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Politica

Il Governo corregge i conti, “ora procedura è ingiustificata”

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Alla fine il governo corregge i conti. Non solo registrando con l’assestamento il miglioramento del quadro dei conti pubblici, ma anche con l’approvazione di un decreto ad hoc con cui l’esecutivo ritiene di essersi riportato in linea con il Patto di stabilita’, e di aver creato le condizioni “per rendere ingiustificato l’avvio di una procedura di infrazione per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia”. I numeri del Mef promettono, per portare l’aggiustamento strutturale dei conti a 0,3 punti percentuali, un taglio dell’indebitamento netto di 7,6 miliardi. Congelando da subito un miliardo e mezzo dai due maxi-fondi per reddito di cittadinanza e quota 100, e destinando tutti i risparmi da qui a fine anno sulle due misure-bandiera al “miglioramento dei saldi di finanza pubblica”. Forte anche dello scudo del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, contro l’apertura di una procedura di infrazione Ue sull’Italia, l’esecutivo ha accompagnato l’assestamento con un provvedimento urgente per blindare il disavanzo di quest’anno che dovrebbe fermarsi, stando alle nuove previsioni, al famoso 2,04 previsto nell’accordo con Bruxelles di dicembre, con una correzione rispetto al 2,4% che era stato indicato ad aprile a causa della brusca frenata della crescita. Aiuta anche un saldo netto da finanziare “in sensibile miglioramento rispetto alle previsioni iniziali” della scorsa legge di bilancio, con un saldo netto da finanziare visto a poco meno di 20 miliardi e un avanzo primario stimato in 49,2 miliardi. La correzione vera e propria si limita comunque al 2019 e bisognera’ vedere se sara’ sufficiente per scongiurare l’apertura della procedura. A Bruxelles era tutto pronto, ma il caos sulle nomine ha fatto slittare anche la riunione del collegio dei commissari, che deve decidere se raccomandare o meno all’Ecofin una procedura di infrazione per deficit eccessivo basata sull’alto debito. I commissari potrebbero riunirsi comunque entro la settimana, per passare il dossier ai Paesi il prossimo 8 e 9 luglio quando sono in programma le riunione dei ministri finanziari. In quella sede si potra’ anche valutare di dare credito all’Italia e di posticipare all’autunno la decisione definitiva, quando saranno chiari anche i programmi del governo gialloverde per il prossimo anno. Il governo da un lato cede quindi, scrivendo in modo esplicito per decreto che le risorse non spese per reddito e quota 100 non andranno ad altre spese ma alla causa del deficit, ma non prende impegni espliciti per il 2020, come invece auspicava la commissione e come ha ribadito il commissario al Bilancio, Guenther Oettinger.

“Bisogna vedere – ha detto uno dei ‘falchi’ – se, in questi giorni, gli italiani soddisferanno le richieste della Commissione per quanto riguarda sia le entrate sia le uscite del progetto di bilancio per il 2020. Se non lo faranno, non avremo margini di manovra per evitare la procedura di infrazione”. Tra maggiori entrate – grazie anche al buon andamento della fatturazione elettronica e ai successi della lotta all’evasione – e le maxi cedole incassate dalle partecipate di Stato, tutte voci una tantum, con l’approvazione del ddl per l’assestamento del bilancio si mettono intanto in cascina circa 4 miliardi, cui si aggiunge il miliardo e mezzo congelato e anche gli eventuali ulteriori risparmi che fonti di governo quantificano oltre i 7 miliardi. Anche il fabbisogno, che segna un ribasso di circa 8 miliardi rispetto ai primi sei mesi del 2018, lascia intuire quello che il premier, Giuseppe Conte, non ha mai smesso di predicare in questi giorni, e ha ribadito anche stamattina: “I numeri sono positivi”, ha detto, “confido sempre di poter” evitare la procedura. A stretto giro e’ arrivato anche il sostegno di Mattarella: “Noi crediamo che la procedura di infrazione non abbia ragione di essere aperta”, ha scandito il capo dello Stato citando i risultati positivi gia’ raggiunti anche nel 2018 in confronto alla perfomance del 2019.

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Meloni sente anche Musk, doppio asse con la Casa Bianca

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Poche ore dopo aver espresso le sue congratulazioni a Donald Trump, Giorgia Meloni ha sentito al telefono “l’amico” Elon Musk. È il doppio asse su cui la premier potrà contare nei rapporti con la nuova Casa Bianca, convinta che se ha lavorato “bene” con l’amministrazione Biden, potrà farlo “benissimo” con quella repubblicana. Da una parte si confronterà a livello istituzionale con un presidente conservatore, con ricette affini a quelle del suo governo. Dall’altra, come si ragiona in ambienti di governo, avrà nel magnate che guida Tesla, X e SpaceX una sorta di tramite politico parallelo all’establishment di Washington e alle diplomazie.

