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Economia

I redditi sono insufficienti per sei italiani su dieci

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Quasi il 60% delle famiglie italiane ritiene il proprio reddito inadeguato rispetto alle necessità primarie. Il welfare in Italia è ‘fai da te’: nello specifico, il 58% trova sostegno nella rete familiare, solo il 29% nei servizi pubblici. Inoltre, una famiglia su sei ha responsabilità di cura verso familiari non autosufficienti. Sono alcuni dei dati che emergono dall’Osservatorio sguardi familiari di Nomisma. “La congiuntura economica è favorevole e il tasso di occupazione è positivo, ma questo non sembra più sufficiente per garantire il benessere di tutti. Facciamo attenzione alle nuove solitudini perché c’è molta fragilità. Pertanto, le imprese sono chiamate a fare di più per i bisogni di chi lavora”, commenta il direttore sviluppo di Nomisma e responsabile dell’Osservatorio Marco Marcatili. Oltre la metà delle famiglie italiane (59%) considera inadeguato il proprio reddito. Il 15% giudica il proprio reddito insufficiente per far fronte alle necessità primarie, il 44% valuta le proprie entrate appena sufficienti per arrivare a fine mese. L’85% delle famiglie ha tagliato le spese per il tempo libero, il 72% ha ridotto i consumi culturali, il 67% le attività sportive e ben una famiglia su due ha dovuto ridurre le spese sanitarie, il 28% ha tagliato sulle spese per l’istruzione. Una famiglia su dieci dichiara che non potrebbe far fronte economicamente alla nascita di un figlio.

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Economia

Quasi 10 milioni i cittadini che hanno richiesto un prestito

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Quasi 10 milioni i cittadini che hanno richiesto un prestito nel 2023, soprattutto tra i disoccupati o chi ha contratti a tempo determinato. E per un aiuto economico ci si rivolge in primis alle famiglie e in seconda battuta alle banche, ma non mancano i casi in cui si ‘cade’ nel mercato illegale del credito o nell’usura. E’ quanto emerge dal rapporto Istat ‘Le richieste di aiuto economico dei cittadini’ per l’anno 2023, in cui si sottolineano il contesto di ‘fragilità sociale’ e lo stato di ‘subalternità e dipendenza’.

“Nel 2023, circa 9 milioni 762mila, pari al 23,1% dei cittadini con età compresa tra i 18 e 74 anni per far fronte a momenti di particolare difficoltà o mancanza di liquidità hanno chiesto un prestito o un aiuto economico a familiari, amici, vicini di casa, società finanziarie, banche (inclusi i servizi bancari della posta) o ad altre persone – rileva l’Istat – senza differenze significative tra maschi e femmine, ma con un’incidenza più elevata tra i cittadini stranieri (39,8%) rispetto agli italiani (22,4%)”.

La quota di chi richiede un prestito/aiuto tra i disoccupati arriva al 34%. In generale, il 54,7% si è rivolto ai familiari, il 31,4% alle banche, il 22,7% alle società finanziarie, il 7,4% agli amici o ai vicini di casa, il 2,4% ad altre persone. I familiari concedono il prestito/aiuto nel 97% dei casi, chiedendo in cambio un interesse soltanto al 7,5% dei richiedenti. Il 27,7% di chi ha ricevuto il prestito non sa valutare se l’interesse pagato è più alto o meno rispetto a quanto avrebbe richiesto la propria banca.

La fragilità sociale è all’origine delle richieste di aiuto economico e tende a porre i soggetti interessati in uno stato di subalternità e dipendenza. “Inoltre – osserva l’Istat – i cittadini in questa condizione possono trovarsi ad avere relazioni con soggetti/operatori afferenti a un’area grigia, incluso il mercato illegale del credito e l’usura.

“L’impatto che il fenomeno ha sulla vita dei cittadini e sul tessuto socio-economico nel suo complesso è rilevante e impone la disponibilità di una solida base informativa statistica al fine di monitorarne l’andamento”. Maggiori richieste di prestito si registrano tra chi non lavora o ha contratti a tempo determinato: “sono le persone in cerca di occupazione, più degli occupati e degli inattivi, a chiedere una qualche forma di aiuto economico – si legge nel rapporto – si tratta del 34% dei primi, rispetto al 24% e al 20,6% dei secondi”.

