Lunghe, ordinate code davanti ai supermercati, e scaffali gia’ svuotati a fine mattinata: l’ansia da accaparramento torna ad attraversare il cammino maligno della pandemia nel Regno Unito, da due giorni isolato dal Vecchio Continente dopo la chiusura dei collegamenti merci con la Francia oltre che lo stop temporaneo ai voli passeggeri con gran parte del mondo. Una solitudine che a meno di due settimane dall’atto definitivo della Brexit, l’uscita formale dal mercato unico e dall’unione doganale, accresce l’incertezza e acuisce l’inquietudine di chi, come Jennifer Barrett, ha trascorso la mattinata attendendo pazientemente il suo turno all’ingresso di un grande magazzino, composta come un’immagine da cartolina di un un’inglese in fila nonostante le ultime settimane di gravidanza. “L’unica cosa che vorrei in questo momento sarebbe non trovarmi qui, con tutta questa gente – lo sfogo di Jennifer -. Non posso sapere chi ha cosa, e sto cercando di fare del mio meglio per tutelare la mia salute e quella del mio bambino. Quello che faro’ e’ prendere qualcosa, per poi tornare subito a casa”. Perche’ a Londra il virus corre veloce: i nuovi casi sono aumentati del 50% in una sola settimana, costringendo le autorita’ ad un nuovo lockdown. “Questa mattina sono gia’ stata in tre supermercati, – il racconto di Kate Black, studentessa di medicina – ho cominciato alle 7 da Sainsbury, quindi Aldi e poi Iceland”, elenca citando marchi fra i piu’ popolari della grande distribuzione made in Britain: “E’ assolutamente un delirio”. Ancor piu’ per chi, come John Bopp, un expat statunitense, e’ rientrato nel Regno dopo una lunga assenza: “Il mio problema e’ che sono stato via per due mesi, sono rientrato solo ieri e la dispensa era completamente vuota. Ho provato a fare acquisti gia’ ieri pomeriggio, ma non c’erano ne’ latte ne’ burro”. Per via anche delle imminenti festivita’ natalizie che hanno finito per saturare i negozi alimentari, gli unici aperti nella capitale dopo l’introduzione delle ultime misure restrittive. “Sono spaventato – ammette Mohammed Mudai, un autista di bus – perche’ non c’e’ grande attenzione al distanziamento. In coda stanno tutti troppo vicini. Ma e’ difficile controllare le persone”. Malgrado circa il 25% del cibo consumato sulle tavole britanniche provenga dall’estero, e addirittura l’80% della verdura fresca sia d’importazione, Tim Rycroft, direttore dell’associazione di categoria Food and Drink Federation, conferma che – almeno nell’immediato – non ci sono in realta’ rischi per le forniture di cibo e medicinali, come gia’ assicurato ieri da Johnson: “Siamo tutti allarmati per il blocco del porto di Dover dopo la chiusura dei giorni scorsi della frontiera con la Francia. Stiamo gia’ registrando ripercussioni nell’approvvigionamento alimentare, ma in effetti i consumatori possono stare tranquilli perche’ al momento le scorte ci sono e in abbondanza: a Natale i depositi sono pieni di cibo”. I dubbi, pero’, riguardano il futuro, l’ipotesi di un no deal commerciale post Brexit con l’Ue che l’avvicinarsi della scadenza dei negoziati e della transizione ormai agli sgoccioli il 31 dicembre fa aleggiare sempre piu’ concretamente. Una prospettiva che esporrebbe la trincea doganale a un vero e proprio caos, quanto meno nell’immediato, fra dazi e controlli diffusi, e renderebbe ancor piu’ dipendente il Regno dagli intoppi della rotta Calais-Dover: dove sono bastati un paio di giorni di stop a bloccare in queste ore migliaia di camion sullo sfondo di un traffico intenso gia’ da settimane per l’incremento degli approvvigionamenti di generi essenziali d’importazione deciso a scanso di equivoci per fronteggiare se non altro le prime settimane di un eventuale taglio netto con Bruxelles. Francios LaTour, titolare di un punto vendita di prodotti gourmet francesi a Chelsea, guarda da pare sua a questo potenziale scenario di rottura da un punto di vista piu’ individuale: “Dopo la Brexit – argomenta – il rischio e’ che i miei formaggi vengano tassati al 30% in piu’. E chissa’ se la gente se li potra’ ancora permettere, soprattutto dopo la botta dell’emergenza Covid”.