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Il Nobel per la Pace agli attivisti anti-Putin

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Ucraina, Russia, Bielorussia: il comitato del Nobel per la Pace mette in primo piano i diritti umani e guarda alla societa’ civile dell’area di crisi che spaventa il mondo assegnando a sorpresa il prestigioso riconoscimento a tre nomi fuori dai listini quotati da media e bookmaker. Ales Bialiatski, dissidente bielorusso attualmente in carcere, l’ong ucraina Center for Civil Liberties e l’organizzazione russa Memorial sono stati scelti perche’ “hanno compiuto uno sforzo eccezionale per documentare i crimini di guerra, le violazioni dei diritti umani e l’abuso di potere. Insieme dimostrano l’importanza della societa’ civile per la pace e la democrazia”, nelle parole di Berit Reiss-Andersen, a capo del comitato per il Nobel. Una decisione che “vuole onorare tre eccezionali difensori dei diritti umani, della democrazia e della convivenza pacifica nei tre Paesi vicini Bielorussia, Russia e Ucraina”. La reazione di Mosca non si e’ fatta attendere: dopo aver chiuso Memorial alcuni mesi fa, la giustizia russa ha ordinato in serata il sequestro degli uffici dell’ong nella capitale. In pole, secondo le previsioni della vigilia, c’erano anche Greta Thunberg e l’Oms, in rappresentanza delle altre emergenze del pianeta, il cambiamento climatico e la pandemia da Covid-19. Ma era chiaro che i saggi di Oslo avrebbero guardato in primo luogo a Ucraina e dintorni. In molti avevano scommesso sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky e sul valore simbolico della sua resistenza all’invasione russa, ma gli eredi di Alfred Nobel non se la sono sentita di dare l’imprimatur della pace a una parte in guerra. La scelta, un segnale politicamente impeccabile, e’ caduta cosi’ su protagonisti dei tre Paesi coinvolti nel conflitto (anche se tecnicamente Minsk non e’ belligerante) dai curriculum senza sbavature. Biliatski, 60 anni, e’ un attivista per i diritti umani tra i fondatori dell’ong Viasna. Imprigionato nel 2011 dal regime di Aleksandr Lukashenko e liberato nel 2014, e’ stato di nuovo arrestato nel 2021 ed e’ tuttora in carcere. Il Comitato per il Nobel ne ha chiesto la liberazione. Il Center for Civil Liberties (Ccl), fondata nel 2007, e’ basato a Kiev e si focalizza sul monitoraggio dei crimini di guerra, delle persecuzioni politiche e degli abusi sui diritti umani in particolare dopo l’invasione russa del 2014 e del 2022. Memorial, in attivita’ dal 1989, e’ nata per documentare i crimini stalinisti ma anche le successive repressioni e violazioni dei diritti umani ed e’ fuorilegge dal 5 aprile di quest’anno, in base alle leggi putiniane, come organizzazione anti patriottica al servizio di Paesi stranieri. Il Nobel e’ arrivato mentre a Mosca era in corso l’ennesima udienza contro l’ong al tribunale di Tverskoy, che ha stabilito il sequestro delle sue sedi nella capitale “trasformate in beni pubblici”. Un messaggio di speranza, il Nobel 2022, che ha raccolto il plauso dei piu’ ma anche – come era infatti scontato – le critiche di Mosca e Minsk. Il Nobel per la Pace “e’ stato completamente screditato dalla decisione odierna”, ha commentato Valery Fadeyev, capo del Consiglio Presidenziale russo sulla Societa’ civile e i Diritti Umani. “Alfred Nobel si rivolta nella tomba” per “decisioni fondamentali cosi’ politicizzate”, ha detto a sua volta il portavoce del ministero degli Esteri bielorusso. Da Kiev, il capo del gabinetto della presidenza ucraina Andrii Yermak ha definito su Telegram il popolo ucraino “principale operatore di pace” mentre Mikhailo Podolyak, consigliere di Zelensky, ha parlato di “una curiosa concezione della parola pace” da parte del Comitato del Nobel “se i rappresentanti di due Paesi che hanno attaccato un terzo ricevono il premio per la pace insieme”. Di tutt’altro avviso Oleg Orlo, leader storico di Memorial. “E’ un onore ricevere il premio Nobel insieme all’ucraino Center for Civil Liberties. Noi siamo sotto pressione, loro sotto il fuoco del nostro esercito. E anche in queste condizioni continuano a lavorare”. “Felici e stupefatti” i dirigenti di Ccl che hanno chiesto, per bocca della presidente Olexandra Matviitchouk, di “creare un tribunale internazionale e portare davanti alla giustizia Putin, Lukashenko e altri criminali di guerra”. In silenzio, tra le mura della prigione, Bialiatski. Gli ha dato voce sua moglie, Natallia Pinchuk, che si e’ detta travolta dalla “commozione” e dalla “gratitudine”. Ai premiati sono giunte le congratulazioni del segretario generale dell’Onu Antonio Guterress che ha definito i gruppi della societa’ civile “ossigeno della democrazia e catalizzatori per la pace”. In un tweet, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha parlato di “eccezionale coraggio delle donne e degli uomini che si oppongono all’autocrazia”. E il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha scritto su Twitter che “il diritto di dire la verita’ al potere e’ fondamentale per societa’ libere e aperte”.

