Nel silenzio festivo del giorno dell’Ascensione Bruxelles si prepara a un vertice europeo rischiosissimo per l’unita’ dell’Ue. Perche’, al di la’ dei dossier specifici, dall’energia al debito comune per la ricostruzione, c’e’ un principio superiore che, sottotraccia, sta dividendo i leader del Vecchio Continente: dove e come dovra’ finire la guerra tra Ucraina e Russia. A dimostrazione di cio’, c’e’ l’assenza delle parole ‘pace’, ‘tregua’ o ‘cessate il fuoco’ nella bozza di conclusioni del summit di lunedi’. La verita’, spiega una fonte europea, e’ che nell’Ue c’e’ chi vuole la vittoria dell’Ucraina ad ogni costo e chi no. Ed e’ un assunto dal quale, da qui alle prossime settimane, Bruxelles non potra’ prescindere. L’Italia, come dimostra la telefonata tra Mario Draghi e Vladimir Putin, si inscrive nell’insieme di quelle capitali convinte di dover tenere aperto il canale diplomatico. E, soprattutto, convinte che gli aiuti militari abbiano come primo obiettivo la cessazione delle ostilita’. Un punto che, al momento, nella bozza di conclusioni e’ assente. L’Ue “resta impegnata a rafforzare la capacita’ dell’Ucraina di difendere la propria integrita’ territoriale e sovranita’. Il Consiglio europeo accoglie la decisione di aumentare il sostegno militare nell’ambito dell’European peace Facility”, si legge nel testo. Si tratta di un documento provvisorio che verra’ discusso domenica in una nuova riunione degli ambasciatori dei 27. E, probabilmente, un incontro interlocutorio verra’ convocato anche venerdi’. Ma il tema resta. E i Paesi baltici sono pronti a puntare il dito contro chi, a loro parere, si accontenterebbe di una compromesso al ribasso alle spalle di Kiev. Degli aiuti all’Ucraina e della strategia diplomatica e militare da adottare rispetto alla guerra i leader dell’Ue ne parleranno nella giornata di lunedi’. Subito dopo sara’ l’energia a finire sul tavolo del vertice. E non saranno rose e fiori. Il RepowerEu e’ tra i punti delle conclusioni del summit, ma se in linea di principio il piano piace quasi a tutti e’ sui finanziamenti che si rischia lo scontro. Con Paesi come l’Italia pronti a rimettere sul tavolo anche il price cap: si tratta, spiegano fonti europee, di un’iniziativa che riguarderebbe solo il gas russo in arrivo in Europa attraverso i gasdotti. E’ una misura che Roma ritiene necessaria non solo come ulteriore sanzione anti-russa ma soprattutto per proteggere i piu’ fragili dal caro prezzi in un contesto in cui ai Paesi ad alto debito viene chiesta prudenza nella spesa corrente, a cominciare dall’evitare un nuovo scostamento di bilancio. Nel capitolo energia potrebbe rientrare anche quello del sesto pacchetto di sanzioni e di quell’embargo al petrolio sul quale, da quasi un mese, Viktor Orban tiene sotto scacco l’intera Ue. Secondo il vice cancelliere tedesco Robert Habeck o al summit si trovera’ la via per una soluzione o, di fatto, Bruxelles dovra’ prendere una strada diversa. C’e’ chi, come Charles Michel, ancora confida che un accordo si possa trovare da qui a lunedi’. Ma non sara’ facile. A Orban servono assicurazioni sulle forniture e fondi per riadattare le raffinerie. E, per ora, l’Ue non ha neanche dato il via libera al Pnrr di Budapest. Eppure per l’Ue la strada e’ tracciata: e’ quella che unira’ le rinnovabili all’obiettivo dell’indipendenza da Mosca. Venerdi’ il G7 del Clima confermera’ la volonta’ di uscire dal carbone in circa dieci anni. E, nell’emergenza energetica di questi mesi, si tratta comunque di un passo coraggioso.