Se la spassavano all’Hotel San Pietro, in costiera amalfitana. Coccolati dal personale dell’albergo più bello e costoso al mondo. Massima attenzione e discrezione per gli illustri ospiti distesi e rilassati. Gli ospiti del San Pietro sono due signori finiti al centro dell’inchiesta della procura antimafia di Napoli che rimette in relazione una azienda pubblica (RFI, rete ferroviaria italiana) e un clan della camorra, la cosca dei casalesi.
Le vacanze a Positano tra l’imprenditore del clan dei casalesi e il dirigente di RFI
I due dei soggetti finiti al centro dell’inchiesta sui vertici della Rete ferroviaria italiana sono Massimo Iorani, dirigente romano dell’area tecnico-commerciale; e Nicola Schiavone, braccio imprenditoriale e finanziario della potente cosca mafiosa casertana. Era l’8 settembre quando i carabinieri che seguono i due soggetti (anche i carabinieri alloggiano nel San Pietro per pedinarli) registrano Schiavone che salda il conto del soggiorno di Iorani (pagamento in contanti). La distinta del pagamento effettuato (acquisita ovviamente dagli investigatori dell’Arma) tra le spese effettuate annotano anche la gita in barca. Tutto filmato, fotografato e intercettato: materiale investigativo, probatorio, di grande interesse. Tutto consegnato dai carabinieri ai pm Antonello Ardituro e Graziella Arlomede, che sotto il coordinamento dell’ aggiunto Luigi Frunzio, conducono questa inchiesta delicata (l’ennesima) dell’infestazione delle imprese pubbliche dalle mafie che si insinuano negli appalti. I carabinieri sono andati poi negli uffici romani di RFI di piazza della Croce rossa. Hanno acquisito atti relativi ad appalti per decine di milioni di euro. Un decreto di perquisizione è stato notificato nei confronti di un altro dirigente della Rfi, vale a dire Pierfrancesco Bellotti, manager del reparto di tecnologia, sempre in relazione ad alcuni contatti con Schiavone. Quello che si vuole capire è dove il clan dei casalesi ha inserito sue ditte nella costruzione di opere ferroviarie in Italia. Quali appalti si sono aggiudicati. E come hanno superato i controlli e le norme antimafia che pure presidiano questo settore delle opere pubbliche.
Francesco Schiavone detto Sandokan. È stato il primo padrino dei casalesi a manovrare sindaci e piegare istituzioni agli interessi del clan e ad avvicinare imprese mafiose al mondo degli appalti delle grandi aziende pubbliche
I Pm Ardituro e Arlomede “parlano” con Giuseppina Nappa la moglie di Sandokan, il padrino dei Casalesi
L’inchiesta di Ardiutro e Arlomede punta a verificare la qualità dei rapporti tra Nicola Schiavone e i dirigenti della Rfi, anche sulla scorta di regali e “attenzioni” assai costose ritenute sospette. Chi sta aiutando a ricostruire questi rapporti è un racconto in questi giorni Giuseppina Nappa. La maestra Giuseppina (era una insegnante) è la moglie di Francesco «Sandokan» Schiavone. Ed è la madre di Nicola Schiavone jr, che da 14 mesi collabora con la giustizia. In sintesi, Nicola Schiavone jr va considerato come un uomo di fiducia del potente boss dei casalesi, uno che “non ha mai abbandonato la nostra famiglia”.
