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Golpe fallito in Venezuela, ma il cosiddetto Gruppo Lima intima a Maduro di lasciare il potere

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Il Gruppo di Lima, riunitosi ieri per via telematica, ha ingiunto al presidente Nicolas Maduro di mettere fine alla sua “usurpazione” del potere in Venezuela, “affinche’ possa cominciare la transizione democratica”, e nel contempo ha negato che il processo messo in atto dal leader dell’opposizione quale “presidente incaricato” sia “qualificato come colpo di Stato”. In un testo diramato dal ministero degli Esteri del Peru’ hanno ricordato la priorita’ di “una normalizzazione costituzionale e della ricostruzione economica e sociale del Venezuela”. Undici dei Paesi membri (Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Honduras, Panama, Paraguay, Peru), piu’ il delegato venezuelano che rappresenta Guaidò, hanno espresso il loro “pieno appoggio al processo costituzionale e popolare intrapreso dal popolo venezuelano” sotto la leadership di Guaido per “recuperare la democrazia in Venezuela”.

Dopo aver negato che il processo guidato da Guaido possa essere qualificato come “colpo di Stato”, il Gruppo esige il pieno rispetto della “vita, integrita’ e liberta’ di tutti i venezuelani, di tutti i membri della Assemblea nazionale” e “la liberazione di tutti i detenuti politici”. I Paesi firmatari rinnovano poi l’appello alla Forza armata nazionale del Venezuela a manifestare lealta’ al presidente incaricato Juan Guaidò e “cessino di servire come strumento del regime illegittimo per l’oppressione del popolo venezuelano”. Infine, chiedono alla comunita’ internazionale “di seguire con attenzione l’evoluzione degli avvenimenti” e di “offrire il suo appoggio politico e diplomatico alle legittime aspirazioni del popolo venezuelano di tornare a vivere in democrazia e liberta’”. La prossima riunione del Gruppo, di cui fa parte anche il Messico che pero’ non firma i documenti sul Venezuela, si svolgera’ il 3 maggio prossimo a Lima.

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Trump esulta: le dimissioni di Christopher Wray da capo Fbi sono un grande giorno per l’America

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“Le dimissioni di Christopher Wray sono un grande giorno per l’America, perché porranno fine all’uso come arma di quello che è diventato noto come dipartimento di ingiustizia degli Stati Uniti”. Cosi’ Donald Trump su Truth. “Non so proprio – scrive – cosa gli sia successo. Ora ripristineremo lo stato di diritto per tutti gli americani. Sotto la guida di Christopher Wray, l’Fbi ha fatto irruzione illegalmente a casa mia, senza motivo, ha lavorato diligentemente per mettermi sotto accusa e incriminarmi illegalmente e ha fatto di tutto per interferire con il successo e il futuro dell’America”.

“Hanno usato i loro vasti poteri – prosegue – per minacciare e distruggere molti Americani innocenti, alcuni dei quali non saranno mai in grado di riprendersi da ciò che è stato fatto loro. Kash Patel è il candidato più qualificato a guidare l’Fbi nella storia dell’Agenzia e si impegna ad aiutare a garantire che la Legge, l’ordine e la giustizia vengano riportati di nuovo nel nostro Paese, e presto. Come tutti sanno, ho grande rispetto per la base dell’Fbi e loro hanno grande rispetto per me. Vogliono vedere questi cambiamenti tanto quanto me, ma, cosa più importante, il popolo americano chiede un sistema di giustizia forte ma equo. Vogliamo indietro il nostro Fbi, e questo accadrà ora. Non vedo l’ora che Kash Patel sia confermato, così che il processo di rendere di nuovo grande l’Fbi possa iniziare”.

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Brasile, nuovo intervento chirurgico al cervello per Lula

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Il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, sarà sottoposto a un nuovo delicato intervento chirurgico al cervello per interrompere un’emorragia. Lo riferiscono i medici dell’Ospedale Sirio-Libanese di San Paolo in un bollettino, indicando che il capo dello stato affronterà domattina un procedimento di embolizzazione di un’arteria cerebrale (occlusione selettiva di un vaso per interrompere l’afflusso di sangue). Secondo il medico personale di Lula, Roberto Kalil Filho l’intervento “non è invasivo” e costituisce un “complemento” rispetto alla trapanazione cranica subita meno di 48 ore fa.

