Si parla di uno “spreco di soldi pubblici con pochi precedenti nella storia italiana”. Siamo di fronte ad un effetto negativo (sbilancio tra costi-benefici) che va dai 5,7 miliardi agli 8 miliardi. L’ analisi costi-benefici – prevista dal contratto di governo – sul Tav Torino-Lione è ormai completata. Il dossier già in mano ai francese, oggi sarà analizzato in una riunione tra il premier Giuseppe Conte e i due vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini che avranno avuto tutto il tempo per leggere il dossier che il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli ne aveva affidato la stesura ad una squadra di cinque esperti capitanati dall’economista Marco Ponti.
Il Fatto di Marco Travaglio ne ha anticipato per larghi tratti i contenuti essenziali e l’esito del dossier: il Tav è pressoché una opera inutile, uno spreco di miliardi di euro. Una stroncatura. Il Tav si è ormai di fatto ridotto al solo tunnel di base tra le stazioni di Bussoleno e Saint Jean de Maurienne – 9,6 miliardi, di cui 3 a carico dell’ Italia, il 35% dei lavori per un tunnel per due terzi in territorio francese.
A questi si aggiungono gli 1,7 miliardi del collegamento italiano al tunnel. In totale: poco meno di 12 miliardi. Il risultato dell’analisi costi benefici dell’opera è negativo, un bluff che viene offerto sui media da 25 anni senza un minimo dei discussione.
Nel primo scenario si assume che il traffico merci ferroviario fra Torino e Lione (oggi fermo ai livelli del 2004 e inferiore a 20 anni fa) si moltiplicherebbe di 25 volte, passando dai 2,7 milioni di tonnellate annue del 2017 ai 51,8 del 2059; i passeggeri diurni sui percorsi internazionali passerebbero invece da 0,7 a 4,6 milioni e quelli regionali raddoppierebbero dagli 4,1 a 8 milioni all’ anno. Questo miracolo avverrebbe grazie allo “spostamento modale” dalla strada (e dall’aereo per i passeggeri) alla ferrovia che sarebbe innescato dall’ opera.ù
I fan dell’opera – scrive il Fatto – attaccano il lavoro di Marco Ponti e compagnia perché considera tra i costi il mancato gettito fiscale dello Stato: le merci si spostano su rotaia, con meno pedaggi pagati ai concessionari autostradali e quindi minori tasse pagate. L’accusa è che così si truccano i conti e si ignorano i benefici ambientali. Si tratta però di una scelta perfettamente logica in una analisi economica, infatti è ormai una prassi consolidata a livello internazionale, al punto da essere incorporata anche nelle analisi dell’ Osservatorio, che addirittura le sovrastima rispetto ai numeri della commissione ministeriale. Ovviamente l’ analisi di Ponti e colleghi tiene conto dei benefici ambientali (sicurezza, rumore, inquinamento, effetto serra, decongestione stradale etc.) usando gli standard Ue: ogni tonnellata in meno di Co2 immessa nell’ atmosfera, per dire, genera un effetto positivo (90 euro) di minori danni ambientali ma al contempo comporta una riduzione delle entrate fiscali di circa 400 euro che hanno un impatto pesante sui conti dello Stato (meno incassi, minori esercizi statali oppure incremento di altre forme di prelievo). I benefici ambientali appaiono risibili, spiegano i tecnici. Parliamo, nello scenario ottimistico, di 7-800mila tonnellate annue di Co2 in meno (500 mila in quello realistico), quando il solo traffico di Roma ne genera 4,5 milioni. Non più dello 0,5% sul totale nazionale dei trasporti.
A conti fatti il risultato è negativo, bene che vada, per 7 miliardi, praticamente inesistenti. L’ analisi è spietata: anche assumendo che servano 1,5 miliardi per ripristinare i luoghi dei cantieri e ammodernare la vecchia linea del Frejus, come sostiene il costruttore italo-francese Telt ma che rappresentano in realtà l’ipotesi di gran luna più pessimistica (il conto potrebbe risultare assai più lieve), il risultato resta negativo per 5,7 miliardi.
La stroncatura nasce dal fatto che una vera domanda di traffico non sembra esserci. Nel tunnel autostradale del Frejus, che secondo i fans dell’ opera dovrebbe essere decongestionato, passano 2.154 mezzi pesanti al giorno, una miseria (sulla tangenziale di Torino sono 80 mila). Secondo Ponti & C. la riduzione dei costi di trasporto generata dal Tav, come ipotizzata dall’ Osservatorio (7 euro per tonnellata trasportata e un’ ora di tempo risparmiato) “non è sufficiente a spostare rilevantissime quantità di domanda da gomma a ferro. Perché ciò accadesse il beneficio del tunnel dovrebbe essere molto superiore” alle stime.