Che cosa significa? La signora Nappa potrebbe o dovrebbe essere più chiara e meno sibillina. La donna per fare capire quanto è importante l’imprenditore Schiavone per la sua famiglia (oggi la signora vive in una bella cittadina delle marche con le sue figlie femmine, che studiano) si affida a una metafora. Anche questa metafora assai sibillina. “Nicola Schiavone – dice la Nappa – usa il lievito madre che molti anni fa ha preparato mio marito”. Per un magistrato non basta. Non è chiaro. La signora vuol dire che l’imprenditore Schiavone avrebbe messo a frutto capitali e risorse di origine camorristica. Tra questi capitali ci sono anche gli appalti nella Rete ferroviaria italiana. L’inchiesta è la storia del tumore mafioso che si estende nei gangli vitali dell’impresa pubblica. Ci sono diciassette indagati, spiccano i nomi di dirigenti romani, di funzionari napoletani, ma anche di soggetti in odore di camorra, come Nicolina Coppola, moglie di Walter Schiavone, fratello del boss Francesco. Per i magistrati ora c’è il difficile compito (ma sono inquirenti assai capaci) di chiarire come decine di commesse della Rfi finite sono state concesse a imprese in odore di mafia. Decisiva – per la Procura di Napoli – è la ricostruzione del lavoro svolto da Nicola Schiavone. Un imprenditore facilitatore di rapporti tra mafia casalese e impresa pubblica .
I regali costosi dell’imprenditore vicino al clan dei casalesi ai dirigenti di RFI
Dai suoi uffici di piazza dei Martiri e di viale Gramsci, Nicola Schiavone avrebbe esercitato pressioni per veicolare affidi diretti ad aziende amiche, ma anche per rimuovere funzionari poco graditi, all’interno del colosso di piazza Croce Rossa. Appostamenti, fotografie e intercettazioni, dunque. Siamo a settembre del 2018, quando Schiavone viene fotografato in piazza Vittoria, mentre si reca ad acquistare cravatte e foulard dallo stilista Marinella. Sono regali. Regali portati a Positano, dove l’imprenditore-affarista incontra Iorani. Scrivono gli inquirenti: “Si nota, dalle immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza, che Schiavone estrae una busta con banconote da cinquanta euro”. Poi agli atti dell’inchiesta depositati e dunque pubblici c’è una conversazione del 12 settembre, quando ormai il dirigente ha lasciato l’hotel San Pietro.
Le attenzioni di Schiavone per l’ing. Iorani ospitato a Positano, a Sorrento e…
Schiavone chiama un dipendente del San Pietro per informarsi sulla permanenza del presunto ospite e ottiene questa risposta: “L’ingegner Iorani ha riferito che è stato benissimo e che si è rilassato tantissimo e che sarebbe andato verso Sorrento”. Scatta una seconda attività investigativa, che porterà Schiavone (e gli stessi militari) nell’Hotel Bellevue Syrene, sempre a caccia di elementi in grado di spiegare il rapporto tra il dirigente RFI e l’affarista di Casal di Principe. È del tutto evidente che queste attività di indagine dei carabinieri sono fonti di prova contro gli indagati ma non una sentenza di condanna. Gli indagati avranno evidentemente diritto di difendersi e di poter dimostrare (come spesso accade) che non sempre l’accusa è brava nel dimostrare che una persona ha commesso una reato aldilà di ogni ragionevole dubbio. E infatti le tesi dei difensori, tra cui gli avvocati Carlo Fabbozzo, Giovanni Esposito Fariello, Alfredo Sorge e tanti altri esperti legali,sono altre.
La direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli, Candida Carrino , ha dichiarato che lo svolgimento della festa di matrimonio (nella foto in evidenza un momento della festa) con 300 invitati nei locali dell’istituto, avvenuta il 7 dicembre scorso, si è svolto regolarmente e sotto il suo controllo. Tuttavia, l’evento ha sollevato un’ondata di polemiche per l’uso di spazi di alto valore storico, ricchi di affreschi e documenti antichi, per una celebrazione privata.
In risposta alle critiche, la Direzione Generale Archivi del Ministero della Cultura ha disposto l’invio di tecnici per verificare l’integrità dei locali e valutare la compatibilità di simili eventi con la dignità e il decoro del sito.
