Di Matteo, Saverio Lodato, «Il patto sporco» (Chiarelettere, pp. 207, euro 16)
E’ stato trovato morto l’ex marito di Klodiana Vefa, la donna di 37 anni uccisa la sera di giovedì scorso a Castelfiorentino, in provincia di Firenze. L’uomo, Alfred Vefa, sospettato dell’omicidio, che i carabinieri cercavano da due giorni, è stato trovato a in una zona isolata del comune di san Casciano in Val di Pesa: per i militari si è tolto la vita sparandosi con l’arma usata, verosimilmente, per uccidere anche la moglie.
Da quanto spiegato verso le 4, in una zona isolata del comune di San Casciano,in Val di Pesa, un cittadino ha segnalato un’auto sospetta, parcheggiata e abbandonata. I carabinieri intervenuti hanno constatato che era l’auto di Alfred Vefa. E” stata organizzata una rapida battuta nelle aree circostanti che ha portato poi alla scoperta, alle 6, del corpo esanime dell’uomo che – si apprende dagli inqurenti – si era tolto la vita sparandosi con l’arma usata, verosimilmente, per uccidere anche la moglie.
La Corte di Cassazione ha confermato nel tardo pomeriggio di ieri la condanna all’ergastolo per il 42enne Riccardo Pondi accusato di avere strangolato la moglie, la 31enne Elisa Bravi, nella notte tra il 18 e il 19 dicembre 2019 nella camera da letto della loro villetta di Glorie di Bagnacavallo, nel Ravennate. In primo grado l’uomo era stato condannato a 24 anni in quanto la Corte d’Assise di Ravenna – come riportato dalla stampa locale – aveva messo in equivalenza attenuanti e aggravanti. In appello a Bologna era arrivato l’ergastolo, ora confermato.
La difesa ha preannunciato che, una volta depositate le motivazioni, potrebbe rivolgersi alla giustizia sovranazionale per chiedere di chiarire alcuni dubbi. Fra questi, la capacità di intendere e volere dell’uomo – in carcere dall’arresto eseguito quella stessa notte dai carabinieri – sulla quale la perizia disposta Tribunale ravennate non aveva ravvisato lacune sebbene il 42enne poco prima dell’omicidio avesse espresso timore per un fantomatico avvelenamento ai suoi danni a opera della consorte.
La dolce vita di Michelle Obama: l’ex first lady Usa è stata fotografata a Portofino (Genova) con Tom Hanks e Rita Wilson su un motoscafo partito dallo yacht da 250 milioni di dollari di Steven Spielberg. Una giornata passata in acqua tra snorkeling e bagni di sole, secondo il Daily Mail che ha ottenuto le foto in esclusiva. Michelle, scrive il tabloid britannico, è da settimane in Europa senza il marito Barack Obama: prima della tappa italiana è stata fotografata a Madrid e a Maiorca. L’ultima volta che l’ex first lady è stata immortalata con Obama è stata a New York per l’apertura degli Us Open a fine agosto.