Se Lorenzo Insigne è il capitano del Napoli, Kalidou Koulibaly, già K2, ora è il Komandante (oltre che vice capitano). I gradi gli sono stati assegnati d’allenatore Luciano Spalletti in persona, gradi non militari o che implicano una gerarchia, gradi che significano mettere a disposizione dei compagni la propria esperienza, collaborare verso un unico obiettivo: fare bene per la squadra del Napoli per amore della maglia azzurra. Komandante sarà anche per il senso di affidabilità che dà, per ciò che esprime nelle sue dichiarazioni mai banali. Al tempo stesso Komandante per il ruolo nello spogliatoio: l’intesa di Kalidou con tutti i compagni (in particolare con Insigne, Mertens, Ghoulam e Fabian Ruiz) è molto forte: esempio di leadership positiva di chi ha a cuore un risultato ma soprattutto una intera città.
Koulibaly a Napoli è perfettamente integrato, come lui stesso ha dichiarato in un post su Instagram:
“Qui sono nati i miei figli, sono cresciuto come uomo e come calciatore, qui la mia famiglia ed io ci sentiamo a casa”.
La sua preziosa famiglia: Charline, la bella compagna che gli è accanto da anni e i due figli Seni di 5 anni e Nessa di 2. Il Komandante ama la musica nostrana al punto da farsi immortalare mentre canta “Cos Cos Cos” di Clementino con esclamazione finale…
“Sono napoletano”
Ma ha anche manifestato apprezzamento (ricambiato) verso alcuni artisti napoletani come Nino D’Angelo (che gli ha dedicato ‘Koulibaly Si a Vita Mi’) e Andrea Sannino. Anche nella musica le sue scelte hanno una logica soprattutto quando accompagnano le immagini che posta nelle sue storie su Instagram. Ama Youssou N’Dour (cantante e compositore senegalese che ha saputo imporre la musica africana sulla scena internazionale) ed è poi un grande estimatore del rap e dell’hip hop (Akon, Tory Lanez, Koffee, Drake…).
E ancora. Il rapper francese Tiakola è sbarcato a Napoli lo scorso settembre per girare il videoclip del suo brano dal titolo eloquente: “Etincelle (Maradona)”. L’artista ha girato il video nei pressi del murales dedicato a Diego Armando Maradona, e tra le varie immagini c’è anche la maglia numero 26 di Kalidou Koulibaly. Tutto torna.
E la squadra?
“Questo gruppo è uno dei più forti in cui ho giocato. L’anno scorso abbiamo affrontato tanti infortuni, ma siamo un gruppo di campioni e dobbiamo dimostrarlo in campo”
Se Koulibaly si sente napoletano è anche perché i tifosi azzurri non gli hanno fatto mai mancare il proprio sostegno e il proprio affetto. Come calciatore, come uomo, più di un fratello. Questo Kalidou lo sente, lo sa. A maggior ragione quando si sono verificati episodi incresciosi legati al razzismo nei suoi confronti. Come accadde dopo Inter-Napoli nel 2018, quando Koulibaly fu accolto allo stadio (allora San Paolo) dal pubblico con 10.000 maschere raffiguranti il suo volto. E gli attestati di stima per il Komandante non sono mancanti nemmeno dopo quanto è avvenuto di recente al Franchi di Firenze, con tutto il popolo partenopeo che ha fatto sentire la sua vicinanza al campione senegalese. Offese gravi e gratuite di un soggetto poi identificato che è stato punito con un daspo da tutti gli stadi per 5 anni.
“Mi dispiace per questo ragazzo, non ci ho dormito per due notti e ho anche pensato avessi sbagliato io. Mi piacerebbe incontrarlo per capire cosa sia successo nella sua testa. Vado avanti in questa lotta al razzismo, ci tengo tanto, spero che potremmo migliorare ancora”
Il cuore ferito di Koulibaly trova comunque spazio per la compassione. Ma la questione vera è che si spera proprio che tutto ciò – che va oltre il calcio – possa essere davvero risolto con interventi sostanziali (non solo chiacchiere) e soprattutto con il cambio della mentalità da parte di coloro che ancora oggi – nel 2021 – si lasciano andare a simili affermazioni e a provocazioni a sfondo razziale.