Non è un caso se negli ultimi mesi la premier ha voluto costruire un solido rapporto con Musk, tra il primo faccia a faccia a Palazzo Chigi il 15 giugno 2023, l’invito ad Atreju pochi mesi dopo, e l’ultimo incontro a fine novembre a New York, dove è stato proprio il magnate a consegnarle il “Global Citizen Award 2024” dell’Atlantic Council. “Sono convinta – ha scritto la presidente del Consiglio nel tweet sulla telefonata con Musk – che il suo impegno e la sua visione potranno rappresentare un’importante risorsa per gli Stati Uniti e per l’Italia, in uno spirito di collaborazione volto ad affrontare le sfide future”. Con potenziali risvolti non solo sul dossier dell’Intelligenza artificiale ma anche industriali. Negli ultimi mesi ci sono state trattative fra il governo e Tesla per la produzione in Italia di camion e furgoni elettrici.

E l’esecutivo spera vada in porto l’accordo con Starlink, la costellazione di satelliti di SpaceX per fornire servizi internet a banda larga nelle aree scarsamente servite da altre reti. Un appalto finito al centro di un’inchiesta per corruzione in cui è indagato anche il braccio destro di Musk in Italia, Andrea Stroppa. Che ha rilanciato il tweet di Meloni affermando che “l’Italia può e deve ritagliarsi un ruolo da protagonista nei settori del futuro.

Diventare il partner europeo privilegiato deve essere l’obiettivo”. Nella telefonata con Trump, che sarebbe stata fra le prime con i leader di altri Paesi, dopo quelli di India, Cina, Arabia Saudita, Francia e Israele, Meloni ha invece concordato “sull’opportunità di mantenersi in stretto contatto”. Non solo sulle crisi internazionali. Fra i primi capitoli da affrontare per Roma c’è quello dei dazi commerciali. In quest’ottica il ministro degli Esteri Antonio Tajani conta di recarsi appena possibile a Washington per sminare a inizio anno con la nuova amministrazione quello che è considerato un serio pericolo per l’export italiano.

Anche Matteo Salvini, il leader di centrodestra che più ha esultato per il successo di Trump, ha in preparazione un viaggio oltreoceano. Non è escluso possa farlo anche prima del giuramento del nuovo presidente. Difficile ancora prevedere in quale periodo del 2025 sarà la visita di Meloni alla Casa Bianca. Intanto la premier, con una breve missione a Baku mercoledì prossimo, avrebbe deciso di partecipare alla Cop29, sul cui esito aleggia l’elezione di Trump. Le opposizioni le chiedono se intende seguire il successore di Biden sulla linea dell’uscita dall’Accordo di Parigi. Si profila invece un allineamento sul nucleare. “Anche 10 nuovi reattori in America – ha twittato Musk in queste ore – sarebbero una gran cosa”.

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Economia

Giorgetti ottimista sul Pil apre a modifiche su manovra

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L’incertezza che domina l’economia internazionale richiede all’Italia scelte di bilancio prudenti ma non fiacca l’ottimismo sul Pil. Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (foto imagoeconomica  in evidenza) c’è ancora spazio per crescere più di quello che vedono previsori come Bankitalia o Upb, perché nell’ultima parte dell’anno il Pil dovrebbe tornare in espansione, dopo lo stallo del terzo trimestre. Bisogna comunque mantenersi cauti, perché i vincoli europei non lasciano troppi margini, però la manovra non è immutabile: fatto salvo l’impianto e i principi dietro ogni norma, su alcune si può lavorare assieme al Parlamento, accogliendo qualche richiesta di modifica.

Dal blocco del turnover per le forze dell’ordine ai revisori del Mef nelle aziende che prendono contributi pubblici, il ministro apre a modifiche, seppur limitate che comunque non soddisfano le opposizioni. “Non sarei stupito da una revisione al rialzo delle stime preliminari del Pil 2024”, ha detto Giorgetti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, chiudendo il ciclo di audizioni sulla legge di bilancio 2025. “L’Italia è forte”, ha ribadito anche la premier Giorgia Meloni parlando agli industriali di Brescia e Bergamo e invitandoli a “fare squadra”. Per il ministro dell’Economia le prospettive di crescita a breve termine sono dunque “ancora incoraggianti” e i modelli che utilizza il Tesoro per fare le previsioni vedono un Pil in espansione nel trimestre finale dell’anno, grazie al recupero della domanda estera e alla ripresa dei consumi che prosegue.

