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Cronache

Il capo ultras Piovella parla della morte di Belardinelli e spiega che forse l’auto che ha ucciso l’ultras è di un napoletano

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L’interrogatorio di Marco Piovella, il capo dei ‘Boys’ della curva nord dell’Inter arrestato due giorni fa per gli scontri tra tifosi nel giorno di Santo Stefano e che hanno portato alla morte di Daniele Belardinelli è durato diverse ore. Il capo ultrà, architetto di giorno e violento ultras di notte, ha risposto alle domande del giudice Guido Salvini. Nel corso dell’interrogatorio, comunque, Piovella è uscito un paio di volte dall’ufficio del giudice al settimo piano del palazzo di giustizia di Milano e ha parlato con i suoi legali.

Ha parlato della morte di Daniele Belardinelli come di quella di un “fratello maggiore amico fraternissimo”. In sostanza, Piovella ha ribadito di aver visto l’amico che veniva travolto da una vettura, dopo che era già finito a terra, avvalorando anche l’ipotesi che Belardinelli possa essere stato investito anche da una prima auto.

Sulla falsariga di cio’ che aveva detto nei giorni scorsi in Questura, Piovella, ha ammesso la partecipazione al blitz contro i tifosi napoletani ma non ha voluto rispondere a domande specifiche sulle sue condotte e sul suo presunto ruolo di organizzatore. “Io mi occupo di coreografie nel direttivo della curva” si sarebbe limitato a dire Piovella. Insomma lui non sarebbe un violento ultras, organizzatore dell’agguato ai napoletani, regista dello scontro. No, lui ha detto al giudice, si occupa di coreografie, canti e balletti dei tifosi dell’interno.

Ha raccontato di aver visto una persona che veniva investita subito all’inizio degli scontri ma di non aver capito che si trattava del suo amico Daniele Belardinelli, di aver visto che era lui solo alla fine della guerriglia durata poco meno di 10 minuti e di averlo sollevato e caricato su un’auto, dopo che ‘Dede’ gli aveva anche detto “sto bene”. E’ questo, in sostanza, un passaggio dell’interrogatorio davanti al gip Guido Salvini reso da Marco Piovella, il capo ultra’ della curva nord dell’Inter arrestato per rissa aggravata, lesioni e lancio di materiale pericoloso e assistito dal legale Mirko Perlino. L’avvocato dopo l’interrogatorio ha presentato al gip un’istanza di scarcerazione.

Daniele Belardinelli, l’ultra’ del Varese morto il 26 dicembre negli scontri prima della partita Inter-Napoli, potrebbe essere stato investito da una o due auto che facevano parte della ‘carovana’ di macchine degli ultrà napoletani che si stavano avvicinando allo stadio e sono state bloccate dall’agguato dei tifosi nerazzurri. E’ un’ipotesi concreta su cui si stanno concentrando le indagini della Procura di Milano e della Digos, anche alla luce degli interrogatori di questi giorni.

Gli uomini della Digos  stanno sentendo decine di tifosi, per arrivare all’identificazione dei partecipanti ai disordini e trovare l’auto o le auto che hanno investito Belardinelli. Dopo i riconoscimenti effettuati grazie alla riprese video delle telecamere stradali o di video amatoriali, gli ultras che erano a volto scoperto o che sono stati comunque riconosciuti vengono convocati in via Fatebenefratelli e sentiti.

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‘Ndrangheta, il clan Briatico voleva uccidere carabiniere in mare

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Un carabiniere della Stazione di Briatico, nel Vibonese, era finito nel mirino del locale clan degli Accorinti-Melluso e la consorteria criminale aveva pianificato sin nei dettagli il suo omicidio. A svelarlo è stato oggi il collaboratore di giustizia, Antonio Accorinti, dell’omonimo clan di Briatico, deponendo dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia nel maxiprocesso nato dalle operazioni della Dda di Catanzaro denominate Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium.

Il militare dell’Arma, ad avviso del collaboratore, sarebbe stato inviso al clan poiché troppo ligio al proprio lavoro e doveva essere ucciso mentre era solito fare pesca subacquea in luoghi appartati della scogliera di Briatico. Un uomo del clan doveva immergersi in acqua ed eliminarlo, mentre successivamente un gommone con a bordo altri esponenti della consorteria criminale doveva prelevare il corpo e farlo sparire. “Ho poi riflettuto attentamente su tale programmato omicidio – ha dichiarato in aula il collaboratore Accorinti – e ho desistito poichè avendo già dei procedimenti penali in corso per aver offeso e minacciato in un’occasione tale carabiniere, in caso di un suo omicidio i sospetti delle forze dell’ordine sarebbero ricaduti subito su di me”.

