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I familiari delle 4 vittime di Napoli: niente funerali di Stato farsa, piangiamo i nostri morti a Torre del Greco

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Nessun funerale di Stato. Non li vogliono. Non ci credono al cordoglio dello Stato. Una cerimonia privata a Torre del Greco. Così saranno salutati da famiglie, amici, conoscenti Matteo Bertonati, Giovanni Battiloro, Gerardo Esposito e Antonio Stanzione, i quattro ragazzi rimasti schiacciati nel crollo del ponte Morandi a Genova. Le altre due vittime che piange Napoli nella tragedia di Genova sono Gennaro Sarnataro, 48 anni, autotrasportatore di Casalnuovo, e Stella Boccia, 23 anni, napoletana originaria di Somma Vesuviana.

Il ponte Morandi. Sotto il cemento sono stati recuperati i corpi di quattro ragazzi di Torre del Greco

“Non vogliamo funerali di Stato, non vogliamo funerali farsa: Matteo, Giovanni, Gerardo e Antonio torneranno a casa, i funerali si faranno domani (oggi per chi legge, ndr ) a Torre del Greco”, spiegano i genitori delle giovani vittime. Una decisione che assume un valore politico 48 dopo la tragedia, quando ancora si inseguono responsabilità, provvedimenti da intraprendere, polemiche su chi avrebbe dovuto (e non lo ha fatto) vigilare su un ponte malato. L’ultimo viaggio dei ragazzi torresi inizierà questa mattina alle 5: le quattro bare partiranno da Genova e rientreranno in città nel pomeriggio, poi ci saranno i funerali nella Basilica di Santa Croce alle 17.30.

I ragazzi di Torre del Greco. Matteo Bertonati, Giovanni Battiloro, Gerardo Esposito e Antonio Stanzione

“Mio figlio non diventerà un numero nell’elenco dei morti causati dalle inadempienze italiane, farò in modo che ci sia giustizia per lui e per gli altri: non dobbiamo dimenticare”, spiega tra i singhiozzi Roberto Battiloro, papà di Giovanni. “Non vogliamo un funerale farsa, ma una cerimonia a casa, nella nostra chiesa” ripete anche il sindaco di Torre del Greco Giovanni Palomba, andato a Genova per stare vicino alle  famiglie di Torre del Greco dopo aver proclamato il lutto cittadino. «Da parte nostra – ha detto – abbiamo offerto ogni possibile aiuto di carattere materiale alle famiglie delle quattro giovani vittime». I ragazzi, tra i 20 e i 30 anni erano in viaggio per Barcellona. Si sarebbero fermati a Nizza dove c’è la sorella di uno di loro. Appena lasciata Genova, altre due ore di auto e avrebbero mangiato qualcosa a Nizza. Erano allegri. Avevano postato sui social la loro voglia di vacanza, di relax, di divertimento in terra di Spagna, un Paese che amavano.
Nel giorno di Ferragosto si sarebbero dovuti vedere a Barcellona con un loro amico, Marco Raiola, anche lui nato nella città vesuviana ma da alcuni anni trasferitosi in terra iberica per questioni di lavoro. “Ho sentito i ragazzi ieri fino alle 11 attraverso messaggi – ha raccontato Marco – poi ho notato che successivamente non mi rispondevano più. All’inizio non ci ho dato peso, poi ho capito che qualcosa di grave poteva essere successo”. Anche Stella Boccia, nata a Napoli 24 anni fa, è morta con il suo fidanzato Carlos Jesus Eraso Truijllo, 27 anni. Anche per lei la famiglia vuole funerali privati. Entrambi vivevano nei dintorni di Arezzo. I genitori di Stella hanno un ristorante a Civitella Val di Chiana e su Facebook hanno scritto: “Ci scusiamo con la nostra clientela ma saremo chiusi per Lutto. Purtroppo un pezzo del nostro cuore è rimasto sotto le macerie del ponte di Genova”. L’ultima vittima è un autotrasportatore napoletano, Gennaro Sarnataro, 43 anni. I parenti sono arrivati nella tarda mattinata del 15 agosto alla camera mortuaria dell’ ospedale San Martino per svolgere le pratiche burocratiche. L’uomo si occupava di trasporto di ortofrutta e stava rientrando in Italia dalla Francia. “Era un grande lavoratore, una persona perbene” è stato lo stringato commento dei familiari davanti all’ obitorio.

