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Esteri

Il cessate il fuoco è fragile, Netanyahu sotto attacco

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L’entrata in vigore della fragile tregua a Gaza porta con sé la fuoriuscita del ministro di ultradestra Itamar Ben Gvir e del suo partito Otzma Yehudit dal governo di Benyamin Netanyahu, dando concretezza al terremoto politico che ha portato con sé l’accordo con Hamas per riportare a casa gli ostaggi ancora in mano ai miliziani palestinesi. La maggioranza resta – seppur appesa a un filo – grazie al sostegno del ministro Bezalel Smotrich, altro esponente dell’ultradestra che dopo aver criticato l’intesa, ha confermato il proprio impegno con l’esecutivo. Ma a una condizione: Israele “deve occupare Gaza e creare un governo militare temporaneo perché non c’è altro modo per sconfiggere Hamas”.

In caso contrario, “rovescerò il governo”, è la promessa del titolare delle Finanze. Insieme a Ben Gvir, che guidava il dicastero della Sicurezza, hanno lasciato il loro incarico il ministro per il Negev e la Galilea Yitzhak Wasserlauf e il ministro per il Patrimonio Amihai Eliyahu. Il cessate il fuoco costituisce “una vittoria completa per il terrorismo”, ha dichiarato Ben Gvir nella sua lettera di dimissioni indirizzata a Netanyahu, affermando in ogni caso che “non intendiamo lavorare per rovesciare il governo, ma sulle questioni ideologiche voteremo secondo la nostra prospettiva e la nostra coscienza”.

“Non torneremo al tavolo del governo senza una vittoria completa contro Hamas e la piena realizzazione degli obiettivi della guerra”, ha aggiunto. Le dimissioni sono l’epilogo di mesi di tensioni con l’ala più dura del governo israeliano, che nel corso della guerra ha più volte criticato i tentativi di mediazione per raggiungere un accordo che portasse a una sospensione della guerra. Tensioni, che stando ad alcuni media, hanno portato anche a far slittare il voto del governo israeliano sul cessate il fuoco da giovedì a venerdì. La coalizione di Netanyahu manterrà la maggioranza alla Knesset anche senza il partito di Ben Gvir, seppure molto più ristretta di prima: l’uscita di Otzma Yehudit riduce infatti i numeri di Netanyahu da 68 dei 120 parlamentari a 62 o 63, a seconda di accordi complessi che ora dovranno essere risolti tra il partito di Ben Gvir e il partito Sionismo Religioso di Smotrich, candidati con una lista congiunta alle elezioni del 2022 prima di separarsi. In occasione dell’annuncio delle proprie dimissioni, Ben Gvir non ha perso occasione di differenziarsi dal suo collega dell’estrema destra: “Sono un uomo di principio”, ha detto, sostenendo che l’accordo con Hamas prepara il terreno per futuri rapimenti. In risposta, Smotrich ha difeso la sua decisione sostenendo di aver agito per senso del dovere nei confronti del Paese.

“Ho una responsabilità nazionale” e “non scappo dal campo di battaglia nel mezzo della guerra, anche dopo una sconfitta schiacciante in una delle battaglie”, ha affermato in un lungo post su Facebook. Insistendo sul fatto che “era impossibile fermare l’accordo. Nemmeno minacciando di rovesciare il governo”. Ma la decisione non è irrevocabile: il ministro ha infatti ribadito che il governo cadrà se non tornerà a combattere per prendere il controllo dell’intera Striscia. Stando ai media israeliani, se anche lo schieramento di Smotrich dovesse abbandonare il governo, l’accordo sulla tregua rimarrebbe intatto e potrebbe essere implementato durante i tre mesi necessari di campagne elettorali. Inoltre, i leader dell’opposizione Yair Lapid e Benny Gantz hanno già ribadito la loro promessa di fornire una “rete di sicurezza politica” a Netanyahu affinché l’accordo vada a buon fine, se necessario. Ma è chiaro che la fuoriuscita di Sionismo Religioso darebbe a Israele una crisi politica ora più che mai da evitare con la fragile tregua che muove i suoi primi passi.

