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Cronache

Il boato del crollo, a Genova il Memoriale del Morandi

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Nella stanza nera a forma di cilindro il buio e il silenzio vengono rotti dal rumore della pioggia e delle auto che corrono sull’asfalto bagnato, dalle immagini del crollo, dal terribile rumore del cemento che si spacca e precipita schiacciando le auto, i camion e i corpi. Il visitatore del Memoriale per le vittime del ponte Morandi, inaugurato oggi a Genova, rivive così quanto accadde alle 11:36 del 14 agosto 2018.

Prima di commuoversi, la portavoce dei parenti delle vittime, Egle Possetti, è apparsa per un attimo sorridente in pubblico alla cerimonia con le autorità, i progettisti e i parenti. Lo struggente ricordo della sorella, del suo compagno e dei due nipotini morti nel crollo lascia spazio a un momento di gioia quando Cesare Cerulli, il giovane figlio di Andrea, un’altra vittima della tragedia, taglia il nastro per l’inaugurazione.

La struttura è chiara all’esterno – “un simbolo di purezza che denuncia in qualche modo l’avidità di pochi” commenta un progettista – e ricca di stimoli all’interno: è stata voluta con tutte le forze dai parenti dei poveri morti, che oggi ringraziano l’allora sindaco Marco Bucci e gli assessori competenti per il risultato. “Non era mica scontato arrivare qui” dice Possetti. All’inaugurazione manca “una presenza più marcata delle istituzioni centrali” confessa, ma ringrazia comunque il viceministro Edoardo Rixi in rappresentanza del governo. L’architetto Stefano Boeri che ha progettato l’opera racconta e a tratti si commuove, Amelia, la nonna di una piccola vittima non riesce invece a parlare mentre nella stanza dedicata ai parenti scorrono le immagini della ragazzina ancora sorridente.

“Noi sappiamo cosa è successo e perché, ma vogliamo che diventi verità processuale e arrivino le condanne” dice Possetti nella stanza dedicata al processo, “una zona aggiornabile” dice Boeri “per una vicenda che non è ancora finita”. “Stiamo lottando per l’emersione dell’unica verità possibile, contro ogni mistificazione” aggiunge Possetti, qui “ricordiamo una vergogna nazionale” che “ha portato alla sbarra appartenenti alle società interessate e parti che appartenevano o appartengono agli uffici pubblici”. Il Memoriale serve per ricordare e tutti, da Rixi a Bucci alla stessa Possetti, chiedono ai cittadini di venire in visita: “Presto ci saranno anche le macerie del ponte, per vedere da vicino lo stato di degrado della struttura”.

“Ci furono omissioni e mancanza di cura per tanto tempo e in seguito il governo probabilmente sbagliò a rinnovare la convenzione in quel modo, senza cambiarne le caratteristiche, anche se è stata poi cambiata la proprietà” ha detto il viceministro delle Infrastrutture Edoardo Rixi.

“La tragedia aiuta a capire che la sottovalutazione dei rischi non può più essere ammessa. Temo che qualcuno si sia dimenticato – ha aggiunto -. Il governo ha dato un segnale con il testo di legge per le vittime delle tragedie delle infrastrutture approvato settimane fa. L’iter sarà completo alla Camera nei prossimi mesi”. “Oggi è un punto di partenza, non di arrivo – ha detto il presidente ligure Marco Bucci -. Questo memoriale diventa un pezzo di città e d’Italia e sarà un luogo di dolore, ricordo e speranza. Genova non potrà dimenticare mai”.

“E’ un luogo anche di speranza e di fiducia perchè non si ripeta più che la qualità della vita delle persone sia interrotta in questo modo” ha aggiunto. L’ultima parte del Memoriale è una serra da cui si vede il nuovo viadotto di Renzo Piano: “uno spazio vitale di rigenerazione che ci riporta dove tutto è iniziato, sotto la pila 9” dice Boeri.

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Uomo ferito a colpi di pistola in centro a Milano

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Un uomo è rimasto gravemente ferito stanotte a Milano, dopo essere stato colpito di striscio al volto e al capo da colpi d’arma da fuoco. La vittima dell’aggressione, un 42enne orientale, è stata portata in codice rosso dal 118 all’ospedale di Niguarda. Al momento l’accaduto è in corso di ricostruzione da parte della Polizia di Stato.

Secondo le prime informazioni, il ferito è stato aggredito a mezzanotte dentro o appena fuori un locale di corso Garibaldi 104, nella cosiddetta ‘movida’ serale della zona più volte al centro di aggressioni. A ferirlo, con due colpi d’arma da fuoco, sarebbero state altre due persone, forse suoi connazionali. L’uomo, ricoverato in codice rosso, non sarebbe in pericolo di vita. Le indagini sono in corso da parte della Questura.

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Paola Severino: recuperare i ragazzi a rischio e riportare i cervelli al Sud. Napoli può farcela

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È una delle donne più influenti d’Italia. Prima ministra della Giustizia, prima vicepresidente della Magistratura militare, prima rettrice della Luiss, oggi presidente della Luiss School of Law e alla guida della Fondazione che porta il suo nome. Paola Severino (Foto in evidenza e dentro l’articolo sono di Imagoeconomica), in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, parla della sua Napoli, dei giovani detenuti, dei progetti di reinserimento sociale e della fuga dei cervelli.