Del resto negli ultimi anni “il sistema economico italiano ha mostrato una tenuta superiore alle previsioni di molti”, e “le stime iniziali di crescita del Pil dell’Istat sono state successivamente riviste al rialzo in misura inedita”. La speranza è che accada ancora. Certo, non c’è spazio per ampliare la manovra. Tanto che risulta “ambizioso” anche il target del 2% di spesa richiesto dalla Nato, che sarà mancato per i prossimi tre anni. Nel 2025 si fermerà all’1,57%, nel 2026 all’1,58% e nel 2027 all’1,61%. La spesa va tenuta sotto controllo perché, spiega Giorgetti, è l’unico modo per affrontare “il fardello del debito” che con i suoi interessi ogni anno toglie 45 miliardi a scuola, pensionati, sanità. Dati gli spazi ridotti che richiedono prudenza, il ministro difende le scelte del governo. Ricorda che la priorità è stata data alle famiglie di reddito medio basso e ai lavoratori dipendenti, e quindi “sorprende” che le critiche “vengano proprio dai sindacati”.

Sulla sanità ribadisce che la spesa sale più del limite fissato nel Psb, e per gli enti locali non ci sono tagli ma solo accantonamenti che restano nella loro disponibilità. Anche i tagli del fondo automotive non toccano “le imprese che vogliono riconvertire”, ma rottamazioni e incentivi all’acquisto di auto elettriche prodotte in Cina o altri Paesi. Con la fine delle audizioni sulla manovra si passa alla fase delle modifiche al testo. I partiti dovranno presentare i propri emendamenti entro lunedì prossimo, da cui selezioneranno quelli irrinunciabili (o segnalati) il 18 novembre. Giorgetti indica già le strade percorribili e si dice “apertissimo”, ad esempio, a modifiche sui revisori del Mef nelle società che prendono contributi pubblici, purché si mantenga il principio che “chi riceve il contributo dello Stato deve avere un comportamento parsimonioso”.

Modifiche possibili anche sulla tassa per le crypto che dal 26% passa al 42%, contestata proprio dalla Lega: per Giorgetti si può pensare a forme di tassazione diverse rispetto alla permanenza in portafoglio degli investimenti. Sul blocco del turnover il ministro invece chiede al Parlamento di indicare i settori per i quali non è giustificato, come la sicurezza. Non chiude la porta nemmeno sui tagli alla metro C di Roma. Ma la situazione è complessa, perché “manca la progettazione definitiva” di cui il Mef ha bisogno per stanziare i fondi. Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri contesta il taglio, e spiega che non si può separare il finanziamento della progettazione da quello della realizzazione perché “implicherebbe un aumento di tempi e costi”. Giorgetti non ha preclusioni: “E’ un’opera meritoria, vediamo come organizzarci in modo che gli stanziamenti vengano fatti”. Purché “non si bruci spazio fiscale a scapito di altro”.

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Politica

Assistenza sanitaria per i senza fissa dimora è legge

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– Nell’Aula del Senato si approva all’unanimità con 130 sì il disegno di legge, a prima firma Marco Furfaro (PD), che punta a garantire l’assistenza sanitaria ai senza fissa dimora. Il provvedimento, già approvato alla Camera, è definitivo. Il provvedimento è volto a colmare “un vuoto di tutela”, ritenuto in contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione e con i princìpi ispiratori della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, in base ai quali l’assistenza sanitaria andrebbe garantita a tutti coloro che risiedono o dimorano “nel territorio della Repubblica, senza distinzione di condizioni individuali o sociali”. I senza dimora, infatti, attualmente sono nell’impossibilità di essere iscritti al Servizio sanitario nazionale e di scegliersi un medico di medicina generale. Il testo si compone di 3 articoli.

Il primo istituisce un Fondo, di un milione di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, per finanziare un programma sperimentale, da attuarsi nelle città metropolitane, per “assicurare progressivamente il diritto all’assistenza sanitaria” ai senza dimora e per consentirgli di iscriversi nelle liste degli assistiti delle aziende sanitarie locali; di scegliersi un medico; di accedere ai LEA (ossia alle prestazioni incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza). Il Fondo sarà ripartito tra le Regioni, “sulla base della popolazione residente nelle città metropolitane presenti nei rispettivi territori”, con un decreto ministeriale da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, previa intesa in Conferenza Stato-Regioni e sentite le associazioni di volontariato e di assistenza sociale “più rappresentative”.

L’ISTAT, si spiega nella relazione, fa riferimento a 14 città metropolitane: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia. Lo schema di questo decreto attuativo dovrà essere trasmesso alle Camere per i pareri delle Commissioni competenti che dovranno pronunciarsi entro 20 giorni. L’articolo 2 prevede che, a partire dall’anno successivo a quello di entrata in vigore della legge, entro il 30 giugno di ogni anno, il Governo presenti alle Camere una relazione sullo stato di attuazione del provvedimento, con particolare riferimento: al numero dei senza dimora iscritti negli elenchi delle Aziende Sanitarie Locali di ogni Regione; al numero e alla tipologia delle prestazioni erogate in favore dei senza dimora; alle eventuali criticità emerse; ai costi effettivamente sostenuti. L’articolo 3 riguarda le modalità di finanziamento del Fondo.

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