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Giustizia, ecco la riforma: sanzioni per pm che sforano indagini, solo una proroga alle indagini preliminari e…

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Cambia la durata massima delle indagini preliminari, per la quale sarà possibile un’unica proroga. E arrivano sanzioni disciplinari per i pm che per “dolo o negligenza inescusabile” non rispettano la tempistica prevista per la richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio. Non solo: i pubblici ministeri che entro tre mesi dalla scadenza del termine massimo restano inerti, avranno l’obbligo di depositare cioe’ di “svelare” gli atti di indagine compiuti. E chi non lo fara’, sempre per dolo o negligenza inescusabile, compira’ un illecito disciplinare. Lo prevede la bozza sul processo penale che a breve sara’ presentata al Consiglio dei ministri. Fara’ parte della legge delega di riforma della giustizia che conterra’ anche interventi sul processo civile e sul Csm e la sua legge elettorale (tra le ipotesi circolate nei giorni scorsi anche quella del sorteggio dopo una prima votazione) dopo la bufera che ha investito l’organo di autogoverno dei giudici. Un testo non ancora definitivo e che potrebbe subire ancora qualche ritocco dopo il confronto del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede con l’Associazione nazionale magistrati e l’Unione delle camere penali. Per il processo penale le norme piu’ innovative riguardano le indagini preliminari: sara’ consentita una sola proroga di 6 mesi per tutti i tipi di reato. Attualmente sono possibili tre proroghe, che possono portare fino a due anni la durata delle indagini, anche per i reati piu’ lievi: con la riforma solo le inchieste su reati gravissimi, come quelli di mafia, strage, omicidio, violenza sessuale, potranno raggiungere il tetto dei due anni. Mentre le indagini sui reati “bagatellari” non potranno trascinarsi per piu’ di un anno: la loro durata normale sara’ di 6 mesi, quella dei reati di medio-alta gravita’ un anno mentre quella dei reati gravissimi un anno e sei mesi. E se sinora il mancato rispetto dei termini di durata massima comportava soltanto l’inutilizzabilita’ degli atti compiuti, con le nuove norme le conseguenze saranno piu’ incisive. Se entro 3 mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini preliminari (che diventano 5 o 15 per i reati piu’ gravi) il pm non avra’ notificato l’avviso di conclusione delle indagini o richiesto l’archiviazione, dovra’ depositare la documentazione sulle indagini espletate e avvisare indagato e persona offesa della possibilita’ di visionare e fare copia degli atti. La violazione di queste norme, per dolo o negligenza inescusabile, costituira’ un illecito disciplinare, cosi’ come l’omesso deposito della richiesta di archiviazione o il mancato esercizio dell’azione penale “entro il termine di 30 giorni dalla presentazione della richiesta del difensore della persona sottoposta alle indagini o della parte offesa”. Nel pacchetto sul processo penale ci sono anche norme che modificano l’udienza preliminare rafforzando il suo ruolo di filtro: a differenza di ora, non si andra’ al dibattimento se c’e’ il dubbio sulla responsabilita’ dell’imputato. Ma non c’e’ il potenziamento del patteggiamento, su cui penalisti e magistrati erano d’accordo: a pesare in questo caso, il veto della Lega.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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