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Grillo affonda Conte, M5S a un passo dall’implosione

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“Conte non ha visione e capacita’ manageriali. Non permetto un partito unipersonale”. Il “Big Bang” del Movimento 5 Stelle si consuma in un afoso pomeriggio di fine giugno. Beppe Grillo, dopo averci pensato 24 ore, rompe il silenzio a cui si era affidato per non strappare subito e affonda Giuseppe Conte. Affonda, anche, l’unico esponente politico in cui tantissimi, nel Movimento, credevano per il rilancio. Ma sulla testa alla fine ha vinto il cuore. E la voglia di Grillo di dire “Vaffa” ad uno “Statuto seicentesco”. Non e’ il solo coup de theatre partorito dal co-fondatore. Che decide di tornare al passato, contattando Davide Casaleggio e chiedendogli di indire sulla piattaforma Rousseau la votazione per il Comitato direttivo previsto dall’attuale Statuto. L’unico vigente e legittimato dal voto degli iscritti. Ma il post di Grillo potrebbe determinare l’implosione del Movimento. E per Conte ora si affaccia una strada, quella di creare un suo partito ancorato al campo largo del centrosinistra. Grillo, raccontano fonti ben informate, prima di pubblicare il post fa il punto con i suoi legali, che lo rassicurano sue due elementi: solo il Garante ora puo’ indire una votazione e questa va fatta su Rousseau, legittimata dall’attuale Statuto. Farlo su un’altra piattaforma avrebbe esposto Grillo e l’Associazione 5 Stelle a nuovi ricorsi. Il resto del post, dal titolo ironico “Una bozza e via” e’ un clamoroso “adieu” a colui al quale, due anni fa, l’ex comico aveva affibbiato il rango di Elevato.

“Assumersi la responsabilita’ significa smettere di voler creare l’illusione di una realta’ diversa da quella attuale ed affrontarla. Insieme, con i tempi e le modalita’ giuste. Come una famiglia, come una comunita’ che impara dagli errori e si mette in gioco senza rincorrere principi azzurri”, attacca Grillo con un riferimento ad hoc alla parola famiglia dopo che Conte gli aveva dato il suo aut-aut: scegliere tra essere un padre generoso o un padre padrone. E’ un fiume in piena, Grillo. “Conte puo’ creare l’illusione collettiva (e momentanea) di aver risolto il problema elettorale, ma non e’ il consenso elettorale il nostro vero problema. E invece vanno affrontate le cause per risolvere l’effetto ossia i problemi politici e i problemi organizzativi. E Conte, mi dispiace, non ha esperienza di organizzazioni, ne’ capacita’ di innovazione”, spiega il co-fondatore che da’ al Comitato direttivo il compito “di elaborare un piano di azione da qui al 2023, concordando una visione a lungo termine, al 2050”. Le sue parole arrivano come un “bomba” nei corridoi parlamentari e non solo. Arrivano mentre Luigi Di Maio e’ al G20, e’ il suo telefonino va subito in ebollizione. A Palazzo Madama, dove i contiani sono in maggioranza, scatta subito un principio di rivolta. Alla Camera regna il disorientamento. La bacheca di Grillo ma anche quella di diversi “big” viene presa d’assalto dalle proteste degli iscritti. Un’assemblea dei deputati e’ convocata per mercoledi’ alle ore 19.I turbo-contiani, a taccuini chiusi, aprono gia’ all’idea di un partito di Conte. Un partito ancorato al centro-sinistra ma senza il brand del M5S. Un partito che – fanno notare fonti parlamentari – avrebbe bisogno di copiosi finanziamenti e questo rappresenta, per l’ex premier, un problema. Nel frattempo, gli espulsi del Movimento – a cominciare dagli anti-Draghi – passano al contrattacco.

Il “vaffa” di Grillo a Conte a loro apre, d’improvviso, uno spiraglio. “Mi metto a disposizione, un utopista folle riesce molto di piu’ di realisti opportunisti”, annuncia Nicola Morra. E il silenzio di Alessandro Di Battista, in viaggio sulle Ande, non durera’ a lungo. Dalle parti di Conte le bocche sono cucite. “Usciremo, ma non ora”, spiegano fonti a lui vicine. C’e’ spazio, forse, per un’ultimissima mediazione. Quella a cui richiama Vincenzo Spadafora e alla quale potrebbero lavorare, nei prossimi giorni, Di Maio e Roberto Fico. L’obiettivo resta quello di far coesistere un M5S che ha un solo “padrone”, Beppe Grillo, e un ex premier che ha dalla sua un consenso altissimo. In questo senso, un direttorio “cuscinetto” potrebbe placare le acque. In attesa di una – al momento utopica – ricucitura. Ma questo, per Grillo, era il momento rompere, la fiducia in Conte era ormai compromessa.