L’intervento del Ministero della Cultura
Il direttore generale archivi, Antonio Tarasco, ha disposto il sopralluogo per accertare che i monumentali locali non abbiano subito danni e per definire le condizioni restrittive necessarie per future concessioni degli spazi a terzi. In una nota, Tarasco ha sottolineato che sarà valutata l’integrità dei luoghi e del patrimonio documentario, verificando se l’evento si sia svolto in linea con le normative vigenti.
Eventi privati e normative: il punto della Direzione Generale Archivi
La Direzione Generale Archivi ha ricordato che, secondo la normativa, celebrazioni ed eventi privati possono essere organizzati in luoghi di interesse storico e culturale solo con modalità rispettose del valore artistico e documentale degli spazi. Il caso dell’Archivio di Stato di Napoli ha acceso il dibattito sulla necessità di regolamentare con maggiore rigorel’uso di siti culturali per eventi privati, tutelando al contempo il patrimonio pubblico.
Le polemiche e il futuro dell’Archivio
L’evento di Napoli ha suscitato numerose critiche da parte di esperti e cittadini, preoccupati per il possibile danneggiamento di un patrimonio di valore inestimabile. Ora, il sopralluogo dei tecnici rappresenta un passo necessario per garantire che l’Archivio di Stato di Napoli possa continuare a essere utilizzato per eventi pubblici o privati senza compromettere la sua integrità.
E’ di cinque vittime il bilancio dell’esplosione avvenuta ieri al deposito Eni di Calenzano, nei dintorni di Firenze. Questa mattina sono subito riprese le ricerche, e i corpi dei tre dispersi che ancora mancavano all’appello sono stati ritrovati nell’area delle pensiline di carico, dove è deflagrata l’esplosione che era stata segnalata: poco prima dell’incidente, infatti, un operatore che era al deposito aveva dato l’allarme, ma nel giro di pochi secondi si è verificato il grande boato con il successivo incendio. Erano le 10.21 e 30 secondi, questo l’orario registrato.
Nel deposito di Calenzano hanno trovato la morte Vincenzo Martinelli, 53 anni, autista originario di Napoli e residente a Prato dal 1998; Carmelo Corso, altro autista 57enne, originario di Catania che viveva a Calenzano; Davide Baronti, 49 anni, autista nato ad Angera (Novara) e residente in Toscana. Ci sono poi due lavoratori originari della Lucania: Franco Cirielli e Gerardo Pepe. Cirielli, 50 anni, aveva fatto parte della Brigata paracadutisti “Folgore” e viveva con la compagna e due figli piccoli a Cirigliano (Matera), piccolo paese con circa 300 abitanti della collina materana. Pepe, 45 anni, nato in Germania dove i suoi genitori erano emigrati per lavorare, viveva invece a Sasso di Castalda (Potenza).
Sono state disposte le autopsie e serviranno gli esami del Dna per l’identificazione esatta dei corpi. Resta intanto la preoccupazione per le tre persone che sono state ricoverate ieri in codice rosso: in particolare, i due pazienti del centro grandi ustionati di Pisa, entrambi in condizioni molto gravi, e una terza persona che si trova in terapia subintensiva all’ospedale fiorentino di Careggi. Secondo quanto riferito oggi, i due ricoverati a Pisa sono in condizioni gravi e sedati nel reparto di terapia intensiva con ustioni estese in varie parti del corpo. Il fortissimo scoppio li ha centrati praticamente in pieno procurando loro anche traumi e fratture perché entrambi sono stati scaraventati a distanza.
Nelle prossime ore, fanno sapere da ambienti sanitari, saranno necessari ulteriori accertamenti strumentali e diagnostici per delineare un quadro preciso delle lesioni riportate. “Le posizioni dei feriti al centro grandi ustioni di Cisanello sono molto preoccupanti”, ha evidenziato oggi il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, a margine del Consiglio regionale che si è aperto con un minuto di silenzio e la comunicazione dello stesso governatore sull’esplosione di Calenzano. Per Giani è stata “una tragedia di entità fortissima ma che poteva essere anche più grave perché accanto alla pensilina di ricarica ci sono almeno 20 cisterne che contengono carburante, e quindi se vi fosse stato l’innesto di una catena tra l’incendio dalla pensilina fino alle cisterne chissà cosa sarebbe successo”.
