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Governo Cinquestelle – Pd? Accordo difficile perchè Di Maio non si fida di Renzi e Grillo non vuole inciuci

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Matteo Salvini parla di “inciucio” delle poltrone, va in giro ad aizzare la folla sostenendo che il ribaltone non solo è cosa già fatta ma l’avevano organizzato da giorni. Anche questa, ovviamente, è propaganda elettorale, materia in cui Salvini ha dimostrato di eccellere. Un accordo M5S – Pd è tutt’altro che certo e soprattutto non è detto che si faccia.
Ci sono contatti tra Cinquestelle e Pd. Tutti parlano con tutti perché non tutti vogliono tornare a votare e non sempre non vogliono andare per timore di non essere eletti. Molti hanno maggiormente in conto i problemi del Paese e magari davvero vogliono solo sterilizzare l’aumento dell’Iva, fare la legge di Bilancio per mettere i conti in sicurezza e poi restituire la parola agli elettori.

Il segretario Pd. Zingaretti spiegherà a Mattarella quali sono i problemi per fare un governo di legislatura col M5S

Ognuna delle correnti del Pd s’è affannata in questi giorni a trovare sponde affidabili nel magma grillino e, ovviamente, viceversa. C’ è il capogruppo M5S in Senato, Stefano Patuanelli, cercatissimo di recente pure dai leghisti, che ha avuto modo di scambiare opinioni sulla situazione con la vicesegretaria dem Paola De Micheli oltre ai colleghi senatori. Il sottosegretario Vincenzo Spadafora s’è imbattuto invece in Dario Franceschini, corrente mattarelliana del Pd. Il presidente della Camera, Roberto Fico, che è considerato il pontiere naturale con la sinistra in Parlamento, ha ascoltato le accorate riflessioni, tra le altre, del capogruppo democratico a Montecitorio Graziano Delrio. Si dice che Matteo Renzi abbia parlato o parlerà nelle prossime ore con Davide Casaleggio. Persino Beppe Grillo, dopo aver indicato al Movimento la via del cambio di cavallo “a sinistra” pur di non votare, s’ è fatto sentire nientemeno che con Nicola Zingaretti.
Il segretario del Pd – che controlla il partito ma non il gruppo dirigente o i parlamentari – aveva, com’è noto, assicurato a Salvini che non avrebbe offerto sponde ai 5 Stelle per non andare a votare, ma poi è stato costretto almeno a far finta di fare una trattativa. Oltre al colloquio col “Garante” del Movimento, con cui ha parlato anche di un possibile ruolo centrale di Fico nella trattativa ha anche parlato al telefono con Luigi Di Maio. Non è stato un colloquio semplice e per più motivi. I toni della polemica politica tra Di Maio e Zingaretti sono stati in questi mesi assai pesanti.

Roberto Fico. Potrebbe avere il compito di “esplorare” la possibilità di capire se ci sono i numeri per un governo Pd-M5S

Zingaretti, stando a quel che si dice in ambienti Pd zingarettiani, sarebbe persino disposto a dare il suo  via libera a un accordo in presenza di alcune condizioni: deve essere un’intesa politica chiara e di legislatura ovvero che duri altri tre anni; che ci sia un ricambio della compagine ministeriale (nessun diktat personale ma non si vorrebbero Conte, Di Maio e altri ministri); che l’autocritica della stagione gialloverde passi anche per l’abrogazione di alcune leggi, a partire da pezzi cospicui dei decreti Sicurezza di Salvini.
 Ma quali sono gli scogli? In primo luogo Zingaretti ha spiegato a Di Maio che non è in grado, non ha i numeri per garantire un accordo triennale, di legislatura. Zingaretti ha spiegato che Renzi –  nel caso facesse la scissione che avrebbe programmato per l’autunno – si metterebbe a ricattare il nuovo governo e potrebbe farlo cadere in ogni momento perchè il grosso dei parlamentari sono renziani.
Il ragionamento di Zingaretti è serio ed ineccepibile perchè di fatto fa intendere che un accordo tra Pd e M5S è più semplice che possa garantirlo Renzi, che è disposto ad accettare quasi tutto per guadagnare sei mesi (il tempo di organizzare la scissione dal Pd) che Zingaretti. Solo che l’accordo con Renzi per i Cinquestelle non è possibile farlo perchè Grillo glielo impedirebbe.
Ovviamente sono ragionamenti che tengono in conto situazioni che possono cambiare, veleni che possono essere curati, nebbie che possono essere diradate. E poi, fatto ancora più serio, ora molte cose dipenderanno anche dalle scelte che farà il Capo dello Stato  Sergio Mattarella. Da ieri sera, da quanto il premier Giuseppe Conte è salito al Quirinale per dimettersi, è Mattarella l’arbitro della soluzione della crisi. Ed è probabile che Mattarella, che ha ringraziato il presidente Conte per il lavoro fatto e gli ha chiesto di rimanere in carica per gli affari correnti, dunque con poteri limitati alla gestione dell’ordinaria amministrazione, possa riprendere il filo del discorso M5S – Pd come aveva provato a fare anche nella formazione del governo dopo il voto del 4 marzo del 2018. Come? Usando lo stesso esploratore che puntava ad un accordo M5S-Pd. Mattarella potrebbe ridare un incarico esplorativo  a Roberto Fico, terza carica dello Stato, per riprovare là dove aveva fallito. Sono cambiare tante cose in un anno.
Fico potrebbe trovare soluzioni – e nomi – che tengano in piedi la trattativa per il governo politico.
Ne sarà capace? La strada è stretta e difficile per i motivi che ha spiegato Zingaretti: il Pd è unito nella contestazione del governo Conte e nella defenestrazione di Salvini ma non è unito su cosa fare per il futuro.  Per questo si torna a parlare di “governo istituzionale”. Che cosa sarebbe questo Governo istituzionale? Un esecutivo che faccia la manovra e porti il Paese al voto in primavera del 2020. Ma un governo istituzionale A quel punto, però, non sarebbero più i partiti a dare le carte perchè Mattarella ha già fatto sapere che, in  caso di governo istituzionale, sarebbe lui a gestire tutto e sarebbe lui a formare il governo.

