É stato condiviso anche da Harvey Risch, professore e componente del Dipartimento di Epidemiologia dell’Università di Yale e dal collega Peter A. McCullough, lo schema terapeutico domiciliare “anticovid” messo a punto da circa 200 medici e specialisti italiani che sta riducendo, e in molti casi anche evitando, il ricovero in ospedale per chi è affetto dal Sar-Cov-2, dimostrandosi così l’arma in più in attesa del raggiungimento dell’immunità di gregge attraverso il vaccino. L’avvocato Erich Grimaldi, presidente del “Comitato per il diritto alla cura tempestiva domiciliare nell’epidemia di Covid-19”, la proposta terapeutica, “dettagliata e ampiamente utilizzata da centinaia di dottori che dal marzo scorso si sono messi in contatto per lavorare insieme”, è stata inviata al Ministero della Salute, alle Regioni e all’Aifa. “Il nostro Paese – spiega Grimaldi – ancora oggi non dispone di un adeguato schema terapeutico condiviso con i medici che hanno curato a domicilio e in fase precoce la malattia”. “Con il nostro gruppo Facebook, – aggiunge Grimaldi – che conta oltre 52000 membri (#terapiadomiciliarecovid19) abbiamo avviato un proficuo confronto e supportato a distanza cittadini positivi sintomatici, in assenza di adeguata assistenza terapeutica territoriale”. “Nel piano pandemico 2021-2023 – conclude l’avvocato – si parla di differenziazione delle cure a causa della scarsità di risorse, mentre i medici del gruppo e del comitato sostengono che nelle more della campagna vaccinale, il Covid vada sconfitto ‘a domicilio’ e con il supporto concreto dei medici dei territori”.

Erich Grimaldi
All’avvocato Grimadi, che abbiamo seguito con attenzione in ogni sua tappa di questa battaglia di civiltà oltre che di diritto, abbiamo posto alcune domande anche su alcune affermazioni fatte durante una delle ultime dirette su Facebook, dal Presidente della Giunta Regionale Vincenzo De Luca che ha annunciato l’intenzione di introdurre “un attestato di vaccinazione”, una sorta di tessera elettronica con chip da consegnare ai cittadini che si sottoporranno al vaccino contro il Covid-19. “Ci auguriamo che fra qualche mese ogni cittadino vaccinato potrà esibire la propria tessera per andare al cinema o al ristorante”, ha dichiarato De Luca. Una sorta di patente che consentirebbe maggiori libertà ai cittadini vaccinati; per De Luca l’auspicio è che la tessera possa rappresentare un incentivo a farsi il vaccino.
La proposta apre una serie di considerazioni sulle potenziali discriminazioni e limitazioni nell’esercizio dei diritti di chi, scegliendo di non vaccinarsi, non disporrebbe della tessera. Sul tema è netta la posizione dell’avvocato Erich Grimaldi, che in questi mesi di pandemia è stato il promotore di alcune importanti battaglie in nome del diritto alla salute dei cittadini, fra cui quelle per l’utilizzo dell’idrossiclorochina e per la cura domiciliare precoce tempestiva per i malati Covid.

Per Grimaldi quella di De Luca è un’iniziativa priva di fondamento giuridico, destinata a non trovare applicazione concreta. “Il presidente dovrebbe precisare con quale strumento normativo o amministrativo introdurrebbe la tessera di avvenuta vaccinazione. Il nostro ordinamento non attribuisce al governatore della Regione un potere del genere. Inoltre, un provvedimento che discrimina i non vaccinati sarebbe assolutamente illegittimo e violerebbe anche l’art. 2 della carta costituzionale”, spiega l’avvocato.
“Ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione, altresì, – chiarisce Grimaldi – a nessuno può essere imposto, se non per espressa legge statale, un determinato trattamento sanitario, e in nessun caso la legge può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Affinché De Luca possa mettere in pratica il suo progetto, dovrebbe essere prima approvata dal Parlamento una legge dello Stato, che stabilisca l’obbligatorietà del vaccino, superando i limiti dell’art. 32”. Senza l’obbligatorietà del vaccino introdotta da una legge statale (e non da un dpcm o un decreto legge), un provvedimento che discrimini i non vaccinati escludendoli dall’esercizio di alcuni diritti, come l’accesso a locali e servizi, sarebbe incostituzionale.

Per Grimaldi “non è legittimo un provvedimento che discrimina chi non si vaccina. Spesso, peraltro, non si tratta di un capriccio, ma di una scelta volta a limitare i rischi di controindicazioni per alcune categorie di persone. Aifa ammette, ad esempio, che i dati sull’uso del vaccino durante la gravidanza sono tuttora molto limitati; allo stesso modo non sono ancora disponibili dati sulla sicurezza e l’efficacia del vaccino Pfizer-BioNTech nelle persone con malattie autoimmuni”.

Ad oggi non si può escludere in modo definitivo la possibilità che i vaccinati trasmettano da asintomatici il virus ad altre persone. “È la stessa Aifa – precisa Grimaldi – a chiarire sul suo sito web che essere vaccinati non conferisce un “certificato di libertà”, ma occorre invece continuare ad adottare comportamenti corretti e misure di contenimento del rischio di infezione. A ciò si aggiunge il fatto che i vaccini ad oggi approvati dall’Agenzia Europea del Farmaco hanno un’efficacia di circa il 95%; ciò significa che su cento persone vaccinate, cinque non svilupperebbero la difesa immunitaria”. Il patentino di immunità perderebbe quindi di senso e potrebbe anzi indurre chi lo possiede, sentendosi al sicuro, ad abbassare la guardia nei confronti del Covid-19.

Sono tante le questioni che il vaccino porta con sé e molto spesso non sono di facile soluzione. L’effettiva durata della protezione immunitaria, ad esempio, non è ancora definita con certezza. “Le conoscenze sugli altri tipi di coronavirus sembrerebbero suggerire una protezione di circa 9-12 mesi; a quel punto potrebbe essere immune quasi per la stessa durata chi il Covid lo ha già contratto. In questo momento – conclude Grimaldi – dovremmo sgomberare il campo dagli equivoci: ad oggi non vi è obbligatorietà di sottoporsi al vaccino. Sul tema serve un’informazione equilibrata e chiara che metta in luce sia rischi che i benefici del vaccino”.