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I ricatti degli ultras della Juve alla società: non disturbate i nostro affari altrimenti ci saranno conseguenze

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Estorsioni, violenze, bagarinaggio, autoriciclaggio: 12 capi banda ultras della Juventus in cella, altri 37 indagati

 

“Ci saranno delle conseguenze”. E a rimetterci sara’ “tutto l’ambiente”. E’ in due riunioni a giugno del 2017 a cui partecipano i capi della curva che le minacce degli ultra’ della Juve nei confronti della societa’, colpevole di aver tagliato biglietti gratis e agevolazioni, prendono forma. E rappresentano il culmine di quella che il gip Rosanna Croce, nelle 112 pagine di ordinanza con cui ha spedito in carcere i vertici del tifo organizzato, definisce una “pesantissima attivita’ estorsiva” nei confronti della societa’ bianconera. I protagonisti sono volti notissimi nel mondo ultra’. C’e’ ‘il presidente’ ‘Dino’ Mocciola, leader dei Drughi ma soprattutto un curriculum criminale di tutto rispetto: una condanna per l’omicidio di un carabiniere durante una rapina, 4 daspo, la sorveglianza speciale per esser stato “interlocutore privilegiato” di esponenti della ‘ndrangheta interessati al business dei biglietti per le partite della Juve. E ci sono i suoi ‘colonnelli’ Salvatore Cava detto ‘Corona, Sergio Genre e Domenico Scarano, e il ‘lanciacori’ Luca Pavarino. E’ lui che fa partire gli insulti contro Koulibaly in Juve-Napoli che costano un turno di chiusura della curva e 10mila euro di multa alla societa’. Ma ci sono anche Umberto Toia, capo di ‘Tradizione’, Roberto Drago e Fabio Trincherio dei ‘Viking’, Cristian Fasoli del ‘Nucleo 1985′ e Giuseppe Franzo, che formalmente non appartiene a nessun gruppo ma e’ una sorta di loro portavoce. E’ proprio quest’ultimo, assieme a Fasoli, Trincherio, Drago e Toia, ad incontrare il 7 giugno del 2017 Alberto Pairetto, responsabile dei rapporti con i tifosi per la societa’, la cui denuncia fara’ partire l’inchiesta. Ed e’ Pairetto che racconta ai pm cosa gli rispondono gli ultra’ quando gli comunica che non ci saranno piu’ favori. “Allora si torna ai vecchi metodi” dice Toia. Quali? Proteste fuori lo stadio e davanti alla sede della societa’, disturbo degli allenamenti, fumogeni in campo e cori razzisti. Al secondo incontro, il 21 giugno, c’e’ anche Cava, che porta le richieste arrivate dal ‘Presidente’: 25 biglietti a gruppo, un borsone con materiale sportivo, inviti alle feste istituzionali. Ed e’ sempre lui ad esplicitare le minacce. “A queste condizioni non ci stiamo e ve l’andate a prendere in culo – lo sentono dire gli investigatori – L’andate a pagare questa cosa…siete proprio…dei pezzi di merda…noi ti mettiamo in condizione a dirci no…bon…, allora, allora, non scherzate troppo se siete quotati in borsa”. Cava spiega anche quale sia l’intenzione degli ultra’. “Non e’ che andiamo con la violenza… diglielo a quelli li’…non e’ che andiamo e li picchiamo…ma glieli facciamo cagare di brutto ‘sti soldi”. E che le minacce siano rivolte ai vertici della societa’ non c’e’ alcun dubbio. “Facendo cosi’ non so se si rendono conto i signori dei piani alti che si crea un punto di non ritorno che non fa bene sicuramente – aggiunge Trincherio – …ci saranno delle conseguenze ma non conseguenze nel senso gambizzazioni, cosi’ violente…ci rimette tutto l’ambiente”. In sostanza, scrive il Gip, tra i capi ultra’ vi era “un accordo diretto a controllare le azioni poste in essere nel corso delle partite giocate dalla Juve, un cosiddetto ‘cartello'” creato dai gruppi per imporre la loro “forza intimidatrice”. Che non risparmiava nessuno: societa’, tifosi ‘normali’ e anche altri gruppi organizzati. Di tutto questo era ben consapevole anche il presidente bianconero Andrea Agnelli, che ai pm spiega come la denuncia di Pairetto rappresenti un “punto di rottura” con il passato. “Alle loro richieste – mette a verbale – la società è stata costretta ad aderire, consapevole delle possibili conseguenze negative come cori razzisti ed altre condotte idonee e a comportare sanzioni pecuniarie, squalifiche o la chiusura della curva”.

