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Esteri

Hong Kong, parla Jimmy Lai, ‘ho difeso la libertà’

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Il magnate dei media pro-democrazia Jimmy Lai è salito sul banco dei testimoni nell’aula del tribunale di West Kowloon, a Hong Kong. Per la prima volta, dopo quattro anni trascorsi nel carcere di massima sicurezza, il tycoon è ritornato a parlare in pubblico nel processo dove è imputato per “cospirazione, collusione con potenze straniere e pubblicazione di materiale sedizioso” in base alla legge sulla sicurezza nazionale di giugno del 2020 imposta da Pechino all’ex colonia britannica. Lai, che rischia la pena massima dell’ergastolo, ha detto di essere entrato nel mondo dell’informazione per “partecipare alla liberazione della libertà. Più sei informato, più sei libero”.

Rispondendo alle domande del suo avvocato, ha detto che il suo quotidiano Apple Daily, costretto alla chiusura nel 2021, ha difeso i “valori fondamentali” del popolo di Hong Kong, tra cui “lo stato di diritto, la libertà di parola e il perseguimento della democrazia”. Alla domanda se la testata si sia mai opposta alla violenza durante le proteste antigovernative di massa di Hong Kong nel 2019, Lai non ha avuto esitazioni: “Sono sempre stato contrario alla violenza in qualsiasi forma”. Ha negato il sostegno all’indipendenza di Hong Kong e di Taiwan, la cui difesa “era una cospirazione per farci cadere in una trappola. L’idea era troppo folle, quindi non l’abbiamo mai menzionata sul nostro giornale”. Lai, fuggito a Hong Kong dalla Cina comunista da bambino, si è dichiarato non colpevole rispetto agli addebiti. I pubblici ministeri l’hanno accusato di aver sollecitato “Paesi stranieri ad intraprendere azioni punitive” contro Pechino, citando i suoi incontri con funzionari tra cui l’ex vicepresidente americano Mike Pence e l’ex segretario di Stato Mike Pompeo.

Ha replicato di aver solo “esposto la situazione: non ho chiesto agli Stati Uniti di fare qualcosa, ho voluto dire qualcosa su quello che succedeva da noi”, in base alla comune condivisione di valori. La pubblica accusa allora ha citato l’elenco di 161 articoli ed editoriali del quotidiano, “prove della sua tendenza sediziosa”. Il tycoon, in possesso di un passaporto britannico, poteva lasciare la città nel 2020 quando erano chiari gli scenari punitivi del governo nei suoi confronti e del movimento pro-democrazia: decise invece di restare per combattere senza speranze a difesa della città che lo aveva accolto. Il processo a suo carico è visto come un barometro del crollo delle libertà nel territorio cinese ad amministrazione speciale.

Martedì la scure dell’Alta Corte ha colpito 45 politici, accademici, giornalisti e attivisti pro-democrazia dell’ex colonia con pene detentive fino a 10 anni nel più grande processo sulla sicurezza nazionale tenuto finora a Hong Kong, colpevoli di “cospirazione al fine della sovversione” a causa “delle primarie non ufficiali” del 2020, ultima grande prova di resistenza alla stretta illiberale della Cina. Da Pechino, il ministero degli Esteri ha accusato Lai di essere “un agente e un lacchè delle forze anti-cinesi”, nonché “il principale cospiratore e partecipante della rivolta anti-cinese a Hong Kong”, ha tuonato il portavoce Lin Jian. Insomma, una condanna anticipata contro il più grande bersaglio della stretta sul dissenso della Repubblica popolare nell’ex colonia britannica.

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Biden: Putin ha fallito, Usa non abbandonino Kiev

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Gli Stati Uniti e i suoi alleati sono più forti dei loro avversari, la Cina in particolare, grazie al lavoro dell’amministrazione Biden sul palcoscenico globale. Nel suo ultimo discorso di politica estera, ad una settimana dall’insediamento di Donald Trump, il presidente americano ripercorre questi quattro anni e manda un messaggio al suo successore: “Non abbandonare l’Ucraina”. “Stiamo vincendo la sfida globale. Ora siamo più forti economicamente, militarmente e dal punto di vista diplomatico”, ha esordito il commander-in-chief nel suo intervento al dipartimento di Stato accolto dall’applauso del segretario Antony Blinken e di tutti i funzionari e dipendenti presenti. Biden rivendica che grazie alle sue politiche l’America è tornata leader nel mondo e si è imposta soprattutto su un avversario, Pechino.

