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Grecia: Mitsotakis vince ma non basta, forse necessarie nuove elezioni’

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I greci alle urne riconfermano la loro fiducia nel premier uscente Kyriakos Mitsotakis, a capo del partito conservatore di Nea Dimokratia, che stacca di parecchio l’opposizione, a cominciare da Syriza. Una “vittoria netta”, anche superiore alle aspettative tracciate dai sondaggi, ma che potrebbe non risultare sufficiente a formare un governo monocolore senza far ricorso a un’eventuale coalizione. Fonti del suo partito hanno subito chiarito che Mitsotakis intende rinunciare a un mandato esplorativo per ripresentarsi al voto il 25 giugno, con un sistema elettorale che gli può garantire una più sicura maggioranza. Lo scenario è dettato fin dai primi dati parziali che vedono il partito di Mitsotakis al 41%, mentre il principale rivale Syriza, guidato dall’ex premier Alexis Tsipras, è fermo al 20%.

Dietro di loro, il partito socialista del Pasok con l’11% dei voti. Un risultato che non contente al premier uscente di aggiudicarsi la maggioranza assoluta nel Parlamento di 300 seggi, eletto con un sistema proporzionale semplice. E se a questo punto in base alla Costituzione dovrebbe aprirsi la fase delle trattative per un’alleanza di governo, Mitsotakis ha già fatto sapere di non voler formare una coalizione e di puntare a un governo monocolore, libero dai “ricatti di altri partiti”. Le eventuali nuove elezioni si terrebbero con un diverso sistema elettorale, approvato proprio durante il governo di Nea Dimokratia, che assegna direttamente un bonus di seggi, fino a un massimo di 50, al partito vincitore. Anche il leader socialista Nikos Androulakis aveva ridotto nei giorni scorsi il perimetro di un possibile dialogo, sostenendo di essere contrario all’idea che Mitsotakis o Tsipras possano ricoprire di nuovo il ruolo di premier.

L’unico finora ad avere invocato una “coalizione progressista” per scongiurare un nuovo governo di Nea Dimokratia era stato Alexis Tsipras, che vede infrangersi ora le speranze riposte nel voto degli indecisi e degli elettori più giovani per una possibile rimonta. Nelle sue ultime dichiarazioni fuori dal seggio dove ha votato, ha ricordato il suo impegno per “una Grecia più forte, con un ruolo importante in Europa”.

Eletto per la prima volta nel 2019, nei quattro anni del suo governo è riuscito a mantenere alto l’indice di gradimento, anche dopo lo scandalo delle intercettazioni di politici e giornalisti scoppiato nell’estate scorsa, e la tragedia ferroviaria di Tebi di febbraio, dove 57 persone hanno perso la vita. Laureato a Harvard, con un passato da analista economico nella Chase Bank di Londra, Mitsotakis, 55 anni, appartiene a una longeva dinastia politica greca: il padre è stato a sua volta premier, mentre il nipote è l’attuale sindaco di Atene. Durante la campagna elettorale, Mitsotakis si è presentato come il volto rassicurante che ha accompagnato il Paese fuori dalla dolorosa crisi del debito: l’anno scorso la Grecia è uscita dal programma di sorveglianza economica dell’Unione europea e ha registrato una crescita del 5,9%. Lo slogan elettorale di Nea Dimokratia, “Torniamo indietro, o andiamo avanti?”, che alludeva al precedente governo di Tsipras, eletto in piena crisi del debito nel 2015, sembra aver fatto breccia negli elettori.

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Cittadini stanchi di pagare il pizzo uccidono 11 uomini della gang di narcos nel campo da calcio

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Nel paese di Texcaltitlan, nel centro del Messico, dei cittadini stanchi di pagare il pizzo al cartello locale hanno ucciso a colpi di machete un gruppo di otto narcotrafficanti nel campo da calcio del municipio. L’esito dello scontro ha lasciato 11 morti, otto dei quali vincolati al cartello Familia Michoacana. Secondo quanto riportato dalla stampa messicana, gli abitanti del paese erano stati convocati nel campo sportivo per pagare la quota settimanale alla criminalità del posto. Dopo esser scesi dai loro pick-up i narcos sono stati attaccati dalla folla con pietre, colpi di machete e pugni. La polizia è arrivata poco dopo sulla scena del massacro e sta ricostruendo l’accaduto attraverso dei video postati sui social.

 

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Guatemala, Arévalo denuncia “un colpo di stato assurdo”

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Il presidente eletto guatemalteco Bernardo Arévalo ha denunciato che le indagini svolte dall’Ufficio del Pubblico ministero della Procura, secondo cui le elezioni generali tenute quest’anno, e da lui vinte, dovrebbero essere annullate, non sono altro che un “colpo di stato assurdo, ridicolo e perverso”.