Il difensore azzurro è molto sensibile a certe tematiche (razzismo, emarginazione, solidarietà…) e segue con attenzione i casi più eclatanti come quelli meno noti o che avvengono in zone di periferia, provando sempre a spendere una parola positiva o a fare una buona azione per le persone in difficoltà. Tempo fa fu avvistato mentre regalava dei giacconi del Napoli ad alcuni immigrati bisognosi nei pressi di un semaforo nella zona di Agnano a Napoli.
Interconnessioni spontanee e inevitabili. Se nell’ultimo quarantennio si è instaurato un ponte forte tra Napoli e l’Argentina grazie a Diego Armando Maradona lo stesso ponte si sta delineando tra Napoli e il Senegal grazie a Koulibaly. Diego e Kalidou, si sono parlati varie volte in passato attraverso i social tanto che è sembrato come se il pibe de oro trasferisse al giocatore senegalese lo scettro di paladino per la lotta contro le discriminazioni e la tutela dei più deboli; l’argentino che tra il 1984 e il 1991 tante volte era stato accolto negli stadi – come capitano azzurro – con lo striscione “Benvenuti in Italia” qualche anno fa non ha perso occasione per mostrare tutto il suo apprezzamento verso il difensore. Diego e Kalidou legati visceralmente alla propria terra di origine ma allo stesso tempo a Napoli con grande senso di appartenenza per la città di adozione.
Koulibaly a proprio agio in Senegal e nel capoluogo partenopeo: un connubio di alchimie positive con la gente, con i compagni, con il gruppo di lavoro e il grande feeling con il mister, Luciano Spalletti (che non perde occasione per lodarlo e incoraggiarlo) e con il suo secondo, Francesco (detto Ciccio) Calzona – già presente nell’era di Maurizio Sarri – che dunque ha assistito e contribuito alla sua maturità tecnica e tattica. Il Komandante è tutto questo, anche di più.
Con Novak Djokovic grande assente, il Masters 1000 di Miami si profila come un nuovo duello tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. Un duello che si svolgerà a distanza dato che un’eventuale rivincita della semifinale di Indian Wells si potrà eventualmente vedere solo al match decisivo, con di nuovo Daniil Medvedev come possibile insidia. Il russo campione uscente è finito nella parte del tabellone dell’azzurro e quindi i due finalisti dell’Open d’Australia potrebbero affrontarsi in semifinale. Il sorteggio del torneo al via mercoledì prossimo non ha riservato grandi sorprese.
Sinner entrerà in campo al secondo turno e avrà di fronte il vincente della partita tra Cachin e un qualificato. Procedendo nel torneo, il n.3 al mondo potrebbe incontrare Paul o Tiafoe negli ottavi e Tsitsipas o Rublev nei quarti. Quanto agli altri azzurri, c’è attesa per rivedere Matteo Berrettini, arrivato in finale a Phoenix dopo sette mesi di stop. Il romano se la vedrà all’esordio con l’ex n.1 Andy Murray, il britannico che ha come principale obiettivo di tornare a vivere l’esperienza olimpica, un desiderio che lo accomuna a Djokovic, il quale ha spiegato la sua rinuncia al torneo in Florida con la volontà di concentrarsi a 38 anni sugli slam e sui Giochi di Parigi. Il primo incontro non sarà sul velluto per tutti gli altri italiani iscritti. Lorenzo Musetti incrocerà al via il russo Safiullin o un qualificato. Matteo Arnaldi se la vedrà con Arthur Fils, Lorenzo Sonego con Dan Evans. Luciano Darderi avrà di fronte il canadese Denis Shapovalov mentre Flavio Cobolli troverà un avversario che arriva dalle qualificazioni.
