Un forte appello a non cadere nella trappola delle bustarelle, a non cedere “mai alla sporcizia della corruzione”, a scegliere sempre l’onestà: Papa Francesco ha scelto queste parole per arrivare dritto al cuore dei giovani congolesi. In 65mila lo hanno accolto e applaudito alla Stadio dei Martiri a Kinshasa. Ma i cori non sono solo di festa perché ad un certo punto, quando il Papa mette in guardia dalla corruzione, lo stadio esprime la sua protesta: “Fatshi yebela mandat esili”, “Fatshi (il soprannome del presidente Felix Tshisekedi), preparati, il tuo mandato è finito”. Le elezioni si terranno a dicembre. “Parlano di politica” spiega il giovane sacerdote che fa la traduzione per il Papa e che poi chiede ai giovani di cessare quel chiasso per consentire al Papa di portare a termine il suo discorso. Bergoglio, parlando di corruzione, ha toccato un tasto dolente nella Repubblica Democratica del Congo. Un giovane di Goma, quindici anni fa, perse la sua vita per opporsi alla corruzione. Floribert Bwana Chui era un volontario della Comunità di Sant’Egidio e venne ucciso per aver bloccato il passaggio di alimenti deteriorati. “Poteva lasciare andare, non lo avrebbero scoperto – ha commentato il Papa – e ci avrebbe anche guadagnato. Ma, in quanto cristiano, pregò, pensò agli altri e scelse di essere onesto”. Quella onestà per la quale chiede oggi un impegno ai giovani. Papa Francesco, senza tanti giri di parole, cita poi i tanti mali che affliggono la società congolese, dalla violenza alla stregoneria, dal tribalismo all’incapacità di perdonare. Dopo avere denunciato, nei primi discorsi in Congo, le potenze straniere che vengono qui in Africa solo per sfruttare e depredare il territorio, il Papa non rinuncia a chiedere ai congolesi, soprattutto ai giovani, di assumersi le loro responsabilità per cambiare il paese, “per portare quella pace che manca”.
Per il Pontefice occorre dunque prendere le distanze “dal regionalismo, dal tribalismo, che sembrano rafforzarvi nel vostro gruppo e invece rappresentano la negazione della comunità. Sapete come succede: prima si crede ai pregiudizi sugli altri, poi si giustifica l’odio, quindi la violenza, alla fine – ha avvertito il Pontefice – ci si trova nel mezzo della guerra”. Una chiamata alla responsabilità arriva anche nel secondo appuntamento della giornata, quello con i sacerdoti, i religiosi e le religiose del Paese, nella cattedrale di Notre Dame du Congo. “C’è un grande rischio”, ha avvertito, quello “di approfittare del ruolo che abbiamo per soddisfare i nostri bisogni e le nostre comodità”. “Allora, anziché di servire il Vangelo, ci preoccupiamo di gestire le finanze e di portare avanti qualche affare vantaggioso per noi”. Il Papa ha poi invitato a “vivere il celibato come segno di disponibilità completa al Regno di Dio”. E’ in Africa un tema delicato perché sarebbero non pochi i sacerdoti con figli. Fuori dalla cattedrale si è svolta una piccola protesta, circa venti persone, vittime di abusi da parte del clero. Avevano in mano i cartelli in varie lingue nei quali chiedevano un incontro al Papa. Tra gli organizzatori le associazioni americane Snap ed Eca da sempre critiche nei confronti di Papa Francesco sulla gestione della pedofilia.