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Il Covid falcidia mezzo milione di occupati, a maggio frena

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Tra emergenza Covid e lockdown, da febbraio il Paese conta oltre mezzo milione di occupati in meno. La graduale riapertura delle attivita’ prova a rimettere in moto il mercato del lavoro, ma al momento non basta e gli ultimi dati Istat segnano una ripartenza lenta. A maggio, infatti, il calo dell’occupazione resta pesante ma piu’ contenuto rispetto al picco all’ingiu’ segnato ad aprile, nel pieno delle misure di restrizione per contenere la pandemia: -84 mila occupati in un mese rispetto ai -274 mila di aprile. La diminuzione risulta ancora piu’ rilevante se si fa il confronto annuo: -613 mila occupati rispetto a maggio del 2019. A pagare il prezzo piu’ pesante ancora una volta sono i contratti a termine e spesso le donne. Tuttavia, come sottolinea lo stesso Istituto di statistica, i dati mensili di maggio descrivono “un’evoluzione diversa” rispetto ai mesi precedenti: continua “a ritmo meno sostenuto” la diminuzione dell’occupazione e torna a crescere il numero di persone in cerca di lavoro, che segna un aumento del 18,9% pari a 307 mila in piu’. Ricerca che l’emergenza legata al nuovo Coronavirus aveva decisamente frenato. Con il conseguente aumento del tasso di disoccupazione, che risale e si attesta al 7,8% (+1,2 punti) mentre tra i giovani tocca il 23,5% (+2,0 punti). Questo a fronte di “un marcato calo” dei cosiddetti inattivi, ovvero delle persone che non sono occupate e non cercano un lavoro: risultano in diminuzione dell’1,6%, pari a -229 mila unita’. Con il conseguente calo del tasso di inattivita’, che si attesta al 37,3% (-0,6 punti). Inoltre, dopo due mesi di “decisa diminuzione”, indica ancora l’Istat, aumenta anche il numero di ore lavorate pro-capite. Segnale dell’avvio di un recupero. Ciononostante, l’impatto di Covid e lockdown resta forte: da febbraio il livello di occupazione e’ diminuito di oltre mezzo milione di unita’ e le persone in cerca di lavoro di quasi 400 mila, a fronte di un aumento degli inattivi di quasi 900 mila. A farne le spese sono soprattutto i precari e spesso le donne. Degli 84 mila occupati in meno registrati a maggio rispetto ad aprile, per la gran parte si tratta di donne (-65 mila, a fronte di -19 mila uomini). Ad essere coinvolti sono i dipendenti (90 mila in meno, di cui -79 mila a termine e -11 mila permanenti), mentre aumentano leggermente gli occupati indipendenti (+6 mila). Nel complesso il tasso di occupazione scende al 57,6% (-0,2 punti). Stessa tendenza emerge dal confronto annuo: dei -613 mila occupati, il calo riguarda per la quasi totalita’ i dipendenti a termine (-592 mila, a fronte di +183 mila permanenti); male anche gli autonomi (-204 mila). Il tasso di occupazione scende in un anno di 1,5 punti. Preoccupati i sindacati, che insistono sulla necessita’ di prorogare gli ammortizzatori e il blocco dei licenziamenti almeno fino a fine anno (al momento bloccati fino a meta’ agosto) . E proprio su quest’ultimo fronte, l’Ispettorato nazionale del Lavoro fa sapere che avviera’ “verifiche su oltre mille licenziamenti avvenuti nel periodo di blocco previsto dalle norme”. “Il lavoro va difeso e creato con gli investimenti”, dice la segretaria nazionale della Cgil Tania Scacchetti. Per arginare le ricadute sui contratti a termine, bisogna garantire anche “la sospensione dei vincoli nel decreto dignita’ sulle causali per legge per proroghe e rinnovi”, afferma il segretario generale aggiunto della Cisl, Luigi Sbarra. “Occorre agire in fretta”, avverte la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese, “per tamponare una ulteriore emorragia occupazionale” ed evitare che “la crisi, da sanitaria ed economica, si trasformi presto in una grave crisi sociale”. Per Confcommercio, “il quadro occupazionale si conferma molto critico” e “senza un’accelerazione della ripresa diventa piu’ concreto il rischio che in autunno il numero di occupati scenda considerevolmente”. Dello stesso avviso Confesercenti: il calo dell’occupazione “e’ preoccupante ed il bilancio potrebbe non migliorare sul breve periodo. Quando sara’ finito il periodo di cassa integrazione, molti imprenditori rischiano di non aver altra alternativa che ridurre il personale”.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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In Spagna torna mascherina contro boom virus respiratori e Covid

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Un appello al “buon senso” e la raccomandazione “ad avere sempre a portata di mano la mascherina” da indossare negli ambienti affollati o sui trasporti pubblici è stato lanciato oggi dalla ministra spagnola di Sanità, Monica Garcia, a causa del “notevole aumento” di virus respiratori registrati negli ultimi giorni, che hanno già portato in emergenza numerosi centri di salute e servizi di pronto soccorso ospedalieri. In una dichiarazione alla tv nazionale Rtve, Garcia ha fatto riferimento all’incidenza attuale di virus respiratori “di 1.000 casi per 100.000 abitanti”, secondo il rapporto settimanale dell’Istituto Carlos III di riferimento.

“Il tasso di ricoveri, nonostante il lieve aumento, si mantiene basso, sotto i 30 casi per 100.000 abitanti”, ha aggiunto, ma “è prevedibile che continuerà a intensificarsi nei prossimi giorni”. La ministra ha convocato per lunedì il Consiglio interterritoriale del Sistema sanitario nazionale di salute, per “unificare i criteri per “affrontare i picchi di virus respiratori”, dopo che regioni come la Catalogna e la Comunità Valenziana hanno ripristinato da oggi l’obbligo di mascherina in ospedali, centri sanitari e residenze di anziani.

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