Parlare di prove generali per gli Europei è ancora presto, ma con la trasferta oltreoceano scatta ufficialmente la missione Germania 2024 dell’Italia visto che la sosta di marzo sarà l’unica finestra, da qui a giugno, che consentirà a Spalletti di sperimentare il gruppo che poi partirà per la spedizione continentale. Come con Lippi nel 2005, dunque, il ct azzurro torna negli Stati Uniti dove affronterà in amichevole Venezuela ed Ecuador. “Un modo per andare a rendere merito a 20 milioni di connazionali che sono là e ci aspettano e per provare da un punto di vista tattico quello che stiamo organizzando”, ha detto il ct alla vigilia della partenza per Miami. Un raduno cominciato nella Capitale sul campo del Cpo Giulio Onesti intitolato a Gianluca Viali con tre volti nuovi: Bellanova, Lucca e Folorunsho.
“E’ necessario che ci siano nuove figure e dobbiamo accoglierli a braccia aperte, nella nazionale la porta è aperta e non c’è nulla di blindato”. Ne sanno qualcosa Immobile e Scamacca, rimasti fuori dalle convocazioni, con il nodo centravanti che resta un tema in casa azzurra. “Ciro è importante per noi e per la Lazio, ma è in un momento in cui non riesce a esprimere il suo potenziale – ha chiarito il tecnico azzurro – Ora era giusto fare altre scelte”.
Netto anche su Scamacca che “è stato un periodo senza giocare e quando l’ho chiamato non ha espresso il meglio di sé stesso. Bisogna essere capaci di dimostrare da subito di essere al livello della Nazionale, visto che nella prima partita dell’Europeo ci giocheremo tutto”. Insomma, nonostante manchino tre mesi la testa è già in Germania. Intanto, in America, la nazionale incontrerà anche Chiellini e Cannavaro come testimonial azzurri ed a chi gli chiede se li vorrebbe anche all’Europeo come collaboratori Spalletti ha risposto con una battuta: “Non escludo niente, io da Buffon imparo ogni giorno – ha esordito – Se vengono ne stacchiamo un pezzo e li teniamo con noi”.
Spalletti è tornato anche sul tema delle Playstation in ritiro. A far infuriare il ct era stato qualche giocatore che prima della gara con l’Ucraina era rimasto sveglio fino a tardi per giocare. “Ho la certezza che sia successo, ma a me interessa che a una certa ora si dorma – ha tuonato in sala stampa dopo il primo allenamento del raduno al Giulio Onesti – Se uno vuole sputtanarsi il tempo come gli pare è libero di farlo, ma poi, non vengono in nazionale perché anche i videogiochi sono delle dipendenze”.
A chi giocò prima dell’Ucraina, però, ha dato una seconda chance perché, nonostante Spalletti non faccia i nomi, conferma che oggi sono convocati per il raduno. Chi non c’è, invece, è Cristante, ma la scelta è stata concordata. “Da tempo aveva bisogno di cure alla schiena, sennò sarebbe stato con noi – ha detto il ct – Noi non andiamo a distruggere i calciatori ai club”. Scopre, per la prima volta da quando allena l’Italia, invece, Lorenzo Pellegrini, rivitalizzato dalla gestione De Rossi, per il quale ha solo complimenti. “Daniele è stato bravissimo – ha raccontato – In alcuni momenti in panchina mi sembrava Carletto Mazzone quando esprime questo suo essere ancora un po’ calciatore un po’ allenatore. Ha fatto un lavoro eccezionale e non era facile”. Così come non sarà facile il suo di compito, con l’Italia che si presenterà in Germania da campione d’Europa in carica.
Le scuse immediate in campo e il ‘perdono’ in diretta tv di Juan Jesus non sono bastate ad evitare a Francesco Acerbi la bufera sollevata dall’espressione razzista che avrebbe usato ieri, giornata mondiale contro tutte le discriminazioni, nei confronti del giocatore del Napoli. Il primo contraccolpo è arrivato in mattinata, con la decisione del ct, Luciano Spalletti, di escludere il difensore dal gruppo della nazionale in partenza per gli Usa per una doppia amichevole in preparazione di Euro 2024. E se l’Inter annuncia un confronto col giocatore per chiarire l’accaduto, incombe un’inchiesta della Procura federale.