Rilevante la tipologia di contratto dei lavoratori dipendenti: mentre ha chiesto un aiuto economico il 31,2% dei lavoratori dipendenti con contratto a tempo determinato, la percentuale scende al 22,8% tra quelli con contratto a tempo indeterminato. Alla famiglia ha chiesto aiuto una quota decisamente superiore di persone in cerca di occupazione (24,4%) rispetto agli occupati e agli inattivi (12,1%); chiedono più spesso aiuto alle società finanziarie sia gli occupati (6%) sia i cittadini in cerca di occupazione (6,4%) rispetto agli inattivi (4%), mentre si rivolgono alle banche con maggior frequenza gli occupati (9,1%) rispetto ai cittadini in cerca di occupazione (4,8%) e agli inattivi (5%).

La richiesta di un prestito o di un aiuto economico è più diffusa tra chi ha un titolo di studio di scuola secondaria: sono il 24,7% dei diplomati, a seguire i cittadini con titolo fino alla licenza media (23,1%), e in misura inferiore i laureati o in possesso di un titolo ancora superiore (19,7%). Oltre la metà dei cittadini quando ha bisogno di aiuto si rivolge alla famiglia raggiungendo una quota di circa 5 milioni 344mila.

A seguire, oltre 3 milioni (circa 3 milioni 69mila) si sono rivolti alle banche, circa 2 milioni 213mila alle società finanziarie, oltre 700mila (circa 722mila) agli amici o ai vicini di casa e circa 235mila ad altre persone. Richieste di prestito o aiuto economico si registrano soprattutto nelle classi di età comprese tra i 18 e i 44 anni (28,5%).

Al crescere dell’età diminuiscono i cittadiniche chiedono un aiuto economico: poco più di un quarto (22,9%) dei 45-64enni e il 14,5% dei 65-74enni. Le richieste di aiuto sono più diffuse nelle Isole (26,3%) e nel Sud (25,7%), segue il Centro (24,2%), mentre si collocano sotto la media il Nord-est (20,9%) e il Nord-ovest (20,3%). Tra le regioni spiccano la Puglia (28,4%), il Lazio (27,6%) e la Sicilia (27,3%); sopra la media anche la Calabria, la Campania, l’Umbria e l’Emilia Romagna.

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Ambiente

Terna: autorizzato ammodernamento elettrodotto Patria-S.Antimo

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Con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, è stato autorizzato il progetto di Terna per l’ammodernamento dell’elettrodotto a 220 kV “Patria – Sant’Antimo” in provincia di Napoli. L’intervento, per cui la società guidata da Giuseppina Di Foggia investirà oltre 20 milioni di euro, prevede la realizzazione di una nuova linea di 8,5 km, di cui 8 km interrati. Il progetto coinvolgerà i comuni di Napoli, Marano di Napoli, Mugnano di Napoli, Melito di Napoli e Sant’Antimo. L’opera porterà significativi benefici: da un lato, l’incremento della qualità e dell’affidabilità del servizio elettrico locale; dall’altro, la drastica riduzione dell’impatto visivo e paesaggistico grazie alla sostituzione di infrastrutture aeree con cavi interrati.

Una volta completata, sarà possibile demolire oltre 6 km di linee esistenti e 18 sostegni, liberando circa 21 ettari di territorio in zone fortemente urbanizzate. Nelle prossime settimane Terna avvierà la progettazione esecutiva e le attività propedeutiche all’apertura dei cantieri, prevista per il prossimo anno. Questo intervento rientra in un più ampio piano di rinnovo, che interesserà anche l’elettrodotto a 220 kV “Sant’Antimo – Fratta”. I

n questo caso, la nuova linea interrata, lunga circa 8 km, attraverserà i comuni di Sant’Antimo, Grumo Nevano, Frattamaggiore e Frattaminore (Provincia di Napoli) e Sant’Arpino (Provincia di Caserta). Per questa opera, Terna investirà circa 18 milioni di euro, consentendo la demolizione di 5 km di linee aeree e lo smantellamento di 17 tralicci, liberando 17,5 ettari di territorio nelle vicinanze dei centri abitati. Terna conferma così il proprio impegno nel potenziamento e nella sostenibilità della rete elettrica, contribuendo alla tutela del paesaggio e al miglioramento della qualità della vita nelle comunità locali.

