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Cronache

I due volti del calcio italiano negli stadi, le maschere di Koulibaly e gli striscioni per l’ultras violento ucciso nei combattimenti

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I due volti di un calcio malato li abbiamo ammirato oggi. Da un lato migliaia di maschere al San Paolo, con qualche tifoso col volto pitturato di nero e l’intero stadio a scandire “Kalidou, Kalidou”, contro l’intolleranza e il fanatismo delle curve ma anche striscioni in altri stadi d’Italia per ricordare l’ultras morto mercoledì sera durante gli sconti che hanno preceduto Inter-Napoli. La Serie A è tornata in campo a tre giorni dai tragici fatti di San Siro – segnati oltre che dagli scontri col morto, anche dai buu razzisti all’ indirizzo del senegalese Koulibaly – nel giorno del via agli interrogatori a Milano, partiti subito con una possibile svolta nelle indagini. Uno dei tre ultra’ arrestati ha indicato nel capo della curva interista l’organizzatore dell’assalto ai tifosi napoletani, e lui ha ammesso la partecipazione agli scontri ma negato altre responsabilita’ ed e’ rimasto in liberta’. In ogni caso, la presenza di armi e bastoni sul luogo degli scontri da prima dei fatti dimostra che di casuale non c’e’ stato nulla. In attesa di sviluppi dell’inchiesta, anche il calcio giocato e’ stato oggi inevitabilmente coinvolto negli sviluppi della morte di Daniele Belardinelli e dai buu razzisti. Le manifestazioni di vicinanza del tifo azzurro a Koulibaly sono cominciate fin dall’arrivo del Napoli al San Paolo, con i tifosi di casa che hanno accoltola squadra davanti allo stadio con lo striscione “Siamo tutti Koulibaly: no al razzismo!”. Poi, in campo, al momento del riscaldamento, Faouzi Ghoulam ha indossato la maglia numero 26, con il nome dell’amico fraterno, oggi in tribuna perche’ squalificato ma raffigurato su migliaia di maschere indossate dai tifosi di casa per fargli sentire la vicinanza e la solidarieta’.

Niente da fare invece per l’idea di far indossare le maschere anche ai giocatori di Ancelotti. Un altro tipo di solidarieta’ e’ andata in scena altrove, a conferma della trasversalita’ del tifo estremo: striscioni con la scritta ‘Ciao Dede’ sono apparsi a Parma, dove gli ultras emiliani e della Roma, pur divisi da un’antica rivalita’, hanno trovato unione di intenti in memoria del 39enne varesino, ricordato anche nello stadio di casa, il ‘Franco Ossola’, da una scritta degli ultras del Saronno. E soprattutto a Roma, con gli Irriducibili della Nord, gemellati con gli ultra’ interisti, che hanno lasciato la Curva contro la decisione di non far entrare lo striscione in ricordo del ‘fratello’ morto (“Un ultras non muore mai Daniele con noi”) esposto fuori dall’Olimpico. Gli Irriducibili sono poi tornati nella Nord a inizio del secondo tempo, al grido di “Daniele uno di noi”. Un appello di tono ancora diverso e’ arrivato anche dalla madre di Belardinelli: “Non lo giustifico, ma basta dipingerlo come un criminale”. L’ingente spiegamento di forze dell’ordine per monitorare la situazione non ha comunque impedito di accendere la cronaca che racconta di spintoni e pugni in mattinata tra tifosi del Torino e del Bologna che si sono ritrovati gli uni davanti agli altri nell’area Chianti dell’A1 a Firenze. Nessun ferito, la Digos indaga. Dura la presa di posizione del ministro dell’Interno, Matteo Salvini: “Cominciamo col tenere in galera questi deficienti, che non dovranno mai piu’ mettere piede in uno stadio finche’ campano. Un vero tifoso non lancia sassi ne’ usa coltelli, tolleranza zero!”. Ma contro il leader leghista interviene il presidente dell’Assoallenatori, Renzo Ulivieri: “Non mi meravigliano certi cori negli stadi, se chi ha spesso il microfono davanti dice ‘prima gli italiani…'”. Da Mauro Balata, avvocato e presidente della Lega di B, arriva una proposta: “introduciamo nel codice penale l’aggravante per fatti violenti connessi a eventi calcistici”.

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Cronache

‘Ndrangheta, il clan Briatico voleva uccidere carabiniere in mare

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Un carabiniere della Stazione di Briatico, nel Vibonese, era finito nel mirino del locale clan degli Accorinti-Melluso e la consorteria criminale aveva pianificato sin nei dettagli il suo omicidio. A svelarlo è stato oggi il collaboratore di giustizia, Antonio Accorinti, dell’omonimo clan di Briatico, deponendo dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia nel maxiprocesso nato dalle operazioni della Dda di Catanzaro denominate Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium.