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Pugno in campo in 1a categoria, ‘mi ha rivolto insulti razzisti’

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Ha sferrato un pugno ad un avversario, accusandolo di avergli rivolto insulti razzisti. L’episodio è accaduto ieri pomeriggio a Barco di Bibbiano, nel Reggiano, durante la partita di calcio dilettanti Boca Barco-Rubierese, valida per il campionato di Prima categoria (Girone C). A riportare la notizia è il Resto del Carlino di Reggio Emilia. A metà del secondo tempo, il difensore della Rubierese, Afzaz Ilyas, 25 anni, è stato espulso dall’arbitro dopo aver sferrato un pugno al volto all’attaccante avversario Simone Costa, 24 anni.

Quest’ultimo è stato portato poi all’ospedale Maggiore di Parma, ricoverato nel reparto maxillo-facciale. Afzaz, italiano e nato da genitori marocchini a Pavullo nel Frignano (nel modenese), lo accusa: “Per tutta la partita mi ha chiamato ‘scimmia’ e negro di m… – ha raccontato – Io e i miei compagni lo abbiamo fatto presente all’arbitro e all’allenatore avversario. Ma nessuno ha fatto niente. Non mi sono sentito tutelato. All’ennesimo insulto, sono impazzito e l’ho colpito”. Ma si è pentito: “Ho reagito nella maniera più sbagliata possibile. Non sono un violento, non sono mai stato espulso in carriera. Ma la situazione era diventata pesante e ho perso la testa. Negli spogliatoi ho pianto, sono pronto a chiedergli scusa e lo chiamerò a telefono. Ma il razzismo nel calcio non deve esistere e vorrei si scusasse anche lui”.

Il presidente del Boca Barco, Enzo Guerri ha replicato: “Io non ho sentito questi insulti così come nessuno li ha sentiti. Se ci sono stati non è bello ed è sicuramente un fatto da condannare. Ma niente può giustificare ciò che ha fatto, dando un pugno al nostro ragazzo. Questa violenza è inaccettabile”.

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Spara a familiari dell’ex compagno, sfregia al volto ragazzo

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Avrebbe esploso almeno un colpo di pistola contro dei familiari del suo ex compagno, ma il proiettile ha ferito al volto, sfregiandolo in maniera permanente, un ragazzo, estraneo alla vicenda, che stava passando per strada a bordo del suo scooter. E’ l’accusa della Procura di Catania contestata a una 32enne che è stata arrestata e posta ai domiciliari per tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e di offesa di persona diversa da quella alla quale era diretta. All’indagata, già sottoposta alla misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali nell’ambito di altro procedimento penale, è stato notificata ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip.

Le indagini sono state avviate dalla squadra mobile della Questura dopo il ferimento il 3 febbraio del 2024, in via Zirilli nello storico rione San Cristoforo, di un ragazzo catanese incensurato che si era presentato al pronto soccorso dell’ospedale San Marco ferito con un colpo di arma da fuoco al volto. La vittima, poi giudicata guaribile in 30 giorni, ha riportato uno sfregio permanente al volto e ha corso un grave pericolo di vita scongiurato dal fatto che la forza penetrativa del proiettile era stata smorzata dal paravento dello scooter su cui si trovava.

Gli approfondimenti delegati dalla Procura alla sezione specializzata in materia di ‘reati contro la persona, in pregiudizio di minorenni e reati sessuali’ ha permesso di accertare, anche grazie a intercettazioni e all’analisi del telefono cellulare dell’indiziata, che il ferito non fosse il diretto destinatario del colpo esploso, ma verosimilmente una vittima casuale. Il colpo invece sarebbe stato esploso per attriti tra l’indagata e la famiglia del suo ex compagno. In una chat di messaggi, visionata dalla squadra madre e agli atti dell’inchiesta, una persona le scrive “hai preso in faccia un bambino” e lei risponde “a me hanno detto un tunisino, non un bambino, me l’hanno detto loro, quindi non so se sia vero”. La 32enne, anche in considerazione del suo stato di madre di un bambino di tre anni, è stata posta agli arresti domiciliari, convalidati poi dal gip.

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Incidente stradale nel Modenese: morti 18enne e 24enne, altri tre giovani feriti gravi

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Incidente mortale domenica sera a Vignola, in provincia di Modena, un’auto con a bordo cinque giovani e’ uscita di strada, schiantandosi contro un muretto e capovolgersi. Il bilancio: due ragazzi morti, di 18 e 24 anni, e tre feriti. Lo riporta la Gazzetta di Modena. Secondo una prima ricostruzione della dinamica dell’incidente non ci sarebbero altri veicoli coinvolti, l’auto su cui viaggiavano i cinque giovani sarebbe uscita dalla carreggiata prima di schiantarsi contro un muretto. Immediato l’intervento dei soccorsi, con 118 e vigili del fuoco. Per il 18enne e il 24enne non c’e’ stato nulla da fare. Un altro giovane è stato trasportato in condizioni gravissime all’ospedale dall’elisoccorso, feriti anche gli altri due occupanti della vettura.

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