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Studenti bocciati con il 5 e multe a chi aggredisce prof

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Dalla bocciatura con il 5 in condotta al ritorno della valutazione numerica sul comportamento alle scuole medie fino alle multe per aggressioni al personale scolastico. Via libera del Senato al disegno di legge messo a punto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Il provvedimento, che ora deve passare alla Camera, prevede una serie di novità. Il voto in condotta sarà numerico anche alle scuole medie. Il giudizio sintetico sul comportamento rimarrà, dunque, solamente per i bambini della scuola primaria. Per tutti gli altri ci sarà il voto espresso in decimi e farà media con le altre materie. Sia alle medie che alle superiori, se non si raggiunge almeno il 6 in condotta si verrà automaticamente bocciati.

L’insufficienza si può ottenere per mancanze disciplinari gravi e reiterate avvenute nel corso di tutto l’anno scolastico. Per quanto riguarda le scuole superiori, nel caso di voto pari a 6 si avrà un debito formativo e si dovrà sostenere un elaborato di educazione civica. Il vero spartiacque per gli studenti delle superiori, specie in ottica diploma, è però l’8 in condotta. Se non si supera questa soglia si possono perdere fino a 3 punti di credito scolastico, punteggio che va a confluire direttamente nel voto di Maturità. Anche le sospensioni cambieranno.

Non ci sarà più l’allontanamento da scuola e lo studente dovrà partecipare ad attività scolastiche di riflessione e a una verifica finale da sottoporre al consiglio di classe. Il tenore della punizione dipenderà dalla durata della sospensione. Chi avrà più di due giorni dovrà partecipare ad “attività di cittadinanza solidale” in strutture convenzionate. Per il ministro Valditara si tratta di “un importante passo in avanti nella costruzione di una scuola che responsabilizza i ragazzi e restituisce autorevolezza ai docenti”. “A differenza di quanti parlano di misure autoritarie e inutilmente punitive – ha detto il ministro – io rivendico la scelta di dare il giusto peso alla condotta nel percorso scolastico degli studenti”.

Il provvedimento introduce anche multe per i reati commessi ai danni di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. La somma varia dai 500 ai 10.000 mila euro “a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’istituzione scolastica di appartenenza della persona offesa”. “È anche importante – ha sottolineato Valditara – che chi abbia aggredito personale della scuola risarcisca la scuola per il danno di immagine che ha contribuito a creare”.

E sempre il ministro ha annunciato oggi, rispondendo a un question time alla Camera, che è allo studio una normativa che riguarderà le chiusure scolastiche per festività religiose. “La norma che stiamo studiando è molto semplice – ha detto – non consentire la chiusura delle scuole in occasione di festività religiose o nazionali non riconosciute dallo Stato italiano. Ovviamente senza nessuna discriminazione nei confronti dei ragazzi che vogliano invece festeggiare quelle determinate ricorrenze, che saranno giustificati se rimarranno a casa”.

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Time, Meloni tra le 100 persone più influenti al mondo

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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni figura tra le 100 persone più influenti del mondo nel 2024 nella lista pubblicata dalla rivista statunitense ‘Time’. La premier è inserita nella categoria ‘leader’ insieme, tra gli altri, a Donald Tusk, Javier Milei, Li Qiang e Yulia Navalnaya. Nella scheda che parla di lei, si legge che “quando Giorgia Meloni è salita al potere in Italia nel 2022, diventando la prima donna leader del Paese, molti osservatori nutrivano timori per il suo partito di estrema destra e per l’impatto che avrebbe avuto sull’Europa e sul mondo.