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Esteri

Gaza, oltre 69mila morti dall’inizio della guerra: Israele e Hamas si scambiano i corpi delle vittime

Sale a oltre 69mila il numero dei palestinesi uccisi nella guerra tra Israele e Hamas. Proseguono gli scambi di corpi durante il cessate il fuoco, mentre in Cisgiordania crescono gli attacchi dei coloni contro i contadini palestinesi.

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Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, sono ormai 69.169 i palestinesi morti dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas. Il bilancio, aggiornato durante il cessate il fuoco in vigore dal 10 ottobre, è salito con il ritrovamento di nuovi corpi sotto le macerie e con l’identificazione di numerose vittime ancora senza nome.

Negli ultimi giorni, Israele ha restituito 15 salme palestinesi a Gaza, mentre Hamas ha riconsegnato il corpo di Lior Rudaeff, ostaggio israeliano di origine argentina, ucciso nei mesi scorsi.

Lo scambio dei corpi è parte dell’accordo di tregua, che mira a concludere il conflitto più sanguinoso mai avvenuto tra Israele e il movimento islamista palestinese, iniziato il 7 ottobre 2023 con l’attacco di Hamas nel sud di Israele, che provocò circa 1.200 morti e il sequestro di 251 ostaggi.


“Speravo di trovarlo”: i familiari in cerca dei dispersi

Negli ospedali di Gaza continuano ad arrivare corpi, spesso in stato di decomposizione, che vengono identificati con estrema difficoltà.
“Non abbiamo abbastanza risorse né DNA per il confronto con le famiglie”, ha spiegato Ahmed Dheir, direttore di medicina legale dell’ospedale Nasser di Khan Younis.
Molti resti non identificati vengono sepolti in gruppi, mentre centinaia di famiglie continuano a cercare i propri cari.

“Chiudilo, non è lui”, ha sussurrato una madre, dopo aver guardato in una delle barelle refrigerate. “Non ho perso la speranza. Sto ancora aspettando mio figlio.”


Crescono gli attacchi dei coloni israeliani in Cisgiordania

Mentre il cessate il fuoco sembra reggere a Gaza, la violenza si sposta in Cisgiordania. Durante la stagione della raccolta delle olive, coloni israeliani hanno attaccato contadini palestinesi, giornalisti e volontari internazionali nelle aree di Beita e Burin.
Secondo la Mezzaluna Rossa palestinese, almeno 15 persone sono rimaste ferite, tra cui due reporter di Reuters.

L’Ufficio umanitario dell’ONU ha denunciato che ottobre è stato il mese più violento dal 2006, con oltre 260 aggressioni registrate contro palestinesi e le loro proprietà.

“Ho visto cinque coloni colpire una giornalista con mazze e pietre”, ha raccontato Jonathan Pollak, attivista israeliano ferito alla testa.

Le autorità militari israeliane hanno ammesso di aver “disperso un confronto tra civili israeliani e palestinesi”, ma secondo le ONG israeliane, gli arresti per le violenze dei coloni sono “rarissimi”, con meno del 4% dei casi perseguiti penalmente.


Una tregua fragile, un bilancio insostenibile

Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, 241 palestinesi sono comunque morti in attacchi o incidenti legati al conflitto.
Il bilancio complessivo – oltre 69mila vittime e migliaia di dispersi – fa di questa guerra la più devastante nella storia di Gaza.
Tra macerie, scambi di corpi e violenze dei coloni, la pace resta lontana e la popolazione civile continua a pagare il prezzo più alto.

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Esteri

Mosca, arrestati quasi dieci tra russi e stranieri accusati di collaborare con i servizi segreti ucraini

Le autorità russe hanno arrestato quasi dieci persone, tra cui cittadini stranieri, accusate di far parte di un’organizzazione terroristica collegata ai servizi segreti ucraini (Sbu). I sospettati sono detenuti a Mosca.

