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I tank Terminator nella guerra all’Ucraina, è l’ultima carta di Putin

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Prima i delfini da guerra, poi i raggi laser e ora i Terminator: Vladimir Putin non bada a spese e getta nella mischia della guerra ucraina uno dei carri armati di ultima generazione piu’ celebrati da Mosca. Ma corre il rischio, avvertono gli esperti, di dare un colpo fatale alla gia’ dissestata industria bellica russa. Il Terminator e’ stato schierato nella battaglia di Severodonetsk: e’ il teatro d’azione per cui e’ stato progettato questo mostro corazzato, i combattimenti urbani. Si’ perche’ dopo l’esperienza nella battaglia di Grozny del 1993-94 in Cecenia, dove i corazzati vennero decimati a colpi di lanciarazzi da piccoli gruppi di miliziani annidati in ogni singola casa, Mosca decise di avviare la produzione di un carro armato per affiancare la fanteria e preparare l’avanzata dei tank da battaglia. Il Terminator e’ un’arma micidiale: monta sulla torretta due mitragliatrici pesanti che possono sparare diversi tipi di proiettili, piu’ un’altra ‘tradizionale’, e 4 tubi di lancio per razzi anticarro. Il suo punto forte contro la fanteria e’ comunque la corazza, impenetrabile per molti razzi. E’ talmente avanzato che il comandante riceve in tempo reale le varie informazioni su un display televisivo. Ma e’ anche molto costoso, e la dotazione stimata e’ di soli 10 mezzi. L’arrivo del Terminator non cancella la situazione per certi aspetti disastrosa che si registra sul campo: la Russia, secondo fonti di intelligence occidentali, ha una capacita’ di produzione annuale di circa 250 carri armati. In tre mesi di guerra, con almeno 500 tank distrutti dalle forze ucraine, avrebbe quindi gia’ perso due anni di produzione. E il mostro corazzato russo per eccellenza, il T-14 Armata – che sarebbe invisibile ai radar – ancora non ha fatto il suo debutto in guerra. Di questi Mosca ne avrebbe a disposizione solo un centinaio. L’altro mezzo invisibile e’ il caccia stealth T-50, il Sukhoi Su-57, che invece secondo la tv di Stato russa “e’ gia’ operativo” in Ucraina ma che, per definizione, “non si vede”. L’azienda che produce i Terminator e i T-14, la Uralvagonzavod, paga il prezzo delle sanzioni e a fine marzo ha annunciato di dover avviare licenziamenti. Secondo fonti interne, le sanzioni hanno posto l’azienda in difficolta’ “anche sul fronte del rifornimento di componenti”, che arrivano in gran parte dall’estero, soprattutto quelli ad alta tecnologia. Anche l’altro gigante della produzione bellica russa, Almaz-Antey, patisce difficolta’ nel ricevere pagamenti e non sarebbe riuscita a incassare gia’ oltre un miliardo di dollari di commesse. Ciononostante, ha avviato la produzione seriale degli S-500 Prometheus, i sistemi di difesa antimissile e antiaereo, che Mosca afferma essere gia’ stati consegnati alle forze russe. Ma a quale prezzo?

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Kiev denuncia 4400 bimbi orfani deportati in Russia

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Kiev torna a denunciare la deportazione dei suoi bambini in Russia o nei territori occupati e fornisce nuove drammatiche cifre: sarebbero quasi 4.400 i minori rimasti soli che i russi hanno portato via dagli orfanotrofi. A renderlo noto è la vicepremier e ministra ucraina per la Reintegrazione dei territori occupati, Irina Vereshchuk, che parla di almeno 4.390 sottrazioni illegali e annuncia che l’Ucraina sta raccogliendo le prove da sottoporre alla Corte penale internazionale (Cpi). Dopo l’emissione del mandato di arresto per Putin si ripone grande speranza nella stretta collaborazione con la Corte dell’Aja, confermata dall’imminente apertura nella capitale ucraina di un ufficio della Cpi – annunciata dal procuratore generale ucraino – per una sempre maggiore cooperazione sui casi di deportazione. Resta intanto alta la tensione per le operazioni militari che nelle scorse ore si sono nuovamente avvicinate alla capitale, in un attacco che ha visto l’impiego di 15 droni kamikaze Shahed-136, di cui 14 sono stati distrutti dalle forze di Kiev, stando al resoconto dello Stato Maggiore delle Forze Armate.

