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Cronache

Il Festival di Sanremo blindato da un contingente di 370 unità

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Sarà presidiato ogni giorno da un contingente operativo di circa 370 appartenenti alle forze dell’ordine il 75/o Festival di Sanremo (11-15 febbraio). È questo il dato più significativo sulla sicurezza della manifestazione canora pianificata dal Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal prefetto di Imperia Valerio Massimo Romeo e del quale fanno parte, oltre ai vertici delle forze di polizia, anche rappresentanti degli enti interessati. Gli altri aspetti della sicurezza sono: il controllo preventivo sugli spettatori del Teatro Ariston; l’istituzione dell’ormai tradizionale zona rossa, alla quale si potrà accedere dopo controllo documentale e con il metal detector e l’istituzione da parte del prefetto di un Nucleo operativo permanente, che avrà sede in commissariato. “Abbiamo disposto una serie di controlli mirati – dichiara il prefetto – che riguardano innanzitutto la cosiddetta zona rossa, la quale sarà interdetta al pubblico, comprendente piazza Colombo, teatro Ariston, via Matteotti, via Mameli e piazza Borea D’Olmo”.

L’accesso verrà garantito da 10 varchi, che saranno vigilati per tutta la settimana del Festival da forze dell’ordine e steward Rai. Saranno sottoposti a controllo sia le persone che borse o valigie al seguito. “Chi abita in zona rossa – prosegue il rappresentante di governo – potrà accedere, dimostrando di essere residente mentre chi lavora avrà priorità di ingresso, esibendo un pass munito di timbro e foto che viene rilasciato dalla polizia municipale”. Discorso a parte per gli spettatori delle serate del Festival che sono sottoposti a un doppio controllo. Il primo è di tipo preventivo. Per acquistare un biglietto, infatti, è necessario compilare un form nel quale è inserito il proprio nominativo trasmesso alla questura prima del rilascio del titolo di ingresso per una verifica sulla persona. Il secondo controllo sarà quello ai varchi della zona rossa. L’obiettivo è garantire che chiunque entri nel perimetro del Festival non rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico, in pratica non sia un soggetto pericoloso. “Gli spettatori del teatro Ariston, che ha un numero di 1.332 posti, un po’ meno rispetto all’agibilità (per ragioni scenografiche alcuni posti sono stati temporaneamente eliminati), dovranno essere sottoposti a un approfondito controllo”.

In più la Prefettura ha disposto controlli nelle zone maggiormente interessate dai flussi di ingresso a Sanremo, come la stazione ferroviaria, i caselli autostradali e l’Aurelia. “In merito a questa tipologia di controlli rafforzati, che saranno effettuati da Polizia stradale e Polfer – prosegue il prefetto – applicheremo le indicazioni fornite dal ministro Piantedosi, consistenti nell’allontanamento di quei soggetti con gravi precedenti penali o pericolosi per la pubblica sicurezza”. Novità di quest’anno è la creazione di un Nucleo operativo permanente: “Si tratta di un Comitato più ristretto rispetto a quello per l’Ordine e la Sicurezza pubblica, composto da rappresentanti delle forze dell’ordine e della Capitaneria di porto, più il responsabile della sicurezza Rai. Avrà il compito di monitorare, giorno e notte, le direttive impartite dal Prefetto e dal Questore e di comunicare immediatamente qualsiasi notizia che sia utile sotto il profilo della sicurezza, consentendo, se necessario, la tempestività degli interventi. Inoltre, potrà esaminare le centinaia di telecamere del servizio di videosorveglianza cittadino”. In ultimo, il controllo dell’ordine pubblico via mare sarà garantito dalle unità navali della Guardia di Finanza, mentre la Capitaneria si occuperà di sicurezza della navigazione. A questo si aggiungono le ordinanze comunali riguardanti, ad esempio, il divieto di sorvolo e la viabilità.