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‘Truffa all’Inps’, arriva altra grana per Santanchè

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Potrebbe chiudersi nel giro di poco tempo l’udienza preliminare che si aprirà dopodomani a Milano in cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè con altri due imputati, tra cui il compagno Dimitri Kunz, e due società rispondono di truffa aggravata all’Inps sul caso Visibilia. La procura contesta presunte irregolarità legate alla cassa integrazione ottenuta per 13 dipendenti durante il Covid con ingenti danni per l’istituto previdenziale che, in assenza di risarcimento, dovrebbe chiedere di essere parte civile e quindi presentare il conto.

Quello che prenderà il via tra due giorni è il secondo procedimento istruito dai pm milanesi Marina Gravina e Luigi Luzi e l’aggiunto Laura Pedio (ora procuratrice a Lodi) in cui la senatrice di Fdi rischia di finire a dibattimento. La scorsa settimana è cominciata l’udienza preliminare per false comunicazioni sociali a carico della parlamentare e altri 19 persone, anche giuridiche, e che pur procedendo spedita, dovrebbe terminare alla fine di novembre Il caso della presunta truffa, salvo imprevisti, avrà tempi più rapidi. Da quanto si è saputo la gup Tiziana Gueli, salvo particolari questioni o eccezioni, dovrebbe fissare un paio o forse tre udienze, essendo gli imputati in tutto cinque.

Quindi la decisione se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio della procura ed eventualmente, tramite il suo legale, di Inps non dovrebbe arrivare tra molto. Secondo la ricostruzione l’allora parlamentare di Fratelli d’Italia, Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato dalla politica e dal quale nel 2022 è uscita – sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia per 13 dipendenti. Le cui testimonianze, oltre agli esiti di una ispezione Inps e a una serie di accertamenti, sono state raccolte nel corso delle indagini: tutti, o quasi tutti, avrebbero confermato che la ministra sapeva.

Sarebbe stata a conoscenza del fatto che stavano continuando a lavorare mentre l’istituto previdenziale versava i fondi stanziati durante l’emergenza: oltre 126mila euro, per un totale di oltre 20mila ore. A Santanchè, così come agli altri due, viene quindi addebitato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, quando invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”.

Nel mirino ci sono pure le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto allo stipendio: una “differenza”, scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con “finti rimborsi per ‘note spese e spese di viaggio'”. Ma non sono solo queste le grane che la ministra dovrà affrontare: la magistratura di Milano sta indagando, tra l’altro, sulle società ,sempre da lei create e che ha lasciato, del bio-food. In particolare Ki Group srl, fallita lo scorso gennaio. Per novembre è atteso il deposito della relazione del curatore fallimentare, dopo di che i pubblici ministeri decideranno come muoversi.

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Inchiesta corruzione Prato, processo immediato a ufficiale dei Carabinieri

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Giudizio immediato per il tenente colonnello Sergio Turini, ex comandante dei carabinieri di Prato, l’imprenditore pratese Riccardo Matteini Bresci, ad dell’azienda “Gruppo Colle”, e Roberto Moretti, titolare di un’agenzia investigativa a Torino. Per i tre, accusati, a vario titolo, di corruzione e accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine il processo si aprirà il prossimo 9 dicembre al tribunale di Prato, sede ritenuta competente dal gip perché nel Pratese sarebbero avvenuti i reati i reati più gravi contestati dalla procura di Firenze.

Il giudice ha accolto la richiesta della procura tuttavia gli imputati, che da giugno sono sottoposti alla misura cautelare attualmente degli arresti domiciliari, potranno chiedere di essere ammessi al patteggiamento o al rito abbreviato. Secondo l’accusa, Turini si sarebbe messo a disposizione di imprenditori amici, italiani e cinesi, accedendo abusivamente al sistema banca dati delle forze dell’ordine per fornire loro informazioni.

Almeno 99 gli accessi individuati, nel corso delle indagini. Avrebbe fornito a Matteini Bresci anche notizie su indagini, coperte da segreto, relative a dipendenti. In cambio, l’imprenditore avrebbe pagato un viaggio negli Usa al figlio del tenente colonnello e interceduto con il sottosegretario agli affari esteri Giorgio Silli (non indagato) perché si attivasse con il comando generale dell’Arma dei carabinieri per garantire la permanenza di Turini a Prato. Sempre il tenente colonello, secondo l’accusa, avrebbe procacciato clienti all’amico Roberto Moretti fornendogli informazioni ricavate abusivamente dalla banca dati in uso alle forze dell’ordine in cambio di vini pregiati.

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