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Consulenze e pressioni, ‘urbanistica in mano ai privati’ a Milano

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Spunta anche un “contratto” del 28 giugno 2024, tra l’allora presidente della Commissione paesaggio Giuseppe Marinoni e un architetto con una società in Svizzera, per uno “scambio di informazioni riservate” finalizzato “alla valutazione di opportunità di collaborazione su vari progetti”, nelle centinaia di pagine di atti dell’inchiesta milanese, con più di 70 indagati, tra cui il sindaco Giuseppe Sala, che sta mettendo in difficoltà Palazzo Marino.

Non solo elementi di prova messi in fila con gli accertamenti del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, ma anche una base giuridica che per la Procura, diretta da Marcello Viola, è chiara. A partire da un rapporto del Governo Monti del 2013, passando per indicazioni dell’Anac fino alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, per gli inquirenti è netto il giudizio che intervenire, come accaduto nella metropoli così mutata negli anni, con “varianti” zona per zona al piano urbanistico, dichiarate od occulte e a vantaggio degli immobiliaristi, è di per sé un indice di corruzione.

Un quadro questo in cui, poi, dal punto di vista probatorio, i pm Petruzzella, Filippini e Clerici, con l’aggiunta Tiziana Siciliano, sono convinti anche di aver trovato un “sistema” fatto di “pressioni” e tangenti “mascherate” con consulenze per un totale di quasi 4 milioni di euro. Le analisi, inoltre, sono ripartite ora col sequestro di documenti, su altre decine di interventi immobiliari, e di dispositivi e telefoni, tra cui quello dell’assessore Giancarlo Tancredi. Lui è pronto a difendersi il 23 luglio, davanti al gip Mattia Fiorentini, dal rischio dei domiciliari, ma anche a fare a breve un passo indietro. “Sono fiducioso… non per l’amministrazione, ma per i partner che ci stiamo trascinando dietro.

L’urbanistica l’hanno sempre fatta loro, da 20 anni. Adesso noi li stiamo convincendo a farla un po’ meglio”, diceva in una chat del 4 agosto 2024 Marinoni, per il quale la Procura ha chiesto il carcere. Dialogava con Federico Pella, manager della J+S (richiesta di carcere pure per lui) con parole “emblematiche”, secondo i pm, perché in quel periodo “il programma strategico dei Nodi”, ossia un piano di “speculazione” nelle aree esterne verso l’hinterland, “era da tempo avviato” e “volgeva alle battute conclusive della consegna dei masterplan e PPP”, ossia il partenariato pubblico-privato.

Tuttavia, “si addensavano le ombre dei dubbi sollevati da alcuni dirigenti e funzionari del Comune, che avevano riserve sulle eccessive altezze e volumetrie e su altri aspetti di quei progetti”. Negli atti anche una chat di un anno e mezzo prima nella quale Marinoni mostrava tutta la sua gioia a Pella per aver ottenuto il patrocinio di Palazzo Marino, su “proposta” di Sala e Tancredi, su quel dossier sui “Nodi”. Il 13 gennaio 2023 scriveva: “Oggi mi hanno mandato il patrocinio del Comune per lo studio sugli svincoli … inizio con i miei amici di Lugano a trovare gli sponsor per finanziare lo studio”. E il primo luglio 2024, sempre a Pella: “Ho riparlato con Tancredi sui nodi (…) poi incontrerò anche Bardelli (ex assessore alla Casa, ndr) su questo argomento. Vorrei proporgli se su ogni nodo riusciamo a collocare 100mila metri quadri di edilizia”.