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Cronache

Strage Erba, la Cassazione: no alla revisione del processo per Romano e Bazzi

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I giudici della Corte di Cassazione hanno respinto il ricorso presentato da Olindo Romano e Rosa Bazzi, per la riapertura del processo sulla strage di Erba per cui i due coniugi sono stati condannati all’ergastolo. Il processo quindi non verrà riaperto e i due coniugi resteranno in carcere. Le tre fasi di giudizio, che hanno confermato l’ergastolo per Olindo Romano e Rosa Bazzi quali autori della strage di Erba hanno, secondo i giudici dell’Appello e ribadito poi dal procuratore capo di Como, che respinsero l’istanza di revisione, evidenziato “la correttezza dell’operato” del pm e dei carabinieri che “nella fase delle indagini preliminari, hanno raccolto prove materiali, documentali, dichiarative, scientifiche e logiche incontestabili” e “non certo le sole confessioni”.

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L’omicidio di Diabolik, killer condannato all’ergastolo

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Carcere a vita per il killer di Fabrizio ‘Diabolik’ Piscitelli, l’ultras della Lazio ucciso a Roma in un agguato nell’agosto del 2019. E’ quanto hanno deciso i giudici della terza Corte d’Assise dopo oltre cinque ore di camera di consiglio. Ergastolo ma non aggravante del metodo mafioso per il cittadino argentino noto come Raul Esteban Calderon ma la cui vera identità, secondo quanto emerso nel corso del processo, è quella di Gustavo Aleandro Musumeci. Un blitz di morte messo in atto in pieno giorno, nel parco degli Acquedotti. Un agguato che secondo l’impianto della Distrettuale antimafia si sarebbe consumato nel perimetro di una guerra tra gruppi criminali per la gestione delle piazze di spaccio sul territorio della Capitale.

I giudici hanno, quindi, accolto la richiesta di condanna avanzata dai pm che nel corso della requisitoria hanno ricostruito la genesi e la dinamica di quanto avvenuto nell’estate di sei anni fa. Una azione compiuta, secondo l’accusa, “con metodo mafioso e con l’agevolazione di un gruppo criminale, nato dai contrasti tra associazioni organizzate”, hanno spiegato i pm Cascini, Palazzi e Ceraso definendo l’evento come uno “spartiacque”.

Secondo l’accusa, Diabolik è stato punito perché aveva “esondato”: la sua morte è stata in sostanza un “avviso ai naviganti: una sanzione che doveva essere compresa da tutti”. Piscitelli “non era docile, si atteggiava lui stesso come un capo – ha aggiunto l’accusa -. Piscitelli era tante cose, ha avuto una vita criminale accertata, trattava anche da mammasantissima la pace tra due consorterie mafiose”. Il killer ha “mostrato grande freddezza e professionalità” colpendolo “alle spalle con un solo colpo che coglie la vittima di sorpresa”. Si tratta di un delitto “compiuto in pieno giorno, in un parco pubblico: in quel momento era presente tantissima gente, impegnata nelle attività più disparata”. Nella descrizione di quanto avvenuto, il pm Palazzi ha affermato che il video di una telecamera a circuito chiuso “offre una prova importante, formidabile. Un’immagine piuttosto completa dal momento dell’esecuzione alla fuga del killer. Un filmato che dice tante cose: un runner, atletico, alto, con una vistosa fasciatura sul polpaccio destro proprio lì dove Calderon ha un vistoso tatuaggio”.

I pm di piazzale Clodio, nel corso della requisitoria, hanno citato anche una serie di testimonianze finite agli atti della indagine della Dda. In particolare le parole della ex di Calderon, Rina Bussone che collegata da un sito protetto nel settembre 2023 ha confermato davanti ai giudici le accuse nei confronti dell’imputato. “Lui mi disse ‘ho ammazzato Diabolik’.” Ma se per l’accusa il killer è l’autore materiale di un omicidio, i mandanti sono ancora in via di identificazione in un procedimento che è ancora al vaglio degli inquirenti. Lo stesso Calderon, nel corso del processo, ha fornito la sua versione dei fatti respingendo le accuse e dichiarandosi estraneo a quanto avvenuto. In una memoria depositata nell’ottobre scorso l’imputato si è detto “addolorato” per la morte “del signor Piscitelli” aggiungendo di sperare “che verrà fuori chi ha commesso questo bruttissimo delitto e paghi con la giustizia e verso la famiglia di Piscitelli, liberandomi di questa accusa che pesa su di me come un macigno, anche per la mia famiglia che sta vivendo una bruttissima esperienza”.

