«A tutte le donne che, come me, hanno conosciuto il buio della violenza. A chi ogni giorno lotta per uscire dal silenzio, a chi è ancora nel tunnel. A chi ha fatto il primo passo e sta imparando a camminare di nuovo, verso la libertà». Con questa dedica intensa, Giuseppina Torre, pianista e compositrice siciliana, apre il suo libro Un piano per rinascere (Solferino), scritto con Barbara Visentin. Una lunga intervista al Corriere della Sera accompagna l’uscita del volume e svela una storia personale di dolore, riscatto e rinascita.
Un amore tossico nato nell’adolescenza
Giuseppina Torre conosce l’uomo che segnerà la sua vita a soli 14 anni. «All’inizio sembrava sicurezza, calore, attenzione. Ma presto sono arrivati silenzi, sparizioni, umiliazioni psicologiche, poi anche violenza fisica», racconta. E aggiunge: «Era bravissimo nei gesti eclatanti, ma tutto era relativo: si passava da mille a zero in un attimo».
Il lungo buio della violenza domestica
Torre non minimizza nulla. Dalla gelosia travestita da amore al controllo ossessivo, dai ricatti psicologici alla denigrazione sistematica: «Mi faceva sentire da rottamare, fisicamente e professionalmente. Anche il sesso era una routine obbligata, vissuta con ansia. E poi sono arrivate le botte: sputi, calci, schiaffi».
Il momento della svolta? Quando lui ha mentito a suo padre, dicendo di non sapere dove fosse: «Ho visto la morte negli occhi e ho capito che se era successo una seconda volta, sarebbe accaduto ancora. Sono andata via».
Le denunce e il percorso giudiziario
La sua denuncia non è stata semplice. Né sul piano umano né istituzionale. «Ai carabinieri mi chiesero se fossi davvero sicura di voler denunciare il padre di mio figlio. Mi sentii invisibile, come se non fosse reale quello che stavo vivendo». Anche un’associazione a tutela delle donne le consigliò di tornare a casa per «coglierlo in flagranza». Il processo ha portato a una condanna in primo grado a sei mesi, ma in appello il reato è stato dichiarato prescritto, e l’uomo non ha mai scontato un giorno di carcere.
Rinascita, musica e il legame con il figlio
Oggi il figlio ha 19 anni e vive con lei: «L’ho sempre lasciato libero di scegliere. Sa tutto, non è dalla mia parte né da quella del padre. È dalla parte della verità». Torre ha ricominciato altrove, a Milano, con fatica ma anche con nuova consapevolezza: «La musica è stata salvifica. Il mio pianoforte è stato il compagno più fedele della mia vita».
Una lotta collettiva e silenziosa
Dal 2022 nei suoi concerti porta sul palco un paio di scarpe rosse, simbolo della lotta contro la violenza sulle donne. «Sono solo una goccia nell’oceano, ma unita alle altre posso fare la differenza». Anche Papa Francesco, racconta, l’ha aiutata con le sue parole sullo scarto umano: «Mi sentivo fallita come donna, madre e artista. Ma quelle parole mi hanno ridato dignità».
Un sogno: suonare a Taormina
«Vorrei suonare al Teatro antico di Taormina, un luogo che guarda il mare. Il mare per me è libertà. Non a caso lui mi portava sempre in montagna», conclude Torre. Oggi vive libera, consapevole che «chi ha vissuto la violenza non può mai dirsi del tutto tranquillo», ma determinata a usare la sua arte per essere voce e speranza per tante altre donne.