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Quasi dieci persone, tra cui cittadini russi e stranieri, sono state arrestate a Mosca con l’accusa di partecipazione a un’organizzazione terroristica che avrebbe collaborato con i Servizi di Sicurezza dell’Ucraina (Sbu). La notizia è stata diffusa dall’agenzia Ria Novosti, che cita una fonte vicina alle indagini.

Secondo la ricostruzione, gli inquirenti ritengono che il gruppo avesse stabilito contatti diretti con membri dell’intelligence ucraina, svolgendo attività ritenute sovversive sul territorio russo.


Coinvolti cittadini russi e stranieri

La fonte dell’agenzia ha precisato che tra gli arrestati ci sono quasi dieci persone, ma il numero esatto non è stato confermato.

“Quasi dieci cittadini russi e stranieri sono stati arrestati con l’accusa di aver partecipato a un’organizzazione terroristica attraverso la cooperazione con l’Sbu. Il caso coinvolge anche diversi individui non identificati”, ha dichiarato la fonte.

Uno dei principali sospettati sarebbe un cittadino straniero che, secondo gli investigatori, avrebbe rapporti diretti con l’Sbu.


Detenzione nei centri di sicurezza di Mosca

Tutti gli imputati sono stati trasferiti in centri di detenzione preventiva nella capitale, tra cui il noto carcere di Lefortovo, storicamente utilizzato dai servizi segreti russi per casi di spionaggio e terrorismo.

Le autorità non hanno fornito ulteriori dettagli né sulle identità degli arrestati, né sul tipo di attività che avrebbero svolto in Russia.
L’inchiesta – ancora in corso – rientra in una serie di procedimenti legati alle presunte reti di supporto ucraine e occidentali attive sul territorio russo dall’inizio della guerra.

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Ambiente

Le Filippine sotto minaccia: il tifone Fung-wong diventa un super tifone

Il tifone Fung-wong ha raggiunto la categoria di super tifone, con venti fino a 230 km/h. Le Filippine si preparano all’impatto dopo giorni di piogge torrenziali e devastazioni causate da un precedente ciclone.

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Il tifone Fung-wong, una delle tempeste più potenti della stagione nel Pacifico occidentale, ha raggiunto lo status di super tifone, minacciando l’intero arcipelago delle Filippine con venti distruttivi e piogge torrenziali.

Secondo il servizio meteorologico statale, la tempesta si sta muovendo verso ovest con venti costanti di 185 km/h e raffiche che toccano i 230 km/h, coprendo con il suo enorme raggio quasi l’intera superficie del Paese.


Un Paese già devastato da un altro tifone

Il nuovo ciclone arriva a pochi giorni di distanza da un altro tifone che ha già messo in ginocchio molte regioni delle Filippine, provocando inondazioni, frane e migliaia di sfollati.

Le autorità hanno lanciato un massiccio piano di evacuazione preventiva nelle aree costiere e nelle province centrali, dove si teme l’impatto più violento.

“La tempesta è di proporzioni eccezionali e potrebbe colpire con forza mai vista quest’anno”, hanno dichiarato i meteorologi di Manila.


Evacuazioni e allerta massima

Nelle province di Luzon e Samar, centinaia di famiglie sono già state trasferite in centri di evacuazione. Le scuole sono state chiuse, i voli cancellati e i collegamenti marittimi sospesi in gran parte del Paese.

Le autorità temono che il passaggio di Fung-wong possa aggravare la situazione in aree già fragili, dove i fiumi sono ai limiti e i terreni saturi d’acqua rischiano di cedere.


Allerta umanitaria e rischio blackout

Oltre ai danni strutturali, si temono interruzioni della rete elettrica e idrica, oltre a blocchi nelle comunicazioni. Le squadre della Protezione civile e della Croce Rossa filippina sono in stato di massima allerta per intervenire appena le condizioni lo permetteranno.

Il landfall – l’approdo del tifone sulla terraferma – è previsto in tarda notte, con i venti e le piogge che potrebbero intensificarsi ulteriormente nelle ore successive.

Fung-wong si prepara così a diventare una delle peggiori tempeste tropicali dell’anno, in un Paese che ogni stagione affronta con coraggio ma anche con crescente fatica la furia del mare e del cielo.

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