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La strage del lavoro, tre morti tra fabbriche e strade

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Daniel aveva compiuto 22 anni proprio ieri ma invece di festeggiare era al lavoro, nello stabilimento Stm che stampa ingranaggi industriali a Maniago (Pordenone). Lavorava su una macchina a temperature altissime quando all’1.30 di notte una scheggia incandescente lo ha trafitto alla schiena, uccidendolo all’istante. A nulla è servito l’allarme al 112: quando il rianimatore è arrivato non c’era più niente da fare. Ma Daniel non è l’unica vittima sul lavoro in una giornata tragica. Altri due morti in Campania e in Umbria, vittime in una strage che non si ferma e che investe tutta la penisola. L’Inail ricorda che nel 2024 sono stati oltre mille i decessi, in crescita rispetto al 2023. E a gennaio di quest’anno i morti sono già 45 (+36,4% rispetto a gennaio 2024) e 14 in itinere, ovvero nel tragitto tra casa e lavoro (+16,7% rispetto a inizio 2024).

Intanto l’impianto in cui lavorava Daniel è stato posto sotto sequestro dai carabinieri che conducono le indagini. Non è ancora chiaro se il ragazzo sia morto per un malfunzionamento della macchina o per una manovra sbagliata. Il turno di questa mattina intanto è stato sospeso in segno di lutto e per consentire i rilievi. “E’ straziante e inconcepibile che un giovane perda la vita mentre svolge il suo lavoro e non smetteremo mai di impegnarci, come uomini, come politici e come governo, per garantire la sicurezza di tutti i lavoratori”, ha detto Luca Ciriani, ministro per i rapporti con il Parlamento. L’altra vittima aveva 38 anni, si chiamava Umberto Rosito, era originario di Bari e faceva l’operaio.

E’ morto investito da un mezzo pesante mentre lavorava sulla carreggiata nord dell’Autosole nei pressi di Orvieto dove era residente. Era dipendente di una ditta del posto impegnata in interventi di manutenzione in autostrada. Sulla dinamica sono in corso indagini della polizia stradale di Orvieto. L’uomo aveva appena iniziato a predisporre la segnaletica per un cantiere stradale quando è stato travolto da un autoarticolato che trasportava alimenti. E’ morto sul colpo. Era sposato e padre di una bambina di tre anni. Il terzo incidente sul lavoro mortale è avvenuto ieri sera, a Sant’ Antonio Abate, (Napoli), dove il dipendente di una ditta di smaltimento rifiuti di 50 anni, Nicola Sicignano, è deceduto perché, secondo una prima ricostruzione, sarebbe rimasto incastrato con il braccio e la testa nel nastro trasportatore della linea di lavoro. L’area è stata sequestrata e sono in corso le indagini della Compagnia di Castellammare di Stabia, del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata con la collaborazione del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro e dell’Asl di Napoli.

A constatare il decesso dell’operaio, nato a Vico Equense e residente a Gragnano, è stato il 118. Regolarmente assunto dalla Sb Ecology srl, Sicignano era sposato e aveva due figli. Sulla salma messa sotto sequestro dagli inquirenti sarà eseguito l’esame autoptico su disposizione dalla procura di Torre Annunziata che sta coordinando le indagini del carabinieri. Un altro incidente sul lavoro, fortunatamente non mortale, alla diga di Cumbidanovu a Orgosolo (Nuoro). Un operaio è caduto da 4 metri mentre lavorava imbragato. Soccorso dal 118 l’uomo è stato portato all’ospedale in codice rosso per un trauma al rachide e sottoposto a ulteriori accertamenti. Sulle morti ha parlato anche la segretaria del Pd, Elly Schlein che sottolinea la necessità “di agire su più fronti”. Per Francesca Re David, segretaria confederale della Cgil, “queste stragi non si possono fermare con la burocrazia” e la segretaria della Uil, Ivana Veronese, chiede “un segnale da Palazzo Chigi”.

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