Il militare dell’Arma, ad avviso del collaboratore, sarebbe stato inviso al clan poiché troppo ligio al proprio lavoro e doveva essere ucciso mentre era solito fare pesca subacquea in luoghi appartati della scogliera di Briatico. Un uomo del clan doveva immergersi in acqua ed eliminarlo, mentre successivamente un gommone con a bordo altri esponenti della consorteria criminale doveva prelevare il corpo e farlo sparire. “Ho poi riflettuto attentamente su tale programmato omicidio – ha dichiarato in aula il collaboratore Accorinti – e ho desistito poichè avendo già dei procedimenti penali in corso per aver offeso e minacciato in un’occasione tale carabiniere, in caso di un suo omicidio i sospetti delle forze dell’ordine sarebbero ricaduti subito su di me”.

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‘Truffa all’Inps’, arriva altra grana per Santanchè

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Potrebbe chiudersi nel giro di poco tempo l’udienza preliminare che si aprirà dopodomani a Milano in cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè con altri due imputati, tra cui il compagno Dimitri Kunz, e due società rispondono di truffa aggravata all’Inps sul caso Visibilia. La procura contesta presunte irregolarità legate alla cassa integrazione ottenuta per 13 dipendenti durante il Covid con ingenti danni per l’istituto previdenziale che, in assenza di risarcimento, dovrebbe chiedere di essere parte civile e quindi presentare il conto.

Quello che prenderà il via tra due giorni è il secondo procedimento istruito dai pm milanesi Marina Gravina e Luigi Luzi e l’aggiunto Laura Pedio (ora procuratrice a Lodi) in cui la senatrice di Fdi rischia di finire a dibattimento. La scorsa settimana è cominciata l’udienza preliminare per false comunicazioni sociali a carico della parlamentare e altri 19 persone, anche giuridiche, e che pur procedendo spedita, dovrebbe terminare alla fine di novembre Il caso della presunta truffa, salvo imprevisti, avrà tempi più rapidi. Da quanto si è saputo la gup Tiziana Gueli, salvo particolari questioni o eccezioni, dovrebbe fissare un paio o forse tre udienze, essendo gli imputati in tutto cinque.

Quindi la decisione se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio della procura ed eventualmente, tramite il suo legale, di Inps non dovrebbe arrivare tra molto. Secondo la ricostruzione l’allora parlamentare di Fratelli d’Italia, Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato dalla politica e dal quale nel 2022 è uscita – sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia per 13 dipendenti. Le cui testimonianze, oltre agli esiti di una ispezione Inps e a una serie di accertamenti, sono state raccolte nel corso delle indagini: tutti, o quasi tutti, avrebbero confermato che la ministra sapeva.

Sarebbe stata a conoscenza del fatto che stavano continuando a lavorare mentre l’istituto previdenziale versava i fondi stanziati durante l’emergenza: oltre 126mila euro, per un totale di oltre 20mila ore. A Santanchè, così come agli altri due, viene quindi addebitato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, quando invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”.

Nel mirino ci sono pure le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto allo stipendio: una “differenza”, scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con “finti rimborsi per ‘note spese e spese di viaggio'”. Ma non sono solo queste le grane che la ministra dovrà affrontare: la magistratura di Milano sta indagando, tra l’altro, sulle società ,sempre da lei create e che ha lasciato, del bio-food. In particolare Ki Group srl, fallita lo scorso gennaio. Per novembre è atteso il deposito della relazione del curatore fallimentare, dopo di che i pubblici ministeri decideranno come muoversi.

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Inchiesta corruzione Prato, processo immediato a ufficiale dei Carabinieri

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Giudizio immediato per il tenente colonnello Sergio Turini, ex comandante dei carabinieri di Prato, l’imprenditore pratese Riccardo Matteini Bresci, ad dell’azienda “Gruppo Colle”, e Roberto Moretti, titolare di un’agenzia investigativa a Torino. Per i tre, accusati, a vario titolo, di corruzione e accesso abusivo alla banca dati delle forze dell’ordine il processo si aprirà il prossimo 9 dicembre al tribunale di Prato, sede ritenuta competente dal gip perché nel Pratese sarebbero avvenuti i reati i reati più gravi contestati dalla procura di Firenze.

Il giudice ha accolto la richiesta della procura tuttavia gli imputati, che da giugno sono sottoposti alla misura cautelare attualmente degli arresti domiciliari, potranno chiedere di essere ammessi al patteggiamento o al rito abbreviato. Secondo l’accusa, Turini si sarebbe messo a disposizione di imprenditori amici, italiani e cinesi, accedendo abusivamente al sistema banca dati delle forze dell’ordine per fornire loro informazioni.

Almeno 99 gli accessi individuati, nel corso delle indagini. Avrebbe fornito a Matteini Bresci anche notizie su indagini, coperte da segreto, relative a dipendenti. In cambio, l’imprenditore avrebbe pagato un viaggio negli Usa al figlio del tenente colonnello e interceduto con il sottosegretario agli affari esteri Giorgio Silli (non indagato) perché si attivasse con il comando generale dell’Arma dei carabinieri per garantire la permanenza di Turini a Prato. Sempre il tenente colonello, secondo l’accusa, avrebbe procacciato clienti all’amico Roberto Moretti fornendogli informazioni ricavate abusivamente dalla banca dati in uso alle forze dell’ordine in cambio di vini pregiati.

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