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Esteri

Hong Kong, al via il processo contro l’attivista Jimmy Lai

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Il magnate dei media pro-democrazia Jimmy Lai è da oggi sotto processo presso la Corte di West Kowloon a Hong Kong sulle accuse di “collusione con forze straniere” che potrebbero mandarlo in prigione a vita. Lai, 76 anni e fondatore dell’Apple Daily, è stato incriminato ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale che Pechino impose all’ex colonia a giugno 2020, in risposta alle proteste di massa del 2019 nella città a favore delle riforme democratiche. Il processo dovrebbe durare 80 giorni: il tycoon è una delle figure più importanti a finire nel mirino della legge sulla sicurezza nazionale, che criminalizza atti di secessione, sovversione, terrorismo e collusione con forze straniere fino prevedere la pena massima dell’ergastolo.

Lai si è dichiarato non colpevole delle quattro contestazioni, tra cui due capi di imputazione di cospirazione finalizzata alla collusione con forze straniere e uno di collusione con forze esterne. Deve anche affrontare l’addebito di cospirazione per “pubblicazioni sediziose” legate all’Apple Daily, testata che ha cessato le attività a luglio 2021 con il congelamento dei suoi beni da parte delle autorità e l’arresto di alcuni manager della società. Il figlio di Lai, Sebastien, ha chiesto più volte l’aiuto internazionale per garantire il rilascio del padre, anche durante l’incontro con il ministro degli Esteri britannico David Cameron della scorsa settimana.

“In quanto giornalista ed editore eminente e schietto, Lai è stato preso di mira nel chiaro tentativo di fermare l’esercizio pacifico dei suoi diritti alla libertà di espressione e di associazione. Chiedo alle autorità di Hong Kong di porre fine al procedimento giudiziario e di rilasciare Lai”, ha affermato Cameron in una dichiarazione. Anche il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller ne ha chiesto il rilascio, notando che “le azioni che soffocano la libertà di stampa e limitano il libero flusso di informazioni hanno minato le istituzioni democratiche di Hong Kong e danneggiato la reputazione di Hong Kong come centro economico e finanziario internazionale”.

L’ambasciata cinese a Londra, invece, ha definito Lai un “grande cospiratore e istigatore” delle manifestazioni pro-democrazia del 2019 a Hong Kong e ha difeso il processo definendolo “legittimo e giustificato”. Il procedimento a carico del tycoon doveva iniziare a dicembre 2022, ma fu rinviato dopo che il governatore di Hong Kong John Lee decise di intervenire per impedire all’avvocato difensore di Lai, il veterano britannico Timothy Owen, di rappresentarlo.

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Esteri

Presidenziali in Cile: la comunista Jeannette Jara e il conservatore José Kast volano al ballottaggio

La candidata comunista Jeannette Jara e l’ultraconservatore José Kast si sfideranno al ballottaggio del 14 dicembre. Fuori la destra tradizionale, exploit del populista Franco Parisi.

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La corsa alla presidenza del Cile si restringe a due nomi: Jeannette Jara, candidata del Partito Comunista, e José Kast, rappresentante del Partito Repubblicano e figura di riferimento dell’ultradestra. Con il 40% dei voti scrutinati, gli analisti considerano irreversibile il vantaggio dei due candidati, destinati a sfidarsi nel ballottaggio del 14 dicembre.

Jara in testa, Kast subito dietro

Secondo i dati del Servizio Elettorale (Servel), Jara guida il primo turno con il 26,45% delle preferenze, seguita da Kast con il 24,46%. Una sfida polarizzata tra programmi opposti, a cui si aggiunge un inaspettato terzo posto: il populista Franco Parisi, che conquista il 18,62% superando sia la destra tradizionale di Evelyn Matthei che l’ultradestra di Johannes Kaiser.

Il Paese diviso in tre aree

Dai primi risultati emerge un Cile spaccato territorialmente:

  • Sud: forte presenza per Kast, che domina nelle regioni meridionali.

  • Area metropolitana: prevale Jara.

  • Nord: exploit di Parisi, capace di intercettare il voto scontento e antisistema.

La destra promette di ricompattarsi

Nonostante la divisione al primo turno tra Kast, Kaiser e Matthei, i commentatori osservano una schiacciante affermazione complessiva delle destre. Per il ballottaggio è già stata annunciata la convergenza: un sostegno reciproco che potrebbe favorire Kast nella corsa verso La Moneda.

Kast: terzo tentativo per il “duro” della politica cilena

Kast, dichiaratamente simpatizzante di Augusto Pinochet, tenta per la terza volta l’ingresso al palazzo presidenziale. Il suo programma punta sulla repressione della criminalità e sul contrasto all’immigrazione clandestina, temi centrali per l’elettorato cileno.

Matthei riconosce la sconfitta e appoggia Kast

Evelyn Matthei ha ammesso subito la propria uscita di scena, congratulandosi con Kast. Con il 27% dei seggi scrutinati, la leader della destra tradizionale è ferma al 13,07%. “Andrò personalmente al comitato elettorale di José Kast per congratularmi”, ha dichiarato.

