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Cronache

I messaggini tra la maestra di inglese e lo studente 13enne col quale ha fatto un figlio. Il marito della donna: quel bimbo è mio, lo dirà il test del Dna

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Il marito della professoressa che faceva sesso col 13 enne al quale impartiva lezioni di inglese ha una preoccupazione. Che esprime con una domanda: “Lo perdo, questo figlio?”. È un uomo distrutto dal dolore. È come se gli fosse caduto il mondo addosso. È il marito della donna indagata dalla Procura di Prato per violenza sessuale su minore. La moglie (una infermiera residente a Prato di 35 anni) è stata denunciata dai genitori di un quattordicenne che ha spifferato tutto ai genitori perché non ha saputo più gestire il peso della sua storia con la maestra di inglese. Era un segreto troppo grande per uno che è poco più di un bambino. Allora ha raccontato la storia ai genitori. E la storia, senza voler essere pruriginosi, è questa: la donna che gli faceva ripetizioni d’inglese a domicilio, cinque mesi fa avrebbe partorito un bimbo avuto proprio con lo studente. Almeno così sostiene lei. A dirlo al ragazzino, prima che smettessero di vedersi, è stata sempre lei.
Ora mettetevi nei panno del marito. Scopre che la moglie lo tradiva. Che lo tradiva con un bambino. E che quel neonato che da cinque mesi pensava fosse suo figlio in realtà, a giudicare dal racconto della moglie, è il frutto di un rapporto sessuale con un bambino. Lui, ovviamente, spera che niente di quello che ha raccontato sia moglie sia vero. Vive sotto lo stesso tetto. E potete immaginare i rapporti quali possono essere. Quest’uomo, vittima anche del circo mediatico,  ha accompagnato la moglie in Questura a Prato a firmare il consenso per prelevare al neonato il dna. Ora è lui che vuole sapere se dagli esami del Dna quel bimbo ha il suo patrimonio genetico o è figlio di altri. A prescindere di chi sia. Se del ragazzino al quale la moglie dava ripetizioni o di altri. Lui vuole sapere se quel neonato è suo figlio. Già domani arriveranno i risultati che accerteranno di chi è la paternità. Quali che siano i risultati dell’esame del Dna, però, chi segue per ragioni professionali questa storia, ci racconta che questo papà disperato sente suo il piccolino. Non solo perché l’ha già riconosciuto all’anagrafe. Da cinque mesi, insieme alla moglie, gli dà la pappa, gli fa il bagnato, lo addormenta, lo calma quando piange.
La sua preoccupazione oggi è: “Ma lo perdo il figlio?”, ha detto ai poliziotti.
L’accusa contesta alla  moglie dopo la denuncia del ragazzino è pesante: violenza sessuale aggravata dal fatto che il ragazzino violentato era affidato alle sue cure. Lei si dichiara innocente e anche ieri al suo avvocato, Mattia Alfano, ha detto in questi giorni di voler essere interrogata dai magistrati pratesi. Ed è probabile che accada oggi che vada in procura. Sempre al suo avvocato, la donna ha chiesto di poter parlare anche con i genitori del ragazzino che ha violentato, dal quale avrebbe avuto un figlio. “Voglio parlare con loro”. Forse  vuole dimostrare la sua buona fede, forse vuole spiegare che è successo ma che non c’è stata violenza, ma l’avvocato ha stoppato questa richiesta, e le ha consigliato di farsi prima interrogare dal procuratore Giuseppe Nicolosi. Poi si vedrà.  La notizia choc è fresca, ci sono ancora indagini in corso, tutto sembra ancora prematuro. Certo i media che mestano nel torbido, alimentano storie, evidenziano aspetti pruriginosi piuttosto che raccontare quello che c’è agli atti, inventano di sana pianta racconti che non esistono, non aiutano le indagini. Anzi le frenano, le depistano.
La Squadra mobile di Prato ha una delega della procura a trovare ogni prova che dimostri la veridicità del racconto della donna. E allora i poliziotti setacciano i telefonini della maestra e del ragazzino. Cercano riscontri.
E pare siano stati trovati messaggini di lei. Il cui contenuto, però, non è scabroso, ma ha il sapore della normalità: “Dove sei?”; “Rispondimi”;”Quanto arrivi?”. “Perché non rispondi?”. Che cosa dicono questi messaggini? Che c’era un rapporto sessuale? Sono messaggi che mostrano una donna che deve dare ripetizioni e che è in ansia perchè  non arriva l’alunno? O sono l’ossessione amorosa della donna che non vede l’ora di vedere il ragazzino? Nella loro chat, comunque, non ci sono cuoricini o altri segnali compromettenti. Niente che faccia pensare a sesso. Forse, però, molti messaggi potrebbero essere stati cancellati. E se sono stati cancellati? Se cosi fosse, la polizia è incaricata di recuperarli nella memoria dei cellulari.
Il ragazzino, oggi 14enne, descritto da chi indaga come sportivo, atletico, all’apparenza più grande della sua età, ha raccontato che lei, la prof, non lo lasciava in pace. Anche questo ha scritto nella querela l’avvocato Roberta Roviello, che assiste i genitori. Presto sarà sentito in audizione protetta, alla presenza di uno psicologo. Intanto ha ricominciato a frequentare la scuola e pian piano sembra aver recuperato un po’ di serenità. Anche l’ infermiera, dice l’ avvocato Mattia Alfano, ha ripreso la sua vita di sempre. Sperando che domani il verdetto del dna farà chiarezza almeno sulla paternità del bambino venuto al mondo cinque mesi fa.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Cronache

Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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