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Il Napoli sprecone cerca un finalizzatore per completare la sua rosa: sarà Osimhen?

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Se la partita fosse finita ai punti sarebbe stata appannaggio del Napoli. Questa è una certezza. Ma si sa, per vincere occorre non solo macinare gioco, ma soprattutto segnare un gol in più rispetto all’avversario. Azzurri e rossoneri sono (con l’Atalanta) tra le squadre più in forma di quest’ultimo periodo: reduci da risultati positivi entrambe, si sono arrese al pareggio, complice magari anche un pizzico di stanchezza.
Ci teneva Rino Gattuso a ben figurare per la sua prima volta da avversario del Milan, la società che lo ha accolto per ben 16 anni, prima come giocatore e poi come allenatore. Ma il Napoli del post lockdown si permette il lusso di essere troppo sprecone: concretizza poco rispetto al gioco prodotto e nonostante la superiorità espressa in campo poi può anche rischiare di soccombere per qualche calo di concentrazione di troppo. Di contro può essere soddisfatto il Milan che ha ottimizzato le uniche occasioni che ha avuto.

Singolare l’errore di Callejon a pochi passi da Donnarumma al 19’: il numero 7 azzurro si fa parare un goal fatto e sul capovolgimento di fronte è in ritardo per la diagonale e subisce la marcatura di Hernandez. Sarà oggetto di studio questo episodio per Gattuso e senza dubbio lo mostrerà ai suoi, proprio per alzare l’asticella in vista della prossima stagione. Sempre in questa ottica continua il turnover dei giocatori per consentire di mettere a punto nuove strategie. Il mister conferma la fiducia a Lobotka dal primo minuto (in alternativa a Demme), regista rapido e di personalità.

Insigne e Mertens (che ieri ha incrementato il suo bottino personale siglando il goal numero 125) restano fondamentali e inamovibili. Lo dicono le sostituzioni del secondo tempo (con Lozano e Milik) che sono apparse non incisive, e dunque non hanno impattato sul gioco e sul risultato. Eppure il Napoli gli ultimi 8 minuti è stato in superiorità numerica per l’espulsione di Saelemaekers e avrebbe dovuto giocarsi il tutto per tutto.


Il tridente ‘leggero’, la vecchia guardia che dà spettacolo, quel trio composto da Insigne, Mertens e Callejon, merita la riconferma in toto per la prossima stagione. Ma fa bene il Napoli a corteggiare un centravanti di peso, che può essere oltre che valida alternativa, quel finalizzatore che ad esempio è mancato contro il Milan. E visto che Milik ha un rendimento incostante e in ogni caso è oggetto di mercato, pare che quel bomber tanto atteso – già incontrato sul golfo dal DS Cristiano Giuntoli – possa essere il nigeriano Victor Osimhen, 22 anni, astro nascente attualmente in forza al Lille Olympique Sporting Club.

Victor Osimhen

 

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La Lazio vince ma è la Juventus che va in finale di Coppa Italia

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Serviva la partita perfetta alla Lazio per passare il turno e rimontare lo svantaggio di due gol dell’andata. Lo è stata per 83 minuti, fino a quando la doppietta di Castellanos ha permesso ai biancocelesti di sognare. A svegliarli, però, ci ha pensato Milik con il sinistro sotto misura che fa la Juventus  sconfitta, per 2-1, ma felice e in finale di Coppa Italia. Tudor deve fare ancora i conti con le assenze di Provedel, Lazzari e Zaccagni ai quali si aggiunge all’ultimo minuto Kamada per un problema al polpaccio con il giapponese tenuto fuori a scopo precauzionale mentre Allegri sceglie Perin tra i pali e conferma i giustizieri dell’andata, Vlahovic e Chiesa. “I ragazzi ci credono” aveva avvisato Tudor in conferenza. E la Lazio lo dimostra subito passando alla prima vera occasione. Il calcio d’angolo battuto da Luis Alberto è perfetto per lo stacco di Castellanos, il protagonista più atteso, la sua incornata vale l’1-0, oltre ad essere benzina sul fuoco della speranza. Il gol scalda la fredda serata romana, l’Olimpico diventa incandescente spingendo i biancocelesti alla ricerca del raddoppio che significherebbe pareggiare il doppio svantaggio dell’andata. LJuventus a quasi rinuncia a giocare, l’unico acuto è firmato Vlahovic che, di sinistro, gira in area trovando il piede di Mandas a sbarrargli la strada. Ma è sul finale che Castellanos ha l’occasione giusta, sparando però addosso a Perin. All’intervallo Tudor toglie Gila e inserisce Patric. La ripresa, però, si apre così come era finito il primo tempo, solo che stavolta l’esito è diverso. Ancora Castellanos, ancora a tu per tu con Perin: stavolta l’argentino è freddo, il suo destro vale il raddoppio ma soprattutto pareggia i conti con l’andata. Si sveglia la Juventus che sfiora il gol con Vlahovic prima anticipato da Marusic sulla linea, poi impreciso con il destro. La Lazio sembra amministrare, Tudor getta nella mischia anche Immobile cercando di dare nuova linfa all’attacco laziale, Allegri risponde con il doppio cambio Milik-Yildiz. E’ la mossa vincente. Perché quando la prospettiva dei supplementari sembrava un’idea che le squadre iniziavano a prendere in seria considerazione, ecco l’acuto proprio di Milik che, sul tiro cross di Weah, devia in porta spegnendo i sogni laziali e proiettando la Juventus  alla finale, da giocare contro un tra Atalanta o Fiorentina, concedendo ad Allegri la possibilità di alzare un trofeo in una stagione che, ai bianconeri, può ancora regalare soddisfazioni.