Lo stesso Marinoni, figura centrale nella maxi inchiesta, “almeno dal 2017”, come viene fuori dai messaggi, viaggiava all’estero assieme ad un architetto con base a Lugano, Paolo Colombo, anche lui indagato, “alla ricerca di Nodi da studiare urbanisticamente, individuando luoghi e rintracciando soggetti interessati a concludere accordi e a cui vendere i masterplan” per “avviare massicce speculazioni edilizie”. Per i pm, “impressiona l’analogia con la vicenda milanese”. Il “pianificatore di Nodi”, tra l’altro, nel gennaio 2024 suggeriva a Colombo: “Ho visto che andiamo assieme in Azerbaijan (…) se dobbiamo portare una presentazione con masterplan considera anche la possibilità di mettere le realizzazioni di Porta Nuova e piazza Gae Aulenti”.

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Lesioni gravissime a neonato, pm chiede giudizio per due medici

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Si terrà il prossimo 29 ottobre, davanti al gup di Catania Luca Lorenzetti, l’udienza preliminare sulla richiesta di rinvio a giudizio della Procura nei confronti di due medici del Policlinico Vittorio Emanuele, Gina Currao e Daniela Amalia Palano, accusate di lesioni gravissime a un minore. I due sanitari sono stati già condannati in primo grado a sei anni ciascuno dal Tribunale penale collegiale-III sezione, per falso in atto pubblico mentre è stata dichiarata la prescrizione del reato di lesioni colpose.

Nell’ambito del procedimento penale sono emerse condotte negligenti e imprudenti dei due medici che hanno indotto la Procura a ordinare ulteriori indagini sfociate nella richiesta di rinvio a giudizio. La vicenda riguarda una donna con sofferenza della gravidanza alla 40/a settimana, per l’accusa i due medici avrebbero commesso una serie di errori, ritardando la nascita del bambino, affetto da “grave encefalopatia ipossico-ischemica tetraparesi spastica, grave ritardo neuro-psicomotorio microcefalia, epilessia generalizzata asintomatica, con conseguente indebolimento permanente del tronco neuro encefalico e con gravissime implicazioni anatomo funzionali”.

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Minaccia di aggredire il sindaco per le ganasce, indagini

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In un video, diventato virale su Tik Tok, insulta pesantemente il sindaco di Catania, Enrico Trantino, e poi lo minaccia: ‘la prima volta che ti vedo ti apro la testa con colpi di casco, non ho paura né dei carabinieri, né della polizia…”. Protagonista un catanese che contestava le ganasce che erano state messe alla sua auto, e a quelle di altre vetture, posteggiate irregolarmente in via Santa Sofia, strada d’accesso al Policlinico universitario, dove è accaduto che, per i parcheggi in doppia fila, siano rimaste bloccate le ambulanze dirette al pronto soccorso. Il video è stato condiviso da un migliaio di utenti.

Sula vicenda Trantino presenterà una querela alla polizia postale. Oggi il sindaco di Catania ha parlato dell’argomento in una parte di un post pubblicato su Facebook: “ieri – scrive Trantino – è circolato un video con pesanti minacce nei miei confronti, in conseguenza delle ganasce apposte innanzi Policlinico. Non spiegherò che la situazione è notevolmente migliorata da quando abbiamo iniziato quest’azione di contrasto alla sosta selvaggia che spesso impediva alle ambulanze di giungere più tempestivamente. Quel che mi ha dato da pensare – conclude sulle minacce il sindaco di Catania – è il rischio di circuiti emulativi e il fatto che spesso contenuti simili giungono ai miei familiari, con comprensibili preoccupazioni che conseguono. Se solo ci concentrassimo meno sulla tastiera e pensassimo che ci sono vite vere di gente come noi dietro ogni nome, forse saremmo meno veementi”.

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