Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato da Apple contro la sentenza del TAR del Lazio che aveva già confermato la vessatorietà di alcune clausole presenti nei contratti del servizio iCloud. La decisione mette un punto fermo sulla vicenda, nata dopo un’indagine dell’Antitrust, che aveva rilevato uno squilibrio nei diritti contrattuali tra Apple e i consumatori.
Le clausole contestate
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva ritenuto che alcune clausole del contratto di iCloud creassero uno squilibrio ingiusto a danno dei consumatori. In particolare, le clausole contestate riguardavano:
- Il diritto di Apple di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali del servizio iCloud.
- Le limitazioni di responsabilità e le esclusioni di garanzia contrattuali imposte dall’azienda.
- Il servizio di backup di iCloud, che presentava condizioni potenzialmente svantaggiose per gli utenti.
Il TAR del Lazio, nel novembre 2022, aveva respinto il ricorso di Apple, confermando le contestazioni dell’Antitrust. La società di Cupertino ha quindi presentato un nuovo ricorso al Consiglio di Stato, che però ha confermato la decisione di primo grado.
Il verdetto del Consiglio di Stato
Secondo i giudici di Palazzo Spada, Apple non ha fornito prove sufficienti per dimostrare che le clausole contestate fossero eque e bilanciate, né nel caso di servizio gratuito né per quello a pagamento.
Nella sentenza si legge che esiste un “marcato squilibrio in termini di prerogative negoziali tra le parti”, con il consumatore costretto ad accettare condizioni imposte unilateralmente dall’azienda, senza possibilità di negoziazione o di garanzia sui propri dati e sui propri diritti.
Apple ha provato a difendersi sostenendo che l’Antitrust, con il suo provvedimento, avrebbe modificato ingiustificatamente la struttura economica del contratto iCloud, imponendo obblighi onerosi per l’azienda. Tuttavia, per il Consiglio di Stato, l’AGCM si è limitata ad applicare il Codice del Consumo, senza interferire con la libertà contrattuale di Apple.
Il confronto con Dropbox: perché due pesi e due misure?
Un ulteriore punto sollevato da Apple nel suo ricorso riguardava una presunta disparità di trattamento rispetto a Dropbox, altro servizio di cloud storage. Secondo l’azienda, le clausole contestate erano simili a quelle applicate da Dropbox, che però non aveva ricevuto lo stesso trattamento dall’Antitrust.
Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha respinto questa obiezione, chiarendo che Dropbox aveva adottato modifiche migliorative durante il procedimento, rendendo le proprie clausole più chiare e trasparenti, a differenza di Apple, che avrebbe mantenuto termini vaghi e indefiniti.
Le conseguenze per Apple e i consumatori
Con questa sentenza, Apple dovrà ora modificare le clausole di iCloud per conformarsi alle normative italiane sul consumo. La decisione potrebbe avere ripercussioni anche su altri contratti e servizi digitali, ponendo maggiore attenzione alle tutele per i consumatori nei contratti di cloud storage e servizi digitali.
Resta ora da vedere come e quando Apple aggiornerà le condizioni contrattuali di iCloud e se la decisione avrà effetti anche a livello europeo, aprendo la strada a possibili interventi di altre autorità di regolamentazione.