Il Cile si prepara ora a un ballottaggio che riflette una polarizzazione profonda: tra la sinistra comunista e un’ultradestra determinata a riunificare il proprio fronte.

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Capire la crisi Ucraina

Trump annuncia nuove sanzioni: “Puniremo ogni Paese che fa affari con la Russia. Possibile l’inserimento dell’Iran”

Donald Trump annuncia una legge repubblicana per sanzionare “severamente” ogni Paese che faccia affari con la Russia e apre alla possibilità di includere anche l’Iran.

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Il presidente americano Donald Trump ha dichiarato che i repubblicani stanno lavorando a una nuova legge capace di introdurre sanzioni automatiche e “severe” contro qualsiasi Paese che intrattenga rapporti commerciali con la Russia. L’annuncio arriva direttamente dalla Casa Bianca, dove il leader statunitense ha parlato ai giornalisti chiarendo la direzione della politica estera americana.

“È stata una mia idea”: la linea dura del presidente Usa

Trump ha sottolineato che l’iniziativa nasce da una sua proposta: “Come sapete, l’ho suggerito io. Qualsiasi Paese che faccia affari con la Russia sarà sanzionato severamente”. Una posizione che conferma l’orientamento sempre più duro dell’amministrazione verso Mosca, in un contesto internazionale già segnato da tensioni commerciali e militari.

Nella lista potrebbe finire anche l’Iran

Il presidente non ha escluso nuovi sviluppi: “Potrebbero aggiungere anche l’Iran”, ha affermato. Una possibilità che amplierebbe ulteriormente il raggio d’azione della legge e irrigidirebbe il confronto con Teheran, già nel mirino delle politiche restrittive dell’amministrazione americana.

Una mossa che accende il dibattito internazionale

Le nuove misure, se approvate, andrebbero a modificare in profondità i rapporti tra Stati Uniti e numerosi Paesi partner, con impatti diretti su scambi commerciali, equilibri diplomatici e sicurezza internazionale. Il dibattito, intanto, è già partito sia negli Usa sia nelle capitali che intrattengono ancora rapporti economici con Mosca.

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Esteri

Zelensky in Europa: accordi con Grecia, Francia e Spagna per superare l’inverno di guerra

Zelensky torna in Europa e ottiene aiuti da Atene, Parigi e Madrid: gas per l’inverno, un accordo storico sulla difesa con Macron e nuovi sostegni dalla Spagna.

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Volodymyr Zelensky è tornato in Europa in uno dei momenti più difficili dall’inizio della guerra. L’offensiva russa prosegue, mentre gli aiuti Ue restano bloccati e quelli Usa dipendono dalle oscillazioni della politica di Donald Trump. In questo quadro di incertezza, Grecia, Francia e Spagna hanno scelto di tendere la mano all’Ucraina.

L’intesa energetica con la Grecia

Ad Atene, prima tappa del tour, Zelensky ha puntato tutto sull’emergenza energetica. Il governo di Kyriákos Mitsotákis ha assicurato una fornitura di gas da gennaio a marzo 2026, per un valore di due miliardi di euro. Il finanziamento sarà coperto grazie ai partner europei.

Il Gnl arriverà in Ucraina tramite la Grecia, ma la provenienza è americana: una triangolazione che divide la partita energetica con Washington. Atene, intanto, rafforza il ruolo di hub europeo del Gnl diretto verso l’Europa centrale e orientale.

Parigi prepara un accordo “storico”

La tappa decisiva sarà Parigi: Zelensky firmerà con Emmanuel Macron un «accordo storico» sulla difesa. I dettagli non sono ancora pubblici, ma il presidente ucraino ha anticipato un rafforzamento dell’aviazione da combattimento, della difesa aerea e di altre capacità militari.

Un passo avanti notevole della Francia, in una fase in cui il sostegno europeo a Kiev appare in stallo.

Madrid chiude il tour

L’ultima tappa sarà Madrid, altro partner considerato «forte» da Zelensky. In programma anche una visita al Reina Sofia, dove è esposto il Guernica di Picasso: nel 2022 Zelensky paragonò il massacro di Mariupol proprio alla tragedia della città spagnola.

La guerra continua senza sosta

Mentre Zelensky cerca sostegni in Europa, la guerra in Ucraina resta feroce. Mosca rivendica la conquista di due villaggi nella regione di Zaporizhzhia. A Pokrovsk gli ucraini resistono, ma in inferiorità numerica.

Secondo Kiev, negli ultimi sette giorni la Russia ha sganciato 980 bombe sull’intero Paese. Una sola notizia positiva sul fronte umanitario: il rilascio di 1.200 prigionieri ucraini dalle carceri russe.

L’appello alla pace

Dal Vaticano, Papa Leone XIV ha rinnovato il suo appello: «Non possiamo abituarci alla guerra e alla distruzione». Anche il presidente Sergio Mattarella, da Berlino, ha richiamato l’urgenza della pace.

Ma un negoziato appare lontano. Yuri Ushakov, consigliere di Vladimir Putin, ha confermato contatti con gli Usa basati sul vertice di Anchorage tra Trump e lo Zar. Un punto di partenza che potrebbe non favorire né l’Ue né Kiev.

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