Sempre, costantemente, la morte sul lavoro non conosce tregua. Anche nelle ultime ore continuano a circolare le notizie di altre vittime, ancora, senza tregua. Due giovani morti folgorati nella provincia di Vibo Valentia, nell’estremo Sud della nostra Penisola, mentre all’opposto, nell’Astigiano, il titolare di un’officina è morto schiacciato da una lastra di ferro che lo ha travolto assieme al figlio, rimasto ferito. Questo il quadro drammatico di tutta Italia, tragicamente quotidiano e drammaticamente non esaustivo, se si pensa a quanti lavoratori non regolarizzati si feriscono o muoiono nell’ombra. Eppure il lavoro è il mezzo attraverso il quale ogni individuo dovrebbe trovare il suo ruolo nella Società e così realizzarsi, perseguendo la felicità o quantomeno la serenità.

Invece, in disprezzo dell’articolo 4 della nostra Costituzione, che riconosce il “Diritto al Lavoro” come principio fondante della Repubblica, quando si ha la “fortuna” di averne uno, tropo spesso lo si lega allo sfruttamento, al ricatto e non di meno al dolore e persino alla fine dell’esistenza.

Chi come il sottoscritto difende questi moderni schiavi, vittime del mondo lavorativo lavoro, è costretto a leggere dati sempre peggiori, che non diminuiscono neanche in periodo di lockdown parziale o totale (dati ANMIL e Ministero Lavoro), in un momento dove l’attenzione e le precauzioni dovrebbero dunque essere priorità assolute. Per non parlare delle ulteriori lentezze del sistema Giustizia, che il Covid ha quasi paralizzato unitamente alla fondamentale attività degli Ispettorati del Lavoro. Così oggi,anche chi trova il coraggio di denunciare viene tradito due volte, prima dallo sfruttatore e poi dallo Stato che non garantisce opportuna tutela. Con la malavita organizzata che ringrazia ed approfitta di questo disastro sociale per guadagnare, giorno dopo giorno, sempre più terreno sulla Legalità.

Certo che con le politiche degli ultimi tre decenni qualcosa si è mosso, ma tantissimo c’è ancora da fare, soprattutto per rimuovere una resistenza culturale, dove il concetto di sicurezza sul lavoro troppo spesso è considerato solo come inutile costo d’impresa, aggravata dall’ italica propensione ad aggirare le normenell’illusoria e gretta convinzione di essere “furbi”. Poi però, quanto arriva il prezzo da pagare, troppo spesso ci si trova di fronte a situazioni irreversibili, irrecuperabili.

Una situazione sconvolgente, che tocca le corde più profonde del malessere della nostra nazione, dove l’offerta di una opportunità salariale diventa merce di scambio con la dignità personale. Del resto le peggiori campagne elettorali, dunque quasi tutte e ad ogni livello, sono state incentrate fin dalla nascita della Repubblica proprio sulla promessa di un impiego, da ultimo sempre meno mantenuta e così sostituita da quella del sussidio senza lavoro, dove anche una sacrosanta previsione di sostegno economico diventa neo assistenzialismo tutto nostrano, senza regole né controlli.

Così chi lavora paga per tutti. Pagano le partite IVA falciate dal fisco, pagano i lavoratori subordinati con stipendi non commisurati, e pagano gli operai, regolarizzati e non, che muoiono bruciati vivi, affogati o mutilati mentre eseguono il loro dovere, confermando che nel nostro Paese pagano tutti tranne quelli che devono pagare, mentre chi ruba, chi infrange le leggi, chi se ne frega, giunge finanche ad ostentare la capacità di vivere come un maledetto parassita o fuorilegge. Intanto chi si ribella al padrone, che ad esempio pretende indietro soldi dalla busta paga alla faccia dell’art. 36 della Costituzione (Diritto ad una retribuzione proporzionata e dignitosa), viene addirittura tacciato di “infamia”, e trattato come tale in un sistema dai valori capovolti, dove l’umiliazione deve addirittura provarla chi va a sgobbare o chi tenta di rivendicare un proprio basilare diritto. Con un aggravio di costi e difficoltà probatorie che premiano ancora una volta i furbetti di turno, finti falliti e miserabili giocolieri iper-garantiti da norme tutte sbilanciate in loro favore, che troppo spesso dimenticano i lavoratori, gli ultimi che dovrebbero essere i primi.