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Veto russo a bozza Usa contro armi nucleari nello spazio

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La Russia ha bloccato con il veto la risoluzione elaborata da Usa e Giappone sulla prevenzione delle armi nucleari nello spazio. La bozza intendeva “rafforzare e sostenere il regime globale di non proliferazione, anche nello spazio extra-atmosferico, e riaffermare l’obiettivo condiviso del suo mantenimento per scopi pacifici”. Il testo ha ottenuto 13 voti a favore, il veto della Russia e l’astensione della Cina.

Oltre a ribadire gli obblighi ai 115 Stati parte del Trattato sullo spazio extra-atmosferico – compresi tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – “di non posizionare in orbita attorno alla Terra alcun oggetto che trasporti armi nucleari o altre armi di distruzione di massa”. Mosca e Pechino volevano un emendamento che riecheggiava una proposta del 2008 delle due potenze, e aggiungeva un paragrafo che vietava “qualsiasi arma nello spazio”, ma e’ stato bocciato avendo ottenuto solo 7 voti a favore.

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Indagini sulla moglie, Sanchez valuta le dimissioni

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E’ un leader abituato alla resilienza, rimasto al timone nelle condizioni più avverse. Ma per Pedro Sanchez ha avuto l’effetto di una bomba di profondità la notizia, anticipata da El Confidencial, di un’indagine aperta dal Tribunale di Madrid nei confronti di sua moglie, Begona Gomez, sulla base di un esposto presentato dal sindacato di estrema destra Manos Limpias, che ipotizza presunti reati di abuso di informazione privilegiata e corruzione. Tanto che il premier, pur confidando nella giustizia, sta valutando l’ipotesi di dimettersi: una decisione sarà presa lunedì.

L’attività professionale della primera dama all’African Center dell’Istituto di Impresa privato IE University e all’Università Complutense, e sui presunti rapporti con alcune imprese destinatarie di appalti e fondi pubblici, da settimane era al centro di una campagna mediatica, cavalcata dal Partito Popolare e dall’ultradestra Vox, che hanno minacciato di citare Begogna Gomez anche nella commissione parlamentare d’inchiesta sulle presunte tangenti sulle forniture di materiale sanitario durante la pandemia, che scuote l’esecutivo socialista.

“In un giorno come oggi, e dopo le notizie che ho conosciuto, nonostante tutto, continuo a credere nella giustizia del mio paese”, aveva affermato, scuro in volto e in tono grave Pedro Sanchez stamattina durante il question time alla Camera, senza fare riferimento diretto all’inchiesta. Poi, in serata, ha rotto il silenzio, in una lettera di 4 pagine alla cittadinanza su X, in cui ha annunciato di aver “cancellato l’agenda” per un “periodo di riflessione” in cui rifletterà “se valga la pena” restare alla guida del governo, davanti “alla campagna di intimidazione e demolizione” mossa dal Partito Popolare e dall’ultradestra Vox nei confronti della moglie, che sta soffrendo assieme alla sua famiglia. Si tratta, scrive il premier, che cita di nuovo “la macchina del fango”, “di attacchi senza precedenti” per “tentare di abbattermi politicamente e personalmente attaccando mia moglie”.

