Una manovra “che vale al massimo l’inflazione”, che si salva nella parte che riguarda il cuneo fiscale ma che bluffa sulla sanità, e che ancora non ha rivelato davvero quanto peserà in termini di tagli sui Comuni, cioè su gran parte dei servizi di ‘ultimo metro’ per i cittadini. Ieri l’argomento non era formalmente in Conferenza delle Regioni, ma i governatori hanno iniziato, ognun per sè, a dire la loro. I più allarmati sono quelli d’opposizione. La presidente della Sardegna Alessandra Todde (nella foto in evidenza), pentastellata, parla di una finanziaria “debole, incentrata su tagli e austerità, arrogante con i più fragili e troppo timida sugli extraprofitti” mentre il presidente della Toscana Eugenio Giani (Pd), che già aveva parlato di “basso profilo”, torna a ribadire che, secondo lui, questo finanziamento record alla sanità in realtà non ci sarebbe. La manovra anzi “non copre nemmeno l’aumento della spesa farmaceutica.
Si parla di 2,4 miliardi in più, ma uno era già previsto”. Dalla Campania Vincenzo De Luca riconosce al governo di Giorgia Meloni lo “sforzo importante” sull’abbattimento del cuneo fiscale, ma boccia come “una finzione” i 3,5 miliardi in arrivo dalle banche: “In realtà è solo un prestito che serve a far quadrare i conti quest’anno, ma nessun contributo a fondo perduto”. E’ solamente, invece, “un’anticipazione di tasse che dovrebbero pagare e che andranno restituite”: un “gioco delle tre carte”, secondo il governatore dem, che si basa su “una comunicazione purtroppo falsa”. Non c’è chiarezza, sottolinea, nemmeno sui numeri: “L’unico dato concreto è quello del 2025, e si parla di non più di 800 milioni – dice De Luca – ma c’è chi calcola siano 650”.
Cifre comunque insufficienti: “Con queste risorse non riusciamo ad assumere nemmeno un quarto del personale medico necessario a reggere le strutture pubbliche e nessuna iniziativa concreta per i pronti soccorso”. Dal Pd si dicono pronti a tenere duro col governo proprio sul fronte degli enti locali: si profilano “tagli enormi ai Comuni – prevede la segretaria Elly Schlein – e su questo insieme ai nostri amministratori locali dovremo insistere molto perché non passino sotto traccia: si parla di 800 milioni tagliati nel 2025 e 1 miliardo tagliato nel 2026. Questo vuol dire meno servizi ai cittadini, vuol dire abbandonare i Comuni, e non lo possiamo tollerare”. Zero sul diritto allo studio, dice la leader dem, zero sul trasporto pubblico, zero sulla casa mentre tante famiglie rischiano lo sfratto. I problemi cioè delle città, anche quelle più grandi e solide come Milano, dove il sindaco Beppe Sala allarga le braccia: suoi uffici non sono ancora riusciti a capire se e quanti tagli cadranno sulla sua testa.
“Io continuo a dire che i Comuni hanno sempre subito tagli – dice – vediamo se c’è proporzionalità coi tagli ai ministeri, alle altre istituzioni, alle Regioni. Altrimenti si taglia sempre sui Comuni”. Anche a Roma non si dorme mai sereni quando si parla di trasferimenti: mesi fa il sindaco Roberto Gualtieri quantificò tra i 500 milioni e il miliardo di euro le risorse che mancano alla Capitale, con uno squilibrio sul Fondo di solidarietà comunale per cui mancano all’appello 130 milioni, e poi lo storico gap sul Fondo nazionale trasporti la cui quota, secondo il Campidoglio, dovrebbe crescere tra i 120 e i 180 milioni. Difficile, il messaggio che arriva dalle metropoli, sostenere altri tagli in manovra senza penalizzare gravemente i servizi.