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Economia

Una montagna di tasse non riscosse, 1.275 miliardi

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Il 2025, l’anno che dovrebbe vedere il calo del carico fiscale sul ceto medio, arriva con una conferma: c’è una montagna di tasse non riscosse. Una montagna che supera i 1.200 miliardi. Questo anche se in parte si tratta di crediti inesigibili per l’erario. Ma il recupero del non pagato intanto procede bene, almeno per la parte che riguarda chi decide di rottamare le cartelle fiscali: negli 11 mesi del 2024 sono rientrati in cassa (senza more e multe) 4,6 miliardi. Resta l’obiettivo del governo ribadito sulle colonne del Corriere della Sera dal viceministro all’Economia Maurizio Leo: abbassare la pressione del fisco sul ceto medio allegerendo l’aliquota Irpef, quella del 35%. Plaudono FdI e FI. Ma il vero punto sono le risorse che, come sempre, sono risicatissime.

L’esecutivo aveva tentato con il concordato preventivo biennale per gli autonomi (che il prossimo 16 gennaio dovranno andare comunque in cassa a versare gli acconti). Ma la misura ha raccolto meno (rpt: meno) di quanto ipotizzato: 1,7 miliardi contro 2,5. C’è quindi da recuperare risorse e la Lega già da mesi punta sulla quinta edizione della rottamazione che continua intanto a dare buoni risultati. Se ne potrebbe parlare durante l’esame del Milleproroghe.

Ma il rischio è che la misura, se ripresentata dalla Lega via emendamento, possa essere espunta per estraneità alla materia del provvedimeto. Si tratterebbe infatti di una riapertura dei termini, non di una proroga. Ma il confine tra le due fattispecie è abbastanza labile. Ci sarebbe spazio per un tentativo. “Sul piano della riduzione della pressione fiscale, c’è ancora da fare, partendo dai redditi medi che necessitano di un’attenzione specifica. Lo faremo, come sempre, con scelte responsabili e sostenibili finanziariamente”, dichiara Leo.

Il viceministro spiega la filosofia della sua riforma: “al cuore c’è l’idea che il fisco debba abbandonare, ove possibile, il ruolo di ‘controllore sospettoso’ per diventare un ‘partner affidabile'”. E sul non riscosso: “è stata istituita una commissione tecnica, incaricata di analizzare il ‘magazzino della riscossione’, ossia l’insieme dei crediti fiscali non riscossi, con l’obiettivo di proporre soluzioni che evitino l’ulteriore accumulo e il relativo smaltimento di questi crediti che, al 31 dicembre 2024, ammontano a 1.275 miliardi di euro”. Intanto “nel 2024 lo Stato è riuscito a recuperare 32,79 miliardi di euro, una cifra in netto aumento rispetto al 2023 (31 miliardi)”.

Intanto, secondo la relazione finale dell’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, nei primi 11 mesi dello scorso anno la rottamazione ha permesso di incassare 4,6 miliardi. 31,6 miliardi in cassa negli ultimi 8 anni. Anche per questo il cantiere delle rottamazioni è destinato a riaprirsi soprattutto dopo la richiesta già formalizzata dalla Lega in sede di manovra. L’emendamento relativo fu ritirato e non era visto di buon occhio da Leo che però, in quei giorni, era alle prese con il risultato non esaltante del concordato biennale per gli autonomi.

Proprio questo risultato aveva spinto la Lega a puntare su una nuova riapertura della rottamazione. La quinta versione del provvedimento. E ora non è escluso che la proposta della Lega possa appunto tornare sotto forma di emendamento al decreto Milleproroghe. E’ già partito intanto l’aumento delle rate per pagare i debiti: pochi giorni fa l’agenzia della Riscossione ha annunciato la novità voluta da Leo che prevede il pagamento delle cartelle a rate fino a 7 anni (84 rate) con una semplice richiesta online. Lo scadenzario fiscale chiama nel frattempo in cassa le partite Iva con redditi fino 170mila euro che, sempre grazie ad un emendamento della Lega, hanno potuto contare su qualche mese in più per pagare Irpef, Ires e Irap. Entro giovedì prossimo, 16 gennaio, sono circa 300mila quelle chiamate in cassa e si potranno pagare in unica soluzione il 16 oppure in cinque rate di pari importo, da gennaio a maggio 2025.

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