E anche oggi non sono mancate le proteste di lavoratori e sindacati che chiedono maggiore attenzione sulla prevenzione. Per quanto riguarda gli altri feriti, ieri la Regione aveva dato un primo bilancio di 10 raccolti nell’area del deposito portati con i mezzi di soccorso negli ospedali. A questi si sono poi aggiunte almeno altre 17 persone, secondo il dato fornito sempre dalla prefettura, che si sono presentate autonomamente negli ospedali, per ferite e contusioni di vario tipo, ma comunque non gravi. La buona notizia è che questi feriti non gravi sono stati tutti dimessi, o sono in fase di dimissione dall’ospedale.
In particolare, sono stati dimessi quelli ricoverati con i mezzi del 118 sia al policlinico fiorentino di Careggi, sia all’ospedale di Prato. E proprio a Prato e negli altri ospedali Torregalli, Santissima Annunziata di Ponte a Niccheri e Empoli, è stato “prestato soccorso ieri ad almeno 21 altri feriti, già tutti dimessi – aggiunge la Regione -. Di questi 19 si sono presentati autonomamente. Nel dettaglio: all’ospedale di Prato sono state assistite 14 persone, a Torregalli 3 persone, altrettante ad Empoli ed una al Santa Maria Annunziata di Ponte a Niccheri”.
Per punire il vicino di casa che avrebbe avuto un alterco con la nonna, un sedicenne ha ferito mortalmente con diverse coltellate, tra cui una al cuore, Christian Regina, 40 anni, operatore del mercato ortofrutticolo di Siracusa. L’omicidio è avvenuto ieri sera, intorno alle 20.30, in una palazzina di via Italia, zona nord della città. Il minore è stato arrestato dagli agenti della squadra mobile e trasferito al centro di prima accoglienza di Catania.
Il provvedimento è stato emesso dalla Procura presso il Tribunale dei minorenni di Catania, che coordina le indagini. I poliziotti delle volanti sono arrivati dopo una segnalazione al 112: percorrendo le rampe di scale gli agenti hanno notato tracce di sangue che diventavano sempre più consistenti verso i piani superiori. I poliziotti hanno trovato sulle scale, al terzo piano, il cadavere di Regina in una pozza di sangue. Subito raccolte le testimonianze dei residenti, in brevissimo tempo hanno individuato il presunto autore che era fuggito.
Il sedicenne dopo alcune ore si è presentato negli uffici della questura accompagnato dal suo avvocato. Secondo una prima ricostruzione, Regina avrebbe avuto una lite con il ragazzo e la causa sarebbe stata il precedente alterco con la familiare del giovane. Prima l’animata discussione, poi probabilmente la vittima avrebbe colpito il giovane con uno schiaffo, scatenando la feroce reazione: il sedicenne sarebbe rientrato a casa per prendere un coltello. Poi ha bussato alla porta del vicino e appena Regina ha aperto è scattata l’aggressione sul pianerottolo.
Poi il minore è fuggito, ma in nottata si è consegnato alla Polizia che lo stava cercando. Agli inquirenti il minore ha fornito la sua versione dell’accaduto: sulle scale avrebbe incontrato Regina in stato di forte alterazione alcolica che in precedenza aveva avuto un alterco con una sua familiare. Da lì è partito tutto, sempre secondo il racconto fornito dai ragazzi agli investigatori. Una versione che dovrà essere accertata.
Il ragazzo è figlio di un esponente di spicco della criminalità siracusana, che recentemente ha subito una pesante condanna per traffico di stupefacenti e si trova rinchiuso in carcere. Via Italia, strada di palazzetti popolari, è una nota zona di spaccio a Siracusa, dove la criminalità locale ha messo su un clan che controlla il mercato della droga.