Le sanzioni previste per offese razziste prevedono minimo dieci giornate di squalifica, che significherebbero per il difensore campionato finito. Il nerazzurro afferma, lo ha detto al ct e anche poi ai microfoni, di non aver pronunciato frasi razziste, ma quanto avvenuto in campo al Meazza tra Acerbi e Juan Jesus è tutto da ricostruire, anche in base a quanto riferito dal brasiliano all’arbitro la Penna e al successivo referto. “Non mi sta bene, mi ha detto ‘sei un negro’ e questo non mi sta bene”, avrebbe detto con veemenza il giocatore del Napoli. Juan Jesus a fine partita ha poi smorzato, sostenendo che “in campo ci sta dire di tutto, lui ha visto che è andato oltre e ha chiesto scusa”.
Ma di fronte alla smentita di Acerbi di aver pronunciato frasi razziste, il difensore in tarda serata replica duramente: “Acerbi mi ha detto ‘vai via nero, sei solo un negro’. In seguito alla mia protesta con l’arbitro ha ammesso di aver sbagliato e mi ha chiesto scusa aggiungendo poi anche: ‘Per me negro è un insulto come un altro” le frasi affidate a un post su Instagram. “Per me la questione si era chiusa e sinceramente avrei preferito non tornare su una cosa così ignobile come quella che ho dovuto subire. Oggi però leggo dichiarazioni di Acerbi totalmente contrastanti con la realtà dei fatti. Così non ci sto, il razzismo si combatte qui e ora” L’autodifesa di Acerbi certo non è bastata a chiudere la vicenda, specie a fronte di un giocatore chiamato solo poche ore dopo a rappresentare l’Italia.
E stamattina, nel raduno a Roma, Acerbi si è trovato a fornire la propria versione al ct e ai compagni di squadra sulla presunta espressione razzista spiegando che non c’era da parte sua “alcun intento diffamatorio, denigratorio o razzista”. L’esclusione però è arrivata inevitabile, “per garantire la necessaria serenità alla Nazionale e al calciatore”, ha spiegato la Figc. Spalletti dal raduno si è detto molto dispiaciuto di dover decidere per questioni simili, ma anche che “bisogna stare attenti quando denunciamo un episodio del genere”. “Abbiamo visto Francesco in difficoltà – ha concluso – ma bisogna stare attenti ai nostri comportamenti”. Acerbi ha lasciato quindi il raduno – al suo posto è stato convocato il giallorosso Gianluca Mancini – ed è partito per Milano, mentre l’Inter faceva sapere di “aver preso atto della comunicazione della Figc” e di riservarsi di avere “quanto prima un confronto con il proprio tesserato al fine di far luce sulle esatte dinamiche”.
Intercettato all’arrivo in stazione Centrale, Acerbi ha dato la sua versione: “Frasi razziste dalla mia bocca non sono mai uscite. Sono 20 anni che gioco a calcio e so quello che dico. Sono tranquillo”. Secondo il suo agente, Federico Pastorello, ieri c’è stato “un diverbio in campo ma senza usare un’espressione o una frase razzista: è stato uno scontro di gioco, poi magari c’è stata una parola al posto di un l’altra, ma la parola ‘negro’ non è stata usata”. Il Napoli non si è espresso direttamente sulla vicenda, ma sul profilo twitter ufficiale è stato pubblicato un video dal titolo “Da Napoli al mondo, gridatelo ad alta voce: no al razzismo”, con i calciatori azzurri inquadrati in primo piano che dicono nella rispettiva lingua frasi contro il razzismo. Poi la versione di Juan Jesus, che è dura: ‘Ho subito una cosa ignobile’.