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Osimhen: io non mi arrendo mai, mi impegno sempre al massimo

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“Io mi definisco determinato, penso di essere quel tipo di persona che non si arrende mai, in qualsiasi circostanza mi trovo. Cerco sempre di impegnarmi al massimo per raggiungere quello che mi sono prefissato”. Lo ha detto Victor Osimhen in un’intervista con la piattaforma digitale sullo sport Betsson Sport pubblicata su Youtube dal club azzurro. Osimhen parla di se stesso in un’intervista alla fine di una stagione amara per il Napoli, che sarà la sua ultima in maglia azzurra. I tifosi del Napoli “sono straordinari – spiega – quando devo cercare una parola per descriverli resto senza parole perché sono assolutamente travolgenti. E’ elettrizzante, una città così grande che prende il calcio così seriamente e il modo in cui i tifosi supportano la squadra è veramente da non credere. Per me è una sensazione fantastica, a Napoli sono i tifosi che rendono la quadra ciò che è. Il modo in cui tifano la squadra e ogni giocatore è davvero incredibile”.

Osimhen, autore quest’anno di 15 gol in 28 partite in una stagione che lo ha visto assente per due periodi, prima per l’infortunio e poi per la Coppa d’Africa, spiega il suo rituale prepartita: “Prima di tutto dico le mie preghiere – ha detto – visto che sono molto credente, e ascolto alcune canzoni che mi motivano. Poi, ripenso alla partita precedente, a tutti gli errori che ho fatto così da poterli correggere. Se non segno comunque provo ad aiutare la squadra, provo a difendere, provo a vincere e a combattere per loro sul campo”. Alla domanda sul momento importante che ha avuto nella sua carriera, Osimhen ricorda che “il momento chiave – ha detto – è quando ho firmato per lo Charleroi in Belgio.

Prima, quando mi sono trasferito al Wolfsburg, volevo tanto cominciare a giocare, ma anche imparare perchè mi sono trasferito come un giovane attaccante e avevo bisogno di tempo per trasformarmi nel giocatore e nell’uomo che volevo diventare. A quel tempo ho potuto giocare con grandi giocatori come Draxler, Schurrle, Guilavogui, venne anche Mario Gomez, per me è stata un’opportunità per imparare una o due cose da alcuni dei più grandi attaccanti di quel periodo. Poi mi sono trasferito in Belgio ma sono stato rifiutato da due club lì, prima che finalmente lo Charleroi mi offrisse un contratto. Quello è stato davvero il momento che mi ha fatto diventare il Victor Osimhen che vedete ora”.

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Scudetto Inter, pagelle: sorpresa Thuram, Dimarco al top

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Le pagelle dello scudetto nerazzurro – INZAGHI 10: gli avevano dato quasi l’obbligo di vincere lo scudetto e non sbaglia un colpo per centrare l’obiettivo, a volte anche sacrificando qualcosa in Champions.

La sua Inter non solo vince, come tante altre prima della sua, ma gioca pure un bel calcio: due cose che non sempre vanno di pari passo.

– SOMMER 7.5: sostituire Onana non era facile. Lo svizzero tuttavia ci è riuscito dando serenità all’intero reparto, senza quasi mai strafare ma garantendo sicurezze ai compagni.

– AUDERO 6.5: dalla retrocessione con la Sampdoria allo scudetto con l’Inter. Chiamato in causa due volte nelle sfide con Lecce ed Empoli, ne è uscito senza aver subito reti.

– DARMIAN 7.5: il soldatino quando c’è da vincere uno scudetto risponde presente anche in zona offensiva. Come nell’anno del tricolore con Conte, infatti, ha messo lo zampino in occasioni importanti contro Atalanta e Napoli.

– ACERBI 7.5: il caso Juan Jesus ha segnato l’ultima parte di stagione, in una annata in cui ha garantito comunque un rendimento alto segnando pure tre gol, con quello nel derby che vale lo scudetto.