Nisida, il carcere sul mare e il progetto vela

Durante una recente visita al carcere minorile di Nisida, Severino ha illustrato un progetto educativo innovativo: una regata internazionale nel golfo di Napoli che coinvolgerà i ragazzi detenuti in attività concrete. «Li formeremo come ormeggiatori, nella manutenzione, nel lavoro di cantiere navale. Impareranno un mestiere vero. È la via per una nuova vita». La vela come metafora e strumento di riscatto: «La recidiva, quando un detenuto apprende un lavoro, crolla dal 75% al 2%», spiega Severino.

Mare fuori e la percezione del carcere

«Mare Fuori è importante perché spinge a riflettere. Il carcere non deve essere un luogo di punizione, ma di rieducazione», sottolinea Severino. «I minori, soprattutto se provengono da famiglie criminali o marginali, sono spesso etichettati come irrecuperabili. Ma il carcere minorile può essere un ponte verso una vita diversa. Lo dimostra anche il progetto “Scugnizzi a vela”, ispirato forse proprio dalla serie».

PAOLA SEVERINO, LUISS GUIDO CARLI

Istruzione e lavoro per salvare i ragazzi

L’emergenza legata a baby gang e bullismo si combatte anche con l’istruzione: «L’evitare la dispersione scolastica è solo il primo passo. Serve un progetto formativo completo, coinvolgente, capace di accendere un interesse vero nei ragazzi». Severino cita il caso del Rione Sanità: «Don Antonio Loffredo ha trasformato giovani a rischio in guide turistiche d’eccellenza. Questo è il modello da seguire».

La fuga dei cervelli e il riscatto del Sud

Ogni anno oltre 100 mila giovani lasciano l’Italia, soprattutto dal Sud. «Un paradosso», osserva Severino, «perché a Napoli ci sono università come la Federico II che eccellono in campi strategici come l’intelligenza artificiale. Sono poli d’attrazione anche per Apple e altri colossi». Lei stessa ha aperto uno studio legale a Napoli per trattenere i talenti. «I ragazzi vanno valorizzati a casa loro. Non devono sentirsi costretti ad andare a Londra o a Milano per avere un futuro».

Parità di genere e forza degli affetti

Nel suo studio legale non applica quote, ma il merito: «Scelgo i migliori, e spesso sono donne». E poi c’è la musica, un’altra grande passione: «Napoli ha la musica nel DNA. Da Muti alla Scarlatti, da De Simone a Pino Daniele: è una città che respira arte». E nel cuore, sempre, c’è spazio per i suoi tre nipoti: «Vivono al piano di sopra e ogni mattina vengono a darmi un bacio. Il tempo è poco, ma la qualità degli affetti è tutto».

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Caso autovelox in Italia: cosa succede e perché le multe sono a rischio

In Italia il caso autovelox esplode per la mancanza di omologazione ufficiale dal 1992, mettendo a rischio migliaia di multe elevate. Una recente ordinanza della Cassazione rende nulli i verbali senza certificazione. In attesa di chiarezza normativa, nuovi obblighi entreranno in vigore entro giugno 2024.

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In Italia esplode il caso degli autovelox per una questione normativa mai risolta dal 1992. Secondo l’articolo 142 del Codice della Strada, infatti, i dispositivi di rilevamento della velocità devono essere approvati e “debitamente omologati” dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit). Tuttavia, in oltre trent’anni, non è mai stato emanato il decreto attuativo che definisce chiaramente le procedure di omologazione.

Qual è il problema?

Nonostante l’obbligo di legge, fino a oggi nessun autovelox, tutor o telelaser è stato ufficialmente omologato. Recentemente, il Mit ha inviato a Bruxelles un decreto che avrebbe automaticamente “sanato” dodici modelli approvati dal 2017 in poi, ma avrebbe imposto la disattivazione immediata di tutti gli altri. La notizia ha suscitato immediate polemiche, costringendo il Mit a sospendere il decreto per chiarimenti.

Differenza tra approvazione e omologazione

L’approvazione è una semplice autorizzazione amministrativa senza verifica tecnica approfondita, mentre l’omologazione certifica che il dispositivo soddisfa precisi requisiti tecnici e normativi. La mancanza di tale certificazione ha posto seri dubbi sulla validità delle multe elevate con dispositivi non omologati.

L’intervento della Cassazione e le conseguenze

La situazione è cambiata radicalmente nel 2024 con l’ordinanza n. 10505 della Cassazione, che ha stabilito che senza omologazione le multe elevate sono nulle, anche se il dispositivo era stato approvato. A seguito di questa decisione, centinaia di automobilisti hanno iniziato a presentare ricorsi, spingendo alcuni Comuni a spegnere temporaneamente gli autovelox.

Cosa succederà ora?

Il decreto è sospeso e il governo potrebbe modificarlo, riproporlo o accantonarlo definitivamente. Nel frattempo, chi ha ricevuto multe potrà continuare a fare ricorso evidenziando la mancanza di omologazione.

Novità attese entro giugno 2024

Entro il 12 giugno 2024, sarà obbligatorio installare segnali di avviso degli autovelox ad una distanza compresa tra 1 e 4 chilometri a seconda delle strade. Sarà necessaria inoltre una taratura annuale certificata, e non potranno essere attivati autovelox in zone con limiti inferiori a 50 km/h nei centri abitati.

Procedura di installazione per i Comuni

Nonostante l’importanza della sicurezza, i Comuni non possono installare liberamente autovelox fissi. È infatti necessario un iter autorizzativo che parte dalla richiesta al prefetto, motivata da documentazioni specifiche, e che passa per l’approvazione della Polizia Stradale.

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