Dopo aver portato la battaglia per l’utilizzo dell’idrossiclorochina contro il Covid-19 davanti al Consiglio di Stato, l’avvocato napoletano Erich Grimaldi, uomo caparbio e avvocato eccellente, ha avuto ragione sull’Aifa, che con una nota ne aveva vietato la prescrizione. Il Consiglio di Stato ha infatti rimesso la scelta sull’impiego del farmaco alla libera decisione del medico. “Abbiamo restituito ai medici un’arma che si è dimostrata efficace nella terapia domiciliare precoce”, ha dichiarato Grimaldi. E ora arrivano dall’estero riconoscimenti per questo importante traguardo. Il quotidiano francese FranceSoir, nell’assegnare i palmares alle personalità dell’anno 2020, ha riservato un premio speciale ai 150 medici italiani, rappresentati dal giurista napoletano Grimaldi, che hanno riconquistato la libertà di prescrivere l’idrossiclorochina. Eppure in Italia, inspiegabilmente, i media non hanno dato risalto ad una notizia che ha avuto grande risonanza a livello internazionale.
Avvocato Grimaldi, il riconoscimento del quotidiano francese FranceSoir certifica la bontà del suo lavoro.
Mi lascia perplesso il fatto che all’estero stiano sottolineando i nostri meriti, mentre in Italia non viene dato il giusto risalto alla nostra iniziativa per la riabilitazione dell’idrossiclorochina. Non solo le televisioni e i principali canali di informazione non ne hanno parlato, ma in molti stanno addirittura cercando di scoraggiarne l’utilizzo da parte dei medici di famiglia, asserendo che il farmaco è inefficace. Se il Consiglio di Stato ha stabilito che il medico può prescriverlo in scienza e coscienza, previo consenso informato del paziente, non vedo per quale motivo Aifa, nella modifica alla nota del 21 dicembre, continui ad insistere sulla inefficacia e sugli effetti collaterali del farmaco.
Come si spiega questa avversione all’utilizzo del farmaco?
Non ne ho idea, se dicessi che le case farmaceutiche hanno altri interessi in gioco in questa pandemia, affermerei qualcosa che non posso provare. A me, però, questa sembra una lotta al farmaco piuttosto che un tentativo di aiutare i nostri medici. Tantissimi medici hanno impiegato l’idrossiclorochina nei primi giorni di malattia con ottimi risultati. Sono contento che FranceSoir riconosca il prestigio del nostro lavoro: quella decisione del Consiglio di Stato ha ristabilito il naturale rapporto paziente-medico, riconoscendo a quest’ultimo la facoltà di agire in scienza e coscienza, somministrando al paziente il farmaco che ritiene più opportuno per curare il Covid. Ho incassato inoltre i ringraziamenti di Harvey Risch, epidemiologo statunitense di Yale, che ad oggi sta traducendo l’ordinanza del Consiglio di Stato per portarla all’attenzione del Presidente degli Stati Uniti. Significa che qualcosa di buono l’abbiamo fatta. Perché non dare in Italia il giusto tributo ad un episodio del genere?
Quali saranno le prossime battaglie per le quali si spenderà?
Continuerò a seguire la vicenda degli anticorpi monoclonali. Ho già fatto un’istanza di accesso agli atti per poter visionare il verbale del 29 di ottobre, con il quale, pare, sarebbero state rifiutate diecimila dosi offerte a titolo gratuito da uno stabilimento farmaceutico di Latina; se non leggiamo i verbali, non potremo mai sapere che cosa c’è di vero in questa storia. Poi mi impegnerò anche per un’altra battaglia, quella per l’ivermectina. Si tratta di un farmaco impiegato contro il Covid da alcuni medici di Rio de Janeiro, che ho potuto intervistare alcuni mesi fa. Molte pubblicazioni su riviste scientifiche si sono occupate dell’efficacia dell’ivermectina. Potrebbe essere un’arma in più contro il Covid. A distanza di quattro mesi dalla mia intervista, ho sentito nei giorni scorsi che un medico statunitense ha portato una nota sul farmaco all’attenzione del Senato americano.
Erich Grimaldi. L’avvocato napoletano che sta dando filo da torcere a Big Pharma e politica
Ha invocato a gran voce un protocollo nazionale di cura domiciliare. Come andrebbe rafforzata la nostra medicina territoriale per poter curare a casa, in modo tempestivo, i malati Covid?
Secondo il decreto del 9 marzo 2020, le unità speciali di continuità assistenziale dovevano essere istituite entro dieci giorni dall’entrata in vigore del decreto. Ad oggi ci sono ancora delle Regioni in cui le Usca non sono a regime e, dove lo sono, abbiamo scoperto che alcuni membri delle Usca sono assegnati ai dipartimenti di prevenzione o tracciamento: rispondono al telefono, invece di andare a casa delle persone. Soprattutto nei weekend, in cui ai medici di medicina generale si sostituisce la continuità assistenziale, si registrano problemi e rallentamenti. La continuità assistenziale infatti non conosce il paziente come il medico e spesso non si assume la responsabilità sulla prescrizione di un farmaco. Per evitare l’ospedalizzazione bisogna agire subito, nella fase precoce della malattia. Se fra le due ondate si fosse operato un rafforzamento della medicina territoriale, forse tante morti avrebbero potuto essere evitate.