“La Cina non ci ha sorpassato, nonostante le previsioni, e non sorpasserà mai l’economia degli Stati Uniti”, ha sottolineato precisando tuttavia di aver voluto mantenere un dialogo equilibrato con il leader cinese Xi Jinping. Anche su Afghanistan – “la guerra doveva finire, sarò il primo presidente in decenni a non lasciare la guerra in Afghanistan al suo successore” – e Medio Oriente il presidente ha voluto sottolineare i successi della sua amministrazione: l’indebolimento dell’Iran, la caduta di Hezbollah e del regime di Bashar al Assad in Siria. E nonostante il ruolo dell’America nella guerra di Israele contro Gaza è probabilmente uno dei fattori che sono costati la sconfitta alla candidata democratica Kamala Harris, Biden spera di lasciare la Casa Bianca con un accordo concluso.

“Siamo sul punto di vedere finalmente realizzata una proposta che avevo presentato dettagliatamente diversi mesi fa”, ha dichiarato. Il commender-in-chief ha, inoltre lanciato due messaggi a Trump che tra una settimana prenderà il suo posto nello Studio Ovale. Il primo sulla Nato: “ventitre alleati pagano la giusta quota” per le spese della Difesa”, contrariamente a quanto sostenga il tycoon. Il secondo sull’Ucraina, a tre anni dall’invasione da parte della Russia. “Putin ha fallito tutti i suoi obiettivi strategici. L’Ucraina è ancora un Paese libero e indipendente”, ha sottolineato, esortando la nuova amministrazione e i suoi alleati a “non abbandonare” Kiev.

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Il Venezuela sequestra una petroliera della Guyana

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Le forze militari venezuelane hanno sequestrato una petroliera battente bandiera della Guyana con equipaggio cinese a bordo, accusata di essere entrata senza permesso nelle acque del Paese sudamericano. Lo riporta il sito del quotidiano Últimas Noticias. La nave Four Plus, immatricolata IMO 920393, è stata sequestrata mentre era attraccata nel porto di Guamache, nello stato Nueva Esparta perché “non possedeva l’autorizzazione per navigare in acque territoriali”.

Sulla nave è salita una commissione di cui fanno parte il capitano Jackson Bacallao González, comandante della stazione della guardia costiera di Pampatar, un comune dell’isola di Margarita; truppe della direzione generale del controspionaggio militare, dell’unità di intelligence antidroga 71, dell’Immigrazione della polizia bolivariana e dell’Istituto venezuelano degli spazi acquatici.

Le tensioni tra il Venezuela e la Guyana non sono nuove: la settimana scorsa il presidente Nicolás Maduro aveva annunciato che avrebbe fatto campagna elettorale nella Guyana Esequiba per eleggere un governatore nel territorio conteso che misura 149.500 Km2, la metà dell’Italia. Nel 2023 Maduro aveva annesso al Venezuela la Guyana Esequiba con un discusso referendum. Subito dopo il governo della Guyana aveva emesso una nota di protesta, dichiarando che gli abitanti dell’Esequibo “sono cittadini della Guyana che vivono in un territorio sovrano della Guyana” e qualificando l’annuncio di Maduro come una flagrante violazione delle leggi internazionali e della Carta dell’Onu.

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Media, la Cina valuta vendita attività Usa di TikTok a Musk

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Il governo cinese sta valutando un piano che prevede l’acquisizione delle attività americane di TikTok da parte di Elon Musk per evitare che la app venga vietata negli Stati Uniti: lo riporta Bloomberg News. Il piano di emergenza è una delle opzioni che Pechino sta valutando mentre la Corte Suprema degli Stati Uniti decide se confermare o meno una legge che chiede alla società cinese ByteDance di cedere le attività statunitensi di TikTok entro il 19 gennaio. I funzionari del governo cinese non hanno ancora deciso se procedere o meno con l’opzione Musk, si legge nel rapporto, sottolineando che il piano è ancora preliminare.

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