– DE VRIJ 7: a tratti si è rivisto il difensore al top degli anni di Conte, senza far rimpiangere Acerbi (come l’anno scorso) quando è stato chiamato in causa.

– DIMARCO 8.5: ormai è tra i top mondiali del ruolo. Corse, chiusure, ma soprattutto rendimento elevatissimo quando c’è da attaccare tra assist e reti. Con la perla del gol da metà campo contro il Frosinone, così come quello da tre punti a Empoli. – DUMFRIES 7: meno devastante del solito, tanto da perdere (complice anche qualche infortunio) il posto da titolare a favore di Darmian sulla fascia destra.

– PAVARD 7.5: ci ha messo un po’ a entrare nei meccanismi di Inzaghi, quando però ci è riuscito non è più uscito dal campo, con impatto in ogni lato del campo. Non una sorpresa, considerando il livello del giocatore.

– BASTONI 8.5: limitarlo al ruolo di difensore è ormai quasi offensivo. Play “nascosto” nel sistema dell’Inter, si veste sempre più spesso pure da rifinitore anche con assist pesanti.

– CARLOS AUGUSTO 6.5: l’esterno capace di bruciare la fascia visto a Monza non si è ripetuto in nerazzurro, complice soprattutto il minutaggio ridotto. Ma, alla Darmian, ha sempre risposto presente.

– BISSECK 7: arrivato in estate in sordina e tra qualche dubbio, fin dalle prime uscite ha fatto vedere di avere le doti per poter vestire la maglia nerazzurra. Togliendosi pure lo sfizio di un paio di gol pesanti contro Lecce e Bologna.

– MKHITARYAN 8: il simbolo della sua stagione non è la doppietta nel derby di andata o uno dei tanti assist serviti ai compagni, ma la corsa di 60 metri per chiudere in scivolata su Thauvin sull’1-1 a Udine. La carta d’identità dice 35 anni, Inzaghi però se puo’ non se ne priva mai e non è un caso.

– CALHANOGLU 8.5: chiude la sua seconda stagione in doppia cifra in campionato in carriera al secondo anno da regista. Infallibile dal dischetto (e non è semplice come sembra), regala geometrie e distribuisce cioccolatini col suo destro vellutato.

– BARELLA 8: primi mesi sotto ritmo e sottotono (anche per problemi extracampo), poi però torna ad alzare i giri del motore e dimostra di essere uno dei centrocampisti top d’Europa. La fascia di capitano, indossata sempre più spesso e per la prima volta anche in nazionale, lo responsabilizza e lui risponde presente.

– FRATTESI 7.5: probabilmente si aspettava lui per primo un maggiore impiego. Ma i suoi minuti in campo si pesano, non si sommano: in rete nel derby d’andata, poi segna contro Verona e Udinese regalando i tre punti all’Inter sempre nel recupero. Una sentenza nel finale, un senso del gol inzaghiano (ma di Filippo, in questo caso).

– ASLLANI 6.5: Inzaghi si fida di più e il regista albanese ripaga la fiducia con prestazioni sempre solide, trovando tra l’altro il primo gol in nerazzurro nella delicata sfida contro il Genoa.

– SANCHEZ 7: “i campioni sono così”, disse dopo la rete decisiva con la Juventus nella Supercoppa italiana 2021. E in effetti la sua stagione è di chi ha i colpi da campioni: prima metà insufficiente, ultimi mesi da top riuscendo a colmare qualche passaggio a vuoto di Thuram e Lautaro.

– ARNAUTOVIC 6: doveva essere l’attaccante di esperienza capace di far riposare i titolari soprattutto in campionato, considerando che arrivava da due annate positive al Bologna. Invece, complici anche gli infortuni, non è riuscito ad avere alcun impatto.

– THURAM 9: arrivato in punta di piedi, già dopo poche giornate San Siro era ai suoi piedi grazie al gol da urlo nel derby. Se Lukaku è ormai nel dimenticatoio è merito del francese, che tra l’altro segna in faccia all’ex nerazzurro oggi alla Roma sia all’andata che al ritorno. Reti, assist, dribbling e giocate da campione, tutto tra l’altro a parametro zero.

– LAUTARO MARTINEZ 10: la stagione della consacrazione da bomber e anche da trascinatore. Fino a febbraio è in corsa per battere il record di gol di Immobile e Higuain, poi ha una lieve flessione ma poco importa, perché l’argentino alza il suo primo scudetto da capitano dopo una annata in cui dimostra di saper vedere la porta come pochi altri al mondo. Il tutto senza praticamente calciare rigori, forse il suo unico punto debole. In compenso anche quando non segna ci mette la garra di chi sa di dover essere d’esempio per i compagni: così è riuscito a trasformare le lacrime dopo lo scudetto del Milan nel 2021/22 nella festa per la seconda stella. – Di Gennario, Cuadrado, Sensi, Buchanan e Klaassen sv.

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