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Impronte e pistola incastrano Mangione, ma lui fa muro

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La pistola e le impronte incastrano Luigi Mangione, il sospetto killer del Ceo di Unite Healthcare Brian Thompson ma il ragazzo, chiuso in isolamento e sorvegliato a vista nel carcere statale di Huntington in Pennsylvania, contesta l’estradizione e il suo avvocato Tom Dickey fa muro. Nonostante l’evidenza il legale dell’ex studente modello ha ribadito oggi di “non aver visto prove” che colleghino il suo cliente al delitto del 4 dicembre a Manhattan.

La polizia ha replicato scaricando una valanga di nuovi elementi a partire dalle impronte digitali trovate sull’involucro di una barretta Kind e la bottiglietta d’acqua. Impronte sono state individuate anche sulle pallottole con le parole ‘Deny, Delay, Depose’ scritte col pennarello indelebile – i termini spesso usati dalle assicurazioni per negare i rimborsi ai pazienti – che a loro volta si accoppiano con la pistola “fatta in casa” che Mangione aveva con se’. Sono trapelati intanto sui media i contenuti di un taccuino rilegato a spirale in cui il ragazzo aveva elaborato i suoi piani: “Colpisci il ceo all’annuale convention parassitica dei contabili ossessionati dai numeri.

È mirato, preciso e non mette a rischio innocenti”, è un passaggio del brogliaccio citato dal New York Times. Intanto a Manhattan sono spuntati poster in stile “wanted” con i volti di Ceo delle mutue private, quello di Thompson con una X sulla faccia. Girerebbe in rete una “lista di bersagli” e la polizia ha avvertito le C-room di una aumentata minaccia “a breve termine”. Il nuovo brogliaccio si aggiunge al manifesto trovato addosso al ragazzo. Luigi afferma di aver pensato inizialmente ad una bomba, ma di aver cambiato idea non volendo uccidere innocenti. Il ragazzo, nonostante tutto, ha intenzione di dichiararsi non colpevole, ha detto l’avvocato Dickey, spuntato dal nulla dopo l’arresto. Il legale ha lo studio ad Altoona, la città dove Mangione è stato arrestato in seguito alla segnalazione di un dipendente in un McDonald’s stroncato negli ultimi giorni da false recensioni negative di americani convinti che Luigi sia “un eroe”.

Dickey ha detto che il suo ufficio sta ricevendo offerte di gente pronta a contribuire alle spese legali. Non è chiaro invece come si stia muovendo la famiglia che finora si e’ limitata a dirsi “devastata e scioccata” per l’assassinio. Polizia e media sono alla ricerca di un movente al di là del risentimento dimostrato negli scritti del killer contro l’establishment finanziario e le mutue private in particolare. In giugno Mangione ha compiuto 26 anni, l’età in cui i ragazzi americani non sono più coperti dall’assicurazione dei genitori: e’ stato più o meno allora che Luigi ha tagliato i ponti con amici e famiglia.

Possibile che sia stata la paura di futuri conti medici a far scattare la molla omicida alla luce dei devastanti dolori alla schiena di cui Luigi soffriva da tempo e per cui l’anno scorso si era fatto operare? Si passano intanto in rassegna le tante letture del promettente allievo di scuole private e della prestigiosa UPenn di Filadelfia: oltre all’Unabomber e a teorici della ‘manosfera’ come Jordan Peterson, l’accademico canadese che accusa la società di aver emarginato i giovani uomini, nel manifesto ci sono riferimenti al regista Michael Moore e alla giornalista del New York Times Elisabeth Rosenthal, citati come persone che “hanno gettato luce sulla corruzione e l’avidità” dell’industria della salute. Industria in cui peraltro la stessa famiglia Mangione ha avuto una parte: oltre ai campi di golf e alle costruzioni, il nonno Nick, partito dal nulla, aveva fatto i soldi con una rete di case di riposo private e appartamenti per anziani (l’altro nonno, Joseph Zannino, aveva un’impresa di pompe funebri). (

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