Nel corso di una conferenza stampa ieri sera Arévalo, che dovrebbe insediarsi nella massima carica dello Stato il 14 gennaio 2024 succedendo a Alejandro Giammattei, ha assicurato che le accuse formulate contro il Tribunale supremo elettorale (Tse) e contro lui stesso, sono infondate, aggiungendo che per quanto lo riguarda, ha prove che dissipano anche il presunto riciclaggio di denaro. Alludendo infine ai settori della magistratura che stanno cercando di bloccare il processo di transizione democratica presidenziale, ha sostenuto che “i golpisti fanno i gesti disperati di chi sta per affogare, e provano a portare a termine un improbabile colpo di stato”.

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Putin si ricandida alla guida della Russia fino al 2030

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La simbologia non poteva essere più potente e significativa. Rispondendo alla domanda di un pluridecorato combattente filorusso del Donbass, padre di un caduto, nella giornata degli Eroi della Madrepatria, Vladimir Putin ha annunciato che il prossimo 17 marzo correrà per un quinto mandato da presidente della Russia, deciso a rimanere almeno fino al 2030 al comando del Paese in quella che vede come una sfida esistenziale con l’Occidente, sicuramente la più grave dalla crisi dei missili a Cuba nel 1962. Il tutto è avvenuto, all’improvviso, nella sontuosa cornice della sala Georgievsky del Cremlino, dove Putin aveva appena consegnato alcune onorificenze.

Artyom Zhoga, già a capo di una milizia della Repubblica di Donetsk, che nel 2022 ha perso un figlio nella guerra e quest’anno è diventato capo del Parlamento della regione annessa alla Russia in seguito alle elezioni dello scorso settembre, si è rivolto al presidente sotto gli occhi delle telecamere. “Grazie alle sue azioni abbiamo ottenuto la libertà e il diritto di scegliere, ma c’è ancora molto lavoro da fare, dobbiamo procedere con l’integrazione, e vorremmo farlo sotto la sua guida”, ha affermato Zhoga. Per poi concludere: “Abbiamo bisogno di lei, la Russia ha bisogno di lei”.

Al che Putin ha ringraziato e ha risposto: “Ho avuto diversi pensieri su questo argomento, ma oggi capisco che non c’è altra scelta. Ecco perché mi candiderò a presidente della Russia”. Una candidatura che equivale alla certezza della rielezione, non solo per la repressione del dissenso, accentuatasi dall’inizio dell’intervento militare in Ucraina, ma pure per il vasto sostegno di cui, anche secondo sondaggi indipendenti, il comandante in capo continua a godere oltre 21 mesi dopo l’inizio del conflitto. La narrazione che vuole la Russia impegnata in una guerra per la sopravvivenza contro un Occidente intento a smembrarla funziona. E’ vero che da una recente ricerca effettuata dal Centro statistico Levada emerge che oltre il 50% dei russi vorrebbe una soluzione negoziata al conflitto, ma senza concessioni umilianti.

Molti osservatori si aspettano inoltre che a sfidare Putin saranno ammessi, pro forma, soltanto candidati di movimenti politici considerati di sistema, come il Partito liberaldemocratico e quello comunista. Ma il team di Alexei Navalny, il più noto oppositore, in carcere da quasi tre anni, non si è dato per vinto e ha indetto una campagna denominata ‘Una Russia senza Putin’ in cui si invita ogni cittadino a votare per i candidati avversari del presidente e a convincere almeno altre dieci persone a fare altrettanto. Sebbene la data ufficiale delle presidenziali sia il 17 marzo, la responsabile della Commissione elettorale centrale Ella Pamfilova ha detto che le votazioni cominceranno in realtà fin da venerdì 15 e dureranno tre giorni. Un’usanza introdotta con la pandemia da Covid e diventata ormai comune, ma che secondo gli oppositori del Cremlino rende più difficili i controlli su eventuali brogli.

Se tutto sembra ormai deciso, qualche dubbio resta sulle modalità dell’annuncio odierno. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha assicurato che il tutto si è svolto in modo spontaneo e non programmato. Ma anche il sito dell’opposizione Meduza afferma di aver saputo da proprie fonti che Putin avrebbe dovuto comunicare la notizia in occasione della conferenza di fine anno e della linea diretta con i cittadini in programma il 14 dicembre. Secondo il sito, dunque, il presidente sarebbe stato colto alla sprovvista e avrebbe risposto senza pensarci troppo, cosa che sarebbe confermata dalla voce sommessa che gli è uscita. La cosa che conta, comunque, è che Putin diventerà con solo un anno di svantaggio rispetto a Stalin il secondo leader più longevo della Russia moderna: 30 anni, contro i 31 del predecessore sovietico, e ben di più dei 18 anni di Leonid Brezhnev.

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