Nel complesso i russi hanno lanciato 24 raid aerei, 12 attacchi missilistici e 55 attacchi con sistemi di razzi a lancio multiplo, fa sapere. Nessun ferito, ma i frammenti dei droni distrutti dalla contraerea che sono precipitati sul quartiere di Sviatoshynsky, nell’ovest della città, hanno colpito un edificio adibito ad uso commerciale e provocato incendi. Mentre il presidente Zelensky ha fatto visita alle truppe ucraine a Sumy, la battaglia continua a infuriare nell’est: la città di Avdiivka, nel Donetsk, “sta per essere cancellata dalla faccia della Terra” sotto l’intensificarsi dei bombardamenti russi, ha dichiarato Vitaliy Barabash, capo dell’amministrazione militare della città. E si sta trasformando in una Bakhmut: dista soltanto 90 chilometri dalla città simbolo del braccio di ferro fra Kiev e Mosca ed è adesso bersaglio continuo dei bombardamenti mentre, secondo l’Istituto per lo studio della guerra (Isw), la leadership militare russa ha probabilmente già schierato i mercenari della brigata Wagner per consolidare i limitati progressi registrati di recente nella zona.

I combattimenti si sono intensificati anche intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, ha riferito poi il capo dell’Aiea, Rafael Grossi, ritenendo però che un accordo per la sicurezza dell’impianto sia “vicino”. Dopo aver incontrato lunedì Zelensky proprio a Zaporizhzhia, Grossi ha fatto sapere che “molto probabilmente” andrà in Russia nei prossimi giorni. Ciò che invece ancora non si intravede all’orizzonte è una apertura diplomatica che faccia anche pensare a possibili colloqui. Le posizioni restano granitiche e in queste ore il ministro ucraino degli Esteri, Dmytro Kuleba, ricorda che “la pace ad ogni costo è un’illusione”. Parlando ad un evento virtuale in vista della preparazione del secondo Summit for Democracy voluto dal presidente Usa Joe Biden, ha ribadito che “nessun’altra nazione vuole la pace più dell’Ucraina. Ma la pace ad ogni costo è un’illusione. Il popolo ucraino accetterà la pace solo se garantirà la cessazione completa dell’aggressione russa, il completo ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino e il ripristino dell’integrità territoriale del nostro stato all’interno dei confini riconosciuti a livello internazionale”, è tornato a sottolineare Kuleba.

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Peskov ha ammesso che la guerra sarà molto lunga

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“Le cose diventeranno molto più difficili. Ci vorrà molto, molto tempo”. Il commento sulla durata della guerra in Ucraina non arriva da una persona qualunque, bensì dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Secondo quanto riportato dal Guardian, Peskov si sarebbe espresso in questo modo durante una cena a fine dicembre alla presenza di importanti rappresentanti dell’élite russa. Stando alle fonti del giornale britannico, il suo brindisi avrebbe oscurato l’atmosfera della serata tra gli invitati, molti dei quali hanno dichiarato in privato di essere contrari alla guerra in Ucraina. “È stato scomodo ascoltare il suo discorso. Era chiaro che stava avvertendo che la guerra sarebbe rimasta con noi e che avremmo dovuto prepararci per il lungo periodo”, ha detto un ospite rimasto anonimo.

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Lavrov loda Berlusconi, non vede tutto bianco e nero

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“Silvio Berlusconi non cerca di dipingere tutto in bianco e nero, non cerca di intensificare tensioni nel mondo sotto lo slogan della lotta della democrazia contro l’autocrazia”. Non è la prima volta che Serghei Lavrov loda la “ragionevolezza” del leader di Forza Italia, ma questa volta il ministro degli Esteri pronuncia queste parole trovandosi per caso nello stesso momento, nello stesso hotel di Giorgia Meloni, a Nuova Delhi. La premier in una pausa della missione in India, il capo della diplomazia russa in conferenza stampa dopo un G20 Esteri in cui non sono mancate scintille. E di fronte a una domanda della stampa italiana Lavrov non ha perso occasione per elogiare l’ex presidente del Consiglio, su cui ancora una volta rimbalzano commenti da titolo dall’estero. La settimana scorsa era stato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, durante la visita di Giorgia Meloni a Kiev, a rispondere a una domanda sul Cavaliere notando come le sue posizioni sul conflitto fossero dovute al fatto che “la sua casa non è mai stata bombardata”. Di ben altro tenore sono le considerazioni che arrivano da Mosca sul presidente di Forza Italia. Secondo Lavrov, “Berlusconi comprende la necessità di risolvere i problemi da cui dipende la nostra vita”. Come invece, dal punto di vista di Mosca, non fa il governo. Il ministro degli Esteri russo di recente ha sottolineato come l’Italia, da Paese con le “relazioni tra le più amichevoli” con Mosca, si è trasformata rapidamente in uno “dei leader delle azioni e della retorica antirusse”. Un netto cambio di scenario rispetto a quando a Palazzo Chigi c’era il Cavaliere.

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