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Studenti bocciati con il 5 e multe a chi aggredisce prof

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Dalla bocciatura con il 5 in condotta al ritorno della valutazione numerica sul comportamento alle scuole medie fino alle multe per aggressioni al personale scolastico. Via libera del Senato al disegno di legge messo a punto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Il provvedimento, che ora deve passare alla Camera, prevede una serie di novità. Il voto in condotta sarà numerico anche alle scuole medie. Il giudizio sintetico sul comportamento rimarrà, dunque, solamente per i bambini della scuola primaria. Per tutti gli altri ci sarà il voto espresso in decimi e farà media con le altre materie. Sia alle medie che alle superiori, se non si raggiunge almeno il 6 in condotta si verrà automaticamente bocciati.

L’insufficienza si può ottenere per mancanze disciplinari gravi e reiterate avvenute nel corso di tutto l’anno scolastico. Per quanto riguarda le scuole superiori, nel caso di voto pari a 6 si avrà un debito formativo e si dovrà sostenere un elaborato di educazione civica. Il vero spartiacque per gli studenti delle superiori, specie in ottica diploma, è però l’8 in condotta. Se non si supera questa soglia si possono perdere fino a 3 punti di credito scolastico, punteggio che va a confluire direttamente nel voto di Maturità. Anche le sospensioni cambieranno.

Non ci sarà più l’allontanamento da scuola e lo studente dovrà partecipare ad attività scolastiche di riflessione e a una verifica finale da sottoporre al consiglio di classe. Il tenore della punizione dipenderà dalla durata della sospensione. Chi avrà più di due giorni dovrà partecipare ad “attività di cittadinanza solidale” in strutture convenzionate. Per il ministro Valditara si tratta di “un importante passo in avanti nella costruzione di una scuola che responsabilizza i ragazzi e restituisce autorevolezza ai docenti”. “A differenza di quanti parlano di misure autoritarie e inutilmente punitive – ha detto il ministro – io rivendico la scelta di dare il giusto peso alla condotta nel percorso scolastico degli studenti”.

Il provvedimento introduce anche multe per i reati commessi ai danni di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. La somma varia dai 500 ai 10.000 mila euro “a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’istituzione scolastica di appartenenza della persona offesa”. “È anche importante – ha sottolineato Valditara – che chi abbia aggredito personale della scuola risarcisca la scuola per il danno di immagine che ha contribuito a creare”.

E sempre il ministro ha annunciato oggi, rispondendo a un question time alla Camera, che è allo studio una normativa che riguarderà le chiusure scolastiche per festività religiose. “La norma che stiamo studiando è molto semplice – ha detto – non consentire la chiusura delle scuole in occasione di festività religiose o nazionali non riconosciute dallo Stato italiano. Ovviamente senza nessuna discriminazione nei confronti dei ragazzi che vogliano invece festeggiare quelle determinate ricorrenze, che saranno giustificati se rimarranno a casa”.

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Time, Meloni tra le 100 persone più influenti al mondo

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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni figura tra le 100 persone più influenti del mondo nel 2024 nella lista pubblicata dalla rivista statunitense ‘Time’. La premier è inserita nella categoria ‘leader’ insieme, tra gli altri, a Donald Tusk, Javier Milei, Li Qiang e Yulia Navalnaya. Nella scheda che parla di lei, si legge che “quando Giorgia Meloni è salita al potere in Italia nel 2022, diventando la prima donna leader del Paese, molti osservatori nutrivano timori per il suo partito di estrema destra e per l’impatto che avrebbe avuto sull’Europa e sul mondo.

Ma a due anni di distanza, Meloni rimane popolare, non solo in Italia, dove gode di un rating del 41% nonostante una debole crescita economica, ma anche tra i leader occidentali, molti dei quali sono stati rallegrati dal suo fermo sostegno all’Ucraina (e, in particolare, dalla sua capacità di persuadere leader come l’ungherese Viktor Orban a sostenere i finanziamenti europei a Kiev)”. “Meloni – si legge ancora sul magazine americano – non ha abbandonato completamente la sua politica di destra. In patria, il suo governo ha perseguito politiche che, secondo i critici, erodono silenziosamente i diritti Lgbtq+. A livello di Unione europea, è stata accreditata come la forza trainante dell’approccio del blocco all’immigrazione, che prevede il pagamento di paesi come Egitto e Tunisia per impedire agli aspiranti migranti di partire. Se il blocco di destra europeo dovesse espandersi dopo le elezioni del Parlamento europeo di giugno, come previsto dai sondaggi, Meloni potrebbe emergere come sua naturale figura di spicco”.