Come si sta muovendo il nostro Paese per l’approvvigionamento dei vaccini e per la campagna di vaccinazione?
Il quadro non è dei migliori, in molti ci hanno preceduto nell’approvvigionamento ottenendo più dosi dell’Italia. C’è inoltre la questione della conservazione del farmaco a -70 gradi, i medici di famiglia non hanno gli strumenti per poterlo conservare. Un altro problema che sta nascendo è quello del consenso informato: ti fanno sottoscrivere un consenso con cui ti assumi ogni responsabilità sull’inefficacia o su eventuali danni arrecati dal vaccino. Inoltre, se il vaccino non è obbligatorio, non è possibile che chi non lo fa venga discriminato sul posto di lavoro o altrove. Per la campagna di vaccinazione i tempi saranno lunghissimi, per questo motivo bisogna continuare a curare le persone a casa in modo efficace e tempestivo.
Il governo del Brasile ha informato di aver oltrepassato questa settimana la quota di 700 mila vittime per il Covid-19 dopo la comparsa del virus per la prima volta nel Paese a febbraio del 2020 e il primo decesso avvenuto a marzo dello stesso anno. Il gigante sudamericano è attualmente il secondo Paese al mondo per numero di vittime dopo gli Stati Uniti (1,1 milioni). Nell’ultima settimana le autorità sanitarie hanno riferito di 322 decessi che hanno portato la cifra complessiva di morti a 700.239. Il peggior anno della pandemia in Brasile è stato il 2021, con 423.349 decessi attribuiti al virus Covid-19. Secondo una commissione d’inchiesta del Senato, oltre 200 mila persone sono morte in Brasile a causa del ritardo con cui è stato messo in atto il programma di vaccinazione della popolazione da parte dell’ex presidente Jair Bolsonaro, il quale a sua volta non si è mai vaccinato.
Sono 188.750 le vittime del Covid registrate in Italia al 16 marzo, a poco più di tre anni dall’inizio della pandemia, mentre i contagi sono stati 25.651.205. Nel mondo, invece, secondo l’Oms, ci sono quasi sette milioni di decessi segnalati per Covid-19, “anche se sappiamo – ha affermato il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus – che il numero effettivo di decessi è molto più alto”. Questi i dati che fanno da sfondo alla Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid, proclamata per il 18 marzo. Per l’Oms la fine della pandemia appare finalmente prossima, e si è detta “fiduciosa che l’emergenza internazionale possa terminare entro l’anno, ed il virus Sars-CoV-2 diventerà paragonabile a quelli dell’influenza stagionale”. Tornando ai dati italiani, colpiscono anche quelli sugli operatori sanitari, a cui è stata dedicata la Giornata nazionale lo scorso 20 febbraio. Hanno perso la vita, come ha ricordato in quell’occasione il presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, 379 medici e, secondo il sindacato Nursing Up, 90 infermieri. “Nei primi mesi di pandemia – aveva sottolineato Anelli – circa 60-80 medici morivano ogni mese. Metà dei decessi sono stati sul territorio, dove erano soli senza dispositivi di protezione e con mille difficoltà”. La situazione allora era ben diversa da quella attuale, dove, secondo i dati del ministero della Salute, continua a diminuire in Italia il numero dei nuovi casi e dei decessi per Covid-19. Nella settimana 10-16 marzo 2023 sono infatti 23.730 i nuovi casi positivi, con una variazione di -1,1% rispetto alla settimana precedente, mentre i deceduti sono 212 con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente. L’impatto clinico appare essere molto basso.
Le persone che dormono meno di sei ore a notte hanno una peggiore risposta alle vaccinazioni, con una minore produzione di anticorpi e una protezione più breve. È quanto emerge da una ricerca coordinata dall’University of Chicago e pubblicata su Current Biology. La ricerca ha analizzato congiuntamente quattro studi che avevano indagato la relazione tra sonno ed efficacia della vaccinazione contro epatite B o influenza. Dall’analisi dei dati è emerso che chi aveva una durata del sonno inferiore alle 6 ore aveva una risposta alla vaccinazione più debole di circa il 20% rispetto a chi dormiva di più. “Un buon sonno non solo amplifica, ma può anche prolungare la durata della protezione del vaccino”, ha affermato in una nota Eve Van Cauter, coordinatrice della ricerca. L’effetto del sonno, tuttavia, è stato osservato soprattutto nei maschi, mentre nelle donne era più sfumato. La ragione di questa differenza di genere, spiegano i ricercatori, potrebbe essere legata agli ormoni. “Sappiamo dagli studi di immunologia che gli ormoni sessuali influenzano il sistema immunitario – ha aggiunto Van Cauter – Nelle donne, l’immunità è influenzata dallo stato del ciclo mestruale, dall’uso di contraccettivi, dalla menopausa e dallo stato post-menopausa, ma sfortunatamente nessuno degli studi che abbiamo riassunto aveva dati sui livelli di ormoni sessuali”.