“Arrivati a questo punto, la domanda che mi pongo legittimamente è: vale la pena tutto questo?”, si chiede il capo dell’esecutivo. L’esposto di Manos Limpias – che si autodefinisce un sindacato, fondato nel 1995 da Miguel Bernard, ex responsabile del gruppo di estrema destra Forza Nuova – è l’ultimo di una lunga serie di denunce presentate contro il governo e la sinistra e spesso finite nel nulla. L’ultima si basa su una serie di articoli pubblicati da quella che Sanchez chiama “una costellazione di testate dell’ultradestra” ed è relativo a presunte riunioni avute nel 2020 da Begona Gomez con i responsabili di Globalia, proprietaria della compagnia aerea Air Europa.

Poi destinataria di un finanziamento 475 milioni da parte dell’esecutivo spagnolo mediante il fondo creato durante la pandemia per il salvataggio di imprese strategiche. Gli inquirenti stanno anche esaminando due lettere di raccomandazioni che Gomez avrebbe fornito per una joint venture per un appalto pubblico, secondo El Confidencial. Il principale azionista della joint venture era il consulente Carlos Barrabes, che ha legami con il dipartimento gestito da Gomez all’Università Complutense di Madrid ed ha vinto il contatto, battendo altri 20 rivali, per 10,2 milioni di euro. L’indagine preliminare, aperta il 16 aprile dal tribunale madrileno, è stata secretata dal giudice che ha citato a dichiarare vari testimoni, fra i quali due giornalisti. Non è stata citata per ora la moglie del premier, ma lo sarà.

“Abbiamo smentito queste falsità mentre Begogna ha intrapreso azioni legali”, spiega il premier nella missiva. “Begogna collaborerà con la giustizia e difenderà la sua onorabilità”, assicura. Ma “sono state superate tutte le linee rosse” ed è necessaria “una riflessione”. Il partito popolare per bocca della vicesegretaria nazionale Ester Munuz, ha chiesto a Sanchez di dare spiegazioni. E la segretaria del partito ha accusato il premier di “vittimismo e di sparire per 5 giorni invece di dare conto”. In difesa del premier e della moglie è invece intervenuta la sua vice, Maria Jesus Montero: “Non permetteremo che queste pratiche trumpiane per coprire la corruzione nel Pp minino la democrazia spagnola”. I quotidiani della costellazione dell’estrema destra da settimane danno Pedro Sanchez in partenza per Bruxelles in vista di un ruolo di primo piano nelle nuove istituzioni comunitarie dopo il voto di giugno.

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Blinken: Usa-Cina gestiscano relazioni responsabilmente

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha invitato gli Stati Uniti e la Cina a gestire le loro differenze “responsabilmente”, iniziando oggi la sua visita nel Paese asiatico. “Abbiamo l’obbligo nei confronti del nostro popolo, e anzi nei confronti del mondo, di gestire le relazioni tra i nostri due paesi in modo responsabile”, ha detto Blinken a Shanghai incontrando il leader del Partito comunista locale.

Il segretario di Stato americano ha affermato che il presidente Joe Biden è impegnato nel dialogo “diretto e duraturo” tra le due maggiori economie del mondo, dopo anni di crescente tensione. “Penso che sia importante sottolineare il valore e anzi la necessità dell’impegno diretto, del parlarsi l’un l’altro; mettere in evidenza le nostre differenze, che sono reali, cercando di superarle”, ha detto Blinken. Il segretario del Partito comunista cinese per Shanghai, Chen Jining, ha dato il benvenuto a Blinken e ha parlato dell’importanza delle imprese americane per la città. “Sia che scegliamo la cooperazione o il confronto, influisce sul benessere di entrambi i popoli, di entrambi i paesi e sul futuro dell’umanità”, ha detto Chen.

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