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Cronache

Il motto e i paramenti, i simboli del nuovo Papa

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Il ritorno della mozzetta rossa e dell’auto blu, il motto dedicato a Sant’Agostino e la scelta – momentanea – di restare al Palazzo del Sant’Uffizio. I simboli del nuovo Papa, Leone XIV, sono evidentemente legati alla tradizione, mantenendo però quel segno di continuità con Francesco nell’approccio al suo ministero. Sorridente, disponibile e affettuoso, Robert Francis Prevost non si nega alle strette di mano e ai selfie neanche quando, dopo una lunga giornata di conclave e la storica elezione al soglio pontificio, torna nel suo appartamento subito dopo l’elezione. “Resto un missionario”, ha sempre ripetuto nelle interviste. E quello spirito lo si ritrova anche nel motto scelto alla sua nomina da vescovo: “In Illo, uno unum” (in latino, “Nell’unico Cristo, siamo uno”). Una frase pronunciata da Sant’Agostino nel sermone Esposizione sul Salmo 127. Il suo stemma, al quale dal giorno dell’insediamento si aggiungeranno le tradizionali chiavi di San Pietro e la tiara papale, rappresenta un giglio mariano bianco su fondo azzurro – simbolo di purezza e innocenza – e un cuore sacro trafitto e adagiato su di un libro chiuso. Uno stemma che rimanda all’idea di una chiesa missionaria e mariana unità in Cristo disposta a impegnare sè stessa nel servizio del popolo cristiano.

Ieri, subito dopo l’elezione, ha riportato sulla loggia del palazzo Apostolico quella mozzetta rossa mandata “in pensione” da Papa Bergoglio. Ma alla sua prima messa di stamattina, davanti a tutto il collegio cardinalizio riunito nella Cappella Sistina, ha deciso di indossare l’essenziale casula che era stata donata all’Aquila a Papa Francesco nel 2022. Un semplice abito bianco con i simboli della Croce di Collemaggio, la basilica di riferimento della Perdonanza Celestiniana. Ai piedi le scarpe nere e sulle dita un unico anello, quello episcopale, in attesa di indossare – al momento dell’insediamento – quello del Pescatore. Per ora Prevost alloggerà nel suo appartamento al Palazzo del Sant’Uffizio, dove risiede dal 2023, da quando cioè Francesco lo nominò prefetto del Dicastero dei Vescovi. Lo stesso edificio – dove risiedono anche impiegati e dipendenti vaticani – raggiunto ieri sera a bordo di una berlina di colore scuro dove sedeva sul sedile posteriore, contrariamente a quanto avveniva con Bergoglio che amava stare accanto all’autista sull’ormai iconica 500 bianca. Con ogni probabilità, però, Sant’Uffizio sarà una scelta momentanea, in attesa che prendano il via i lavori di ristrutturazione al Palazzo Apostolico, come avviene ad ogni nuova elezione.

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Cronache

La piccola orsa trovata in Molise ha completato lo svezzamento

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L’orsetta Nina, trovata a maggio da sola nei pressi di Pizzone (Isernia) è stata trasferita in un ambiente più simile alle condizioni naturali in cui dovrà vivere una volta libera. Lo ha reso noto il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con un post sui canali social. “Nina era stata trovata nei pressi di Pizzone (Isernia) all’inizio di maggio – si legge nel post – allevata con l’obiettivo di essere reintrodotta in natura non appena le condizioni lo permetteranno. Sabato scorso, i tecnici del Parco, biologi e veterinari, hanno provveduto a trasferire Nina in una nuova struttura.

L’orsetta ha completato con successo lo svezzamento, seguendo il protocollo sviluppato con il supporto di esperti internazionali, sia europei sia nordamericani. Ora può vivere in un ambiente più adatto alle sue esigenze attuali, molto più simile a ciò che incontrerà una volta tornata libera. Si tratta di un ampio recinto immerso nella natura, dove potrà continuare a crescere e prendere peso”. Nel post si ricorda anche che il nome dato all’orsetta “è stato selezionato dopo il concorso lanciato in occasione della seconda edizione della giornata dedicata all’orsa Amarena. Abbiamo deciso di accogliere la proposta degli studenti dell’Istituto Comprensivo “Gesuè” di San Felice a Cancello (Caserta), che hanno suggerito proprio il nome Nina”.

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Cronache

Omicidio Giulia Tramontano, legali di Impagnatiello: nessun agguato, fu un errore dettato dal narcisismo

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Non un agguato pianificato, ma un delitto “maldestro”, frutto di “errori” e di una personalità narcisistica incapace di sopportare il crollo della propria immagine. È questa la linea della difesa di Alessandro Impagnatiello, l’ex barista dell’Armani Café condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, assassinata a Senago il 27 maggio 2023.

Mercoledì si apre il processo d’appello davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Milano. L’avvocata Giulia Geradini, che difende l’imputato, chiederà di riformare la sentenza di primo grado, sostenendo che l’omicidio non fu premeditato ma la conseguenza tragica di una relazione doppia che Impagnatiello “avrebbe voluto interrompere”, ma che non è riuscito a gestire, sopraffatto dalla necessità di preservare un’immagine pubblica costruita con cura.

Le richieste della difesa: escludere le aggravanti

La difesa punta a escludere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, non riconosciute dal gip Angela Laura Minerva già nella convalida del fermo, e chiederà il riconoscimento delle attenuanti generiche. Se accolte, queste richieste potrebbero ridurre la condanna a 30 anni.

Secondo l’avvocata, non ci sarebbe “alcuna prova” di un omicidio studiato nei dettagli: la dinamica sarebbe invece “grossolana e maldestra”, come dimostrerebbe il modo in cui Impagnatiello ha cercato di disfarsi del cadavere — bruciandolo con alcol e benzina — e di simulare la scomparsa della 29enne per quattro giorni, spostandone il corpo tra il box, la cantina e l’auto prima di abbandonarlo in un’intercapedine.

L’accusa: 37 coltellate e un corpo dato alle fiamme

La ricostruzione fatta dalla Corte in primo grado parla di 37 coltellate inferte tra le 19.05 e le 19.30 del 27 maggio. Un gesto di violenza estrema, seguito dal tentativo di cancellare ogni traccia, mentre il corpo della giovane, scopertasi poco prima tradita da una collega del compagno, veniva occultato per giorni.

A sostenere l’accusa in aula sarà la sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri, che si opporrà alla richiesta della difesa e chiederà la conferma dell’ergastolo.

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Attentati a commissariato e caserma CC per vendetta, un arresto

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Arrestato il presunto autore degli attentati incendiari avvenuti a febbraio scorso nelle sedi della compagnia carabinieri di Castel Gandolfo e del commissariato di polizia di Albano Laziale, vicino Roma. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati, del ROS, e gli agenti della Digos di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Velletri su richiesta della Procura, nei confronti di un 34enne di origine egiziana, regolare sul territorio nazionale e con precedenti di polizia. E’ accusato di strage politica, ovvero commessa allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato. Il movente sarebbe legato a un rancore profondo e persistente nei confronti delle forze dell’ordine locali, maturato nell’ambito di vicende personali.

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