Ma a due anni di distanza, Meloni rimane popolare, non solo in Italia, dove gode di un rating del 41% nonostante una debole crescita economica, ma anche tra i leader occidentali, molti dei quali sono stati rallegrati dal suo fermo sostegno all’Ucraina (e, in particolare, dalla sua capacità di persuadere leader come l’ungherese Viktor Orban a sostenere i finanziamenti europei a Kiev)”. “Meloni – si legge ancora sul magazine americano – non ha abbandonato completamente la sua politica di destra. In patria, il suo governo ha perseguito politiche che, secondo i critici, erodono silenziosamente i diritti Lgbtq+. A livello di Unione europea, è stata accreditata come la forza trainante dell’approccio del blocco all’immigrazione, che prevede il pagamento di paesi come Egitto e Tunisia per impedire agli aspiranti migranti di partire. Se il blocco di destra europeo dovesse espandersi dopo le elezioni del Parlamento europeo di giugno, come previsto dai sondaggi, Meloni potrebbe emergere come sua naturale figura di spicco”.

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Dopo l’addio di Amadeus, prime conferme in Rai

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Dopo l’addio di Amadeus e le voci su possibili nuove uscite da Viale Mazzini, arrivano le prime conferme per i volti noti Rai in vista della prossima stagione. Sigfrido Ranucci ha annunciato la prosecuzione di Report, ma anche Federica Sciarelli dovrebbe andare avanti con Chi l’ha visto?. Più incerto il futuro di Fiorello che ha smentito nuovamente il suo passaggio al Nove. Della programmazione in arrivo sulla tv pubblica, in particolare dei palinsesti estivi, si è parlato nella riunione del consiglio di amministrazione che ha approvato il bilancio del 2023, chiusosi in pareggio, che è uno degli ultimi atti dell’attuale vertice in attesa di rinnovo.

A movimentare la giornata del telemercato ci ha pensato come al solito di prima mattina a Viva Rai2 Fiorello che, nella sua rassegna stampa satirica, ha ipotizzato l’acquisto del polo giornalistico di La7 da parte della Warner, spingendo sia l’azienda americana che quella italiana alla smentita. Anche una battuta dello showman sul possibile interesse del Nove per il direttore del TgLa7 Enrico Mentana ha fatto rumore, se non altro perché si inserisce nelle voci di un possibile rafforzamento dell’offerta informativa, dopo quella dell’intrattenimento, da parte del canale di Warner Bros.

Discovery. La rete comunque può già fare affidamento sulla Cnn, che è una divisione del gruppo, e potrebbe, dunque, guardarsi attorno più che altro sul fronte dell’approfondimento. Domani, comunque, è atteso l’annuncio ufficiale del contratto con Amadeus, che condurrà un game show in access e un format musicale in prima serata, e forse si saprà qualcosa in più sulle strategie future dell’emittente.

Non dovrebbe essere comunque quella la destinazione di Fiorello, che oggi, dopo aver ribadito che non ci andrà, neanche in part time, ha fatto sapere che gli piacerebbe “un bel programma radiofonico, ma senza visual radio”. Sarebbe stato corteggiato da La7, almeno in passato, invece, Ranucci che, dopo la notizia della conferma delle repliche estive di Report in cda, ha assicurato con si muoverà. “A me piace la Rai, sono innamorato di quest’azienda”, ha detto il conduttore, ringraziando l’Ad Roberto Sergio che si è speso per la conferma del programma di Rai3 anche per la prossima stagione.

Dovrebbe proseguire anche Chi l’ha visto?: la conduttrice Federica Sciarelli starebbe, infatti, per firmare un biennale per proseguire la collaborazione anche dopo il pensionamento, che è previsto per ottobre 2025 ma potrebbe essere anticipato per via delle ferie arretrate. Una novità per l’estate della terza rete è, invece, il nuovo approfondimento con Monica Maggioni, al debutto il 24 luglio in prime time.

L’addio di Amadeus ha lasciato, comunque, strascichi in Rai. In cda Sergio ha ribadito che si è trattato di una scelta dettata da motivi personali e che la Rai ha fatto tutte le offerte possibili per convincerlo a rimanere. In ogni modo, l’assemblea dei cdr, ricordando la lunga scia di volti che hanno lasciato la tv pubblica e contestando “la volontà di trasformare il servizio pubblico nel megafono dei partiti”, ha proclamato lo stato di agitazione e affidato all’Usigrai un pacchetto di cinque giorni di sciopero.

Domani in consiglio si discuterà del Media Freedom Act, che impone di garantire trasparenza e indipendenza nella scelta dei vertici, e del regolamento sulla par condicio, che ha provocato forti polemiche in Vigilanza. Il clima, insomma, resta teso proprio quando si entra nella fase calda del rinnovo del consiglio.

Le carica di Ad dovrebbe passare a Giampaolo Rossi e quella di presidente, a meno di sorprese dell’ultim’ora, a Simona Agnes, ma c’è ancora qualche incertezza sui nomi degli altri membri del consiglio, se si esclude la conferma per il Movimento 5 Stelle di Alessandro Di Majo. Sabato 20 aprile scade il termine per la presentazione dei curricula dei quattro componenti eletti da Camera e Senato. Lo stesso termine vale per le candidature per il rappresentante dei dipendenti, un ruolo per il quale si ripropone l’attuale consigliere Davide Di Pietro.

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