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Dopo l’addio di Amadeus, prime conferme in Rai

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Dopo l’addio di Amadeus e le voci su possibili nuove uscite da Viale Mazzini, arrivano le prime conferme per i volti noti Rai in vista della prossima stagione. Sigfrido Ranucci ha annunciato la prosecuzione di Report, ma anche Federica Sciarelli dovrebbe andare avanti con Chi l’ha visto?. Più incerto il futuro di Fiorello che ha smentito nuovamente il suo passaggio al Nove. Della programmazione in arrivo sulla tv pubblica, in particolare dei palinsesti estivi, si è parlato nella riunione del consiglio di amministrazione che ha approvato il bilancio del 2023, chiusosi in pareggio, che è uno degli ultimi atti dell’attuale vertice in attesa di rinnovo.

A movimentare la giornata del telemercato ci ha pensato come al solito di prima mattina a Viva Rai2 Fiorello che, nella sua rassegna stampa satirica, ha ipotizzato l’acquisto del polo giornalistico di La7 da parte della Warner, spingendo sia l’azienda americana che quella italiana alla smentita. Anche una battuta dello showman sul possibile interesse del Nove per il direttore del TgLa7 Enrico Mentana ha fatto rumore, se non altro perché si inserisce nelle voci di un possibile rafforzamento dell’offerta informativa, dopo quella dell’intrattenimento, da parte del canale di Warner Bros.

Discovery. La rete comunque può già fare affidamento sulla Cnn, che è una divisione del gruppo, e potrebbe, dunque, guardarsi attorno più che altro sul fronte dell’approfondimento. Domani, comunque, è atteso l’annuncio ufficiale del contratto con Amadeus, che condurrà un game show in access e un format musicale in prima serata, e forse si saprà qualcosa in più sulle strategie future dell’emittente.

Non dovrebbe essere comunque quella la destinazione di Fiorello, che oggi, dopo aver ribadito che non ci andrà, neanche in part time, ha fatto sapere che gli piacerebbe “un bel programma radiofonico, ma senza visual radio”. Sarebbe stato corteggiato da La7, almeno in passato, invece, Ranucci che, dopo la notizia della conferma delle repliche estive di Report in cda, ha assicurato con si muoverà. “A me piace la Rai, sono innamorato di quest’azienda”, ha detto il conduttore, ringraziando l’Ad Roberto Sergio che si è speso per la conferma del programma di Rai3 anche per la prossima stagione.

Dovrebbe proseguire anche Chi l’ha visto?: la conduttrice Federica Sciarelli starebbe, infatti, per firmare un biennale per proseguire la collaborazione anche dopo il pensionamento, che è previsto per ottobre 2025 ma potrebbe essere anticipato per via delle ferie arretrate. Una novità per l’estate della terza rete è, invece, il nuovo approfondimento con Monica Maggioni, al debutto il 24 luglio in prime time.

L’addio di Amadeus ha lasciato, comunque, strascichi in Rai. In cda Sergio ha ribadito che si è trattato di una scelta dettata da motivi personali e che la Rai ha fatto tutte le offerte possibili per convincerlo a rimanere. In ogni modo, l’assemblea dei cdr, ricordando la lunga scia di volti che hanno lasciato la tv pubblica e contestando “la volontà di trasformare il servizio pubblico nel megafono dei partiti”, ha proclamato lo stato di agitazione e affidato all’Usigrai un pacchetto di cinque giorni di sciopero.

Domani in consiglio si discuterà del Media Freedom Act, che impone di garantire trasparenza e indipendenza nella scelta dei vertici, e del regolamento sulla par condicio, che ha provocato forti polemiche in Vigilanza. Il clima, insomma, resta teso proprio quando si entra nella fase calda del rinnovo del consiglio.

Le carica di Ad dovrebbe passare a Giampaolo Rossi e quella di presidente, a meno di sorprese dell’ultim’ora, a Simona Agnes, ma c’è ancora qualche incertezza sui nomi degli altri membri del consiglio, se si esclude la conferma per il Movimento 5 Stelle di Alessandro Di Majo. Sabato 20 aprile scade il termine per la presentazione dei curricula dei quattro componenti eletti da Camera e Senato. Lo stesso termine vale per le candidature per il rappresentante dei dipendenti, un ruolo per il quale si ripropone